La giustizia che dorme tradisce i cittadini

La giustizia che dorme tradisce i cittadini

Immaginate se il panettiere al quale avete ordinato i bocconcini a grano duro per il pranzo di Natale, la notte della vigilia preferisse starsene a letto. Consegnandovi, il mattino dopo, il pane del Natale dell’anno passato: “Oh sciura, tant l’è istess”. Ecco, è quanto accaduto l’altroieri mattina in un’aula di giustizia. Il “panettiere” del nostro esempio indossava la toga, però. I bocconcini, nella fattispecie, risalivano addirittura a quattro anni prima. E il “pane” in questione rischia di avere effetti ben più seri di un pranzo di Natale rovinato, visto che parliamo di richieste di condanna. La cronaca giudiziaria di questi giorni, ci regala due esempi di come la giustizia non dovrebbe mai funzionare. E di come, al netto delle francamente inutili polemiche su fatti ritenuti a torto il male assoluto di questo Paese (leggi, ad esempio, la questione sbarchi che domina le cronache e infiamma i social), il funzionamento della (in)giustizia stia diventando un problema, a cui generazioni di poteri legislativi ed esecutivi (un potere giudiziario azzoppato fa comodo) non hanno mai dato risposta (se non per interessi personali).

I fatti in questione riguardano il processo di appello per il “caso paratie”, con le richieste di condanna agli ex amministratori di Como, e l’annullamento delle pene per “rimborsopoli”, ovvero le regalie che un’intera classe politica si è fatta a spese dei contribuenti.

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