La riforma che evoca timori
superati

“Chi ha paura di Virginia Woolf?” era un dramma teatrale degli anni ’60. Chi ha paura del presidenzialismo?, una piece del teatrino della politica attuale. Diciamo la verità, la riforma costituzionale non è certo in cima ai pensieri degli italiani alle prese con la cottura degli spaghetti al risparmio di gas, ma piace molto alla leader politica che entrerà da papessa nel conclave elettorale, Giorgia Meloni. L’elezione diretta del capo dello Stato è sempre stato un tema caro alla destra e inviso alla sinistra, a causa di certe paure un po’ ancestrali su l’avvento di un uomo forte. Del resto, l’attuale forma del nostro Stato è data da una Costituzione elaborata e approvata dopo vent’anni di dittatura, un elemento che l’ha, giustamente all’epoca, condizionata parecchio. Nel frattempo però di anni ne sono trascorsi altri 74 e c’è da chiedersi se quei presupposti possano valere ancora.

Ci sono nazioni esempi di democrazia e soprattutto di Stato, come la Francia, che da tempo consente ai propri cittadini di scegliere il suo presidente, eppure ha sempre tenuto lontano l’estrema destra della “dinasty” Le Pen da quella carica. E presidenzialisti sono anche gli Stati Uniti, il che non ha impedito a una persona di colore quale Barack Obama di approdare alla Casa Bianca con il vessillo del Partito democratico.

Insomma non è detto che il presidenzialismo debba essere a tutti i costi un vantaggio per la destra. Certo l’iter per raggiungerlo dovrebbe prevedere, tra l’altro, una riforma anche del sistema elettorale, magari sul modello francese che prevede il doppio turno e, dalle nostre parti, piace molto di più a sinistra che non a destra. O forse piaceva quando i rapporti di forza erano differenti da quelli attuali.

La possibilità di scegliere la massima carica del Paese potrebbe riavvicinare molti cittadini all’esercizio del voto e un regime presidenzialista garantirebbe una maggiore stabilità delle istituzioni. A sostegno della riforma si potrebbe portare anche l’argomento legato all’evoluzione del ruolo del presidente della Repubblica in Italia che, da Sandro Pertini in poi, è andato ben oltre quello “notarile” consigliato dalla Costituzione.

Grazie anche al progressivo indebolimento dei partiti, spesso in Italia ci si è trovati con un “presidenzialismo di fatto”. L’ultimo esempio è stata la chiamata di Mario Draghi alla guida del governo da parte di Sergio Mattarella. Quello precedente è riferibile al blitz di Giorgio Napolitano che aveva portato alla sostituzione del premier eletto, Silvio Berlusconi, con Mario Monti.

Insomma, forse i tempi sono maturi per discutere di presidenzialismo o semipresidenzialismo. E a favore del centrosinistra si potrebbe anche immaginare che in un’ipotetica competizione con un esponente di destra, lanciare un personaggio magari “alla Mattarella” potrebbe rivelarsi vantaggioso. Il vecchio motto della sinistra “Attenti a toccare la Costituzione” , forse ha fatto il suo tempo. E di certo il Paese, senza riforme incisive, farà sempre più fatica ad andare avanti.

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