La solita lezione
di schiena dritta

La stampa italiana è il vero cane da guardia della democrazia. Nulla la spaventa. Nulla la intimorisce. Nulla la condiziona. Nulla la può far deflettere dalla sua missione etica, morale, deontologica e, naturalmente, antifascista, di sentinella della verità, dell’onestà, della probità.

Qui non si fanno sconti, non si fanno favoritismi, qui nessuno viene a comandarci o a blandirci, perché il potere lo conosciamo bene, conosciamo le sue arti affabulatorie e dissimulatorie, ma noi siamo qui per tutto controllare, tutto verificare, tutto denunciare. E infatti, già dai primi giorni del nuovo presidente Draghi, la nostra inimitabile categoria, che in quanto a schiena dritta e totale assenza di partigianeria e servilismo non prende lezioni da nessuno, ha già messo le carte in tavola. Non è che per il semplice fatto che al posto dell’armata Brancaleone composta da statisti del calibro di Zingaretti, Di Maio, Salvini, Meloni, Taiani e compagnia ci sia un fuoriclasse assoluto come l’ex presidente della Banca centrale europea - che a vedere uno di quel livello a colloquio con Crimi, con Cesa, con la Boschi e alcuni altri spassosi scappati di casa c’è da tenersi la pancia dalla risate - per far sì che noi del rutilante circo mediatico si dismetta la nostra funzione di implacabili difensori della via, della verità e della vita. Perché noi siamo sempre contro, contro chi comanda, contro i padroni del vapore, contro chi è nella stanza dei bottoni, contro chi ha in mano le leve del comando, anche se si tratta di una riserva della Repubblica di altissima qualità, di un vero e proprio membro degli Aristoi, come Mario Draghi. Perché questa è la nostra filosofia di vita, faticosa ma eroica: sorvegliare e punire.

E così, appena il presidente della Repubblica ha conferito l’incarico di salvare la baracca all’italiano più rispettato nel mondo, è subito partito il fuoco di fila della libera informazione democratica e libertaria - all’interno della quale svettano, naturalmente, i più autorevoli e più fighi giornaloni del bigoncio con tutti i loro preclari grandi inviati e i loro analisti principi e i loro finissimi opinionisti e i loro coriacei editorialisti politici - che non gli ha concesso un attimo di respiro, un minuto di luna di miele, assediandolo con una gragnuola di domande e richieste di chiarimento e verifiche sulla purezza del suo profilo biografico e professionale. Una messe spietata e interminabile di contestazioni da far impallidire anche il più morigerato dei governanti e che ora proveremo a riassumere velocemente qui di seguito.

E quanto è bravo Draghi e quanto è bello Draghi e quanto è alto Draghi e quanto è intelligente Draghi e che modestia e che sobrietà e che rigore e che nitore e che spessore e noi che lo conosciamo bene possiamo anticipare che sarà un successo e noi che lo frequentiamo da mane a sera possiamo garantire sulla sua visione del mondo e noi che abbiamo fatto con lui il militare a Cuneo possiamo ricordare che già allora spiccava per doti di comando e noi che eravamo suoi compagni di banco al liceo possiamo confidare che permetteva di copiare a quelli che non ce la facevano, severo ma giusto, razionale ma appassionato, rigoroso ma empatico, decisionista ma condividente e accogliente e includente, e anche sportivo, signora mia, e che giocatore di basket, con quell’implacabile tiro da tre punti, e che visione di gioco alla Scirea, anzi, alla Di Bartolomei, allenatore in campo già da ragazzino, e che lunghista e che triplista e che mezzofondista, mens sana in corpore sano, e ora et labora, e traduce Senofonte a braccio e conosce a memoria La guerra contro Giugurta, lui così romano e così italiano, lui così italiano e così europeo, lui così europeo e così americano, lui che fa la spesa al supermercato con la moglie - così riservata, così morigerata, così temperata… - come uno di noi, lui che fa la fila dal tabaccaio come uno di noi, lui che fa due passi al parco come uno di noi, lui che prende il treno in seconda classe come uno di noi.

Come avrete potuto constatare, un vero massacro, a tratti addirittura esagerato, tanto per fargli capire che sarà pure un fenomeno, sarà pure il Maradona della finanza e della politica, ma a noi non la si fa, noi siamo lì adesi, coesi e protesi per fargli le pulci, per spremerlo come un limone, per verificare se la moglie di Cesare è davvero cristallina e trasparente come dicono. Non è questo il nostro ruolo? E perché mai non dovremmo trattarlo come tutti gli altri? Vi ricordate come abbiamo fatto letteralmente a pezzi Monti con il suo loden, e Ciampi con il suo armo da traghettatore prima di lui, e Dini con il suo gessato prima ancora? Certo, facile strapazzare i poveracci che ingombrano i nostri ridicoli partiti e i ministeri dei nostri ancor più ridicoli governi politici, ma ci vuole un gran coraggio a prendersela con i poteri forti, con i poteri veri, con i poteri occulti. E noi della stampa è così che facciamo, senza pietà per nessuno.

E al contempo, però, con il massimo rispetto per chi ha avuto incarichi di prestigio e che è appena caduto, perché per noi il calcio dell’asino agli sconfitti è quanto di più vigliacco si possa fare, quasi quanto come irridere il potente disarcionato mentre si leccano i piedi al nuovo boss del quartiere: Draghi che gestisce i fondi europei come Madre Teresa e Conte che intrallazza con gli speculatori, Draghi che incontra i potenti della terra e Conte che scippa le vecchiette fuori dalle poste, Draghi che impone le mani e Conte che parcheggia in doppia fila, Draghi che guarisce dalla scrofola e Conte che ruba i vaccini agli ottantenni, Draghi che scrive una sceneggiatura per i fratelli Coen e Conte che scribacchia una rubrica di ciclismo sulla rosea, Draghi che invade la Polonia e Conte che scappa su un camion verso la Valtellina travestito da soldato tedesco. E non c’è niente da ridere.

È tutto vero, basta leggere i giornali e guardare le televisioni. A proposito, Conte chi?

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