Il triste show per salire sul carro del vincitore

Una delle più grandi consolazioni della vita è che per quanto tu possa essere servile, c’è sempre qualcuno più servile di te.

La grottesca vicenda del conduttore televisivo Claudio Lippi è uno dei casi più spassosi, ma al contempo dei più tristi, che abbiano partorito le ultime settimane di gran rimescolamento del carrozzone televisivo nazionale. La fredda cronaca. Dopo anni passati nella semioscurità che avvolge gli ex protagonisti in declino, l’ormai quasi ottantenne intrattenitore, non riuscendo a controllare l’entusiasmo per la nuova stagione politica che sta prendendo forma in Rai e che gli aveva garantito il ritorno in pista alla guida di ben due programmi, nei giorni scorsi si è lasciato andare alla buvette di Montecitorio a una serie di considerazioni che gli sono costate il posto ancor prima di occuparlo.

Prima ha sostenuto che non c’è stata alcuna epurazione nei casi di Fabio Fazio e di Lucia Annunziata, visto che se ne sono andati loro e Fazio aveva già un altro accordo, poi che è ora di smetterla di riempire i programmi di gay e lesbiche che hanno avuto un contratto solo grazie al fatto di esserlo e senza alcuna competenza e, infine, che bisogna estirpare dalla televisione la “kultura” con la “k” perché al suo posto serve il linguaggio popolare della Meloni, che è vicino alla gente che infatti la vota per questo e bla bla bla.

Ora, a parte il fatto che fa tenerezza che un signore così esperto non sappia che nel Palazzo anche le tazzine del caffè hanno le orecchie e che i dirigenti Rai non avrebbero potuto fare nient’altro che tagliarlo - l’eccesso di zelo è una brutta bestia, chi vuole durare al potere evita sempre gli spigoli, resta sempre nel vago… - il vero paradosso è che il povero Lippi, al netto della prosa maldestra, non è che avesse poi tutti i torti. Immaginare uno come Fazio nel ruolo del perseguitato fa ridere, visto che ha galleggiato attraverso decine di governi di ogni tipo, genere e modello facendosi sempre concavo e convesso per riversare i suoi ettolitri di melassa conformista sui telespettatori. E fa ancora più ridere pensare all’Annunziata come a una vittima del potere, visto che stiamo parlando del presidente della Rai sotto il governo Berlusconi. E se vogliamo dirla tutta, non c’è alcun dubbio che anche temi nobili e condivisibili come la parità di genere siano diventati in tanti casi l’ennesima foglia di fico sotto la quale piazzare amici, amiche e amichetti connessi al gigantesco familismo amorale che governa da sempre la repubblica delle banane.

Sul culturame sinistrorso che pervade i salotti della culturetta terrazzista e salottista dei soliti noti niente da dire, mentre sulle scomposte leccate di piedi al premier meglio stendere un velo pietoso, visto che in una persona di quell’età dovrebbero prevalere la prudenza, la continenza e, soprattutto, la decenza.

Insomma, il povero Lippi pur dicendo (male) alcune cose condivisibili ha combinato un gran minestrone, ha fatto un tale casino e ha offerto una sponda talmente comoda ai sedicenti epurati, ai sedicenti partigiani delle Brigate Via Teulada, ai confinati a Ponza dal regime neofascista dal segarsi le gambe da solo e, peggio ancora, facendo pure la figura del pirla. Anche perché è stato facile ricordare che il modello televisivo che avrebbe voluto portare in Rai era quello di “Buona domenica” di tanti anni fa, quando veniva preso a calci nel sedere dal mitico Cangurotto, interpretato da Massimo Lopez. Tanto per dire il livello…

Ma perché la gente deve ridursi così? Che bisogno c’è? Perché uno dopo un’onorata (?) carriera fatta anche di modi garbati per quanto noiosi e dozzinali stile casalinga di Voghera, deve sbavare in maniera così penosa per implorare un nuovo munifico strapuntino? E’ così terribile accettare il fatto che a un certo punto le cose finiscono, che c’è un tempo per tutto e che è meglio ritirarsi con dignità?

Ma il fatto ancor più paradossale è che non si capisce perché i potenti vecchi e nuovi - Lippi millanta che cinque anni fa Salvini e Meloni lo abbiano contattato per una consulenza sulla tv, tanto per ribadire il livello… - abbiano questa ansia di occupare tutte le poltrone, mettere tutti i loro uomini, cambiare tutte le direzioni, anche a costo di forzature, polemiche e magari cause legali. Non ce n’è bisogno. Non ce n’è assolutamente bisogno. Forse perché siamo alla presenza di professionisti talmente autorevoli, integri e catalizzatori di ascolti e pianificazioni pubblicitarie da garantire successo e pluralismo a prescindere da chi comanda? Forse perché la nostra realtà informativa è talmente trasparente da fare una casa di vetro di ogni tg, ogni talk show, ogni contenitore? Forse perché sono tutti coesi, adesi e protesi verso le sorti magnifiche e progressive della Rai orgoglio della Nazione?

Macché, non c’è bisogno di epurare nessuno perché tutti quanti (salvo le sempre lodevoli e coraggiose eccezioni, per carità) dopo un nanosecondo dall’arrivo dei nuovi padroni del vapore sono già pronti a riallinearsi e conformarsi e sdraiarsi e srotolarsi e piroettare e saltabeccare e flautare e pigolare e mugolare e cinguettare attorno al Grande Capo Carismatico attorniandolo come torme svolazzanti di cherubini e serafini. Erano tutti democristiani e poi tutti comunisti e poi tutti socialisti e poi tutti berlusconiani e poi bossiani e poi ciampiani e poi renziani e poi salviniani e poi draghiani e poi meloniani e via così nei secoli dei secoli verso l’infinito e oltre. Tutti quanti assieme, tutti ospiti della masseria di Bruno Vespa, tutti, dalla sinistra alla destra, nessuno escluso (salvo la Schlein, che dopo la recente caterva di disastri forse ne ha azzeccata una).

A ennesima dimostrazione che la spaccatura non è mai tra destra e sinistra, ma tra quelli che sanno stare al mondo e quelli che non contano una mazza. E fra questi, povero, pure l’entusiasta, talebano, kamikaze Claudio Lippi, al quale ora manca solo che arrivi il Cangurotto a rifilargli il calcio dell’asino definitivo.

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