L’elettore polacco:lezione all’Italia

Chi si ricorda? Un tempo era l’idraulico polacco, che turbava i soldi di quelli tedeschi perché concorrenziale, dopo l’allargamento dell’Unione europea seguito al crollo del muro di Berlino con l’ingresso degli ex stati satelliti dell’Urss. Ora può essere l’elettore polacco a cambiare il corso della storia politica del Vecchio Continente.

E per due ragioni. La prima: il voto di domenica nel paese a est del fiume Oder ha bocciato il governo sovranista e anti europeista del vice primo ministro Jarosław Kaczyński. Il suo è rimasto il primo partito, ma il calo di voti rende impossibile la conferma alla guida del paese (ruolo esercitato di fatto finora) che appare invece alla portata dell’ex premier Donald Tusk. Quest’ultimo è definito il “Prodi di Varsavia”, ma politicamente è più un Berlusconi al netto del conflitto di interessi e guida una forza politica liberaldemocratica e vicina all’Unione Wuropee. Per insediarsi al potere dovrà coalizzarsi con la sinistra, in una sorta di maggioranza Ursula simile a quella di Bruxelles.

E proprio il collante europeista sembra indirizzare la Polonia su questa strada. Un risultato che segue quello in Spagna, segnato dalla debacle dei sovranisti di Vox e che, ormai, delinea una tendenza europea, forse determinata anche dal prolungarsi della guerra tra Russia e Ucraina.

Chiaro che il risultato polacco, così come quello di Madrid nei mesi scorsi, influenzerà anche le elezioni europee della primavera prossima e le scelte del principale partito continentale, il Ppe che, con ogni probabilità, abbandonerà del tutto l’ipotesi di un’alleanza con le estreme destre europee. Non è difficile pronosticare che il prossimo governo continentale rispecchi quello uscente. Che effetti può avere l’esito delle urne polacche sul panorama italiano? Sul fronte dell’opposizione divisa e frastagliata, innanzitutto, un esempio di come uniti su un obiettivo comune si può vincere e scalzare la destra al governo. Ma il messaggio più forte che arriva dall’elettore polacco ha come destinataria la coalizione che guida il nostro paese, al cui interno, com’è noto, vi sono differenze significative per quanto attiene alle alleanze europee, con la Lega di Salvini vicina all’estrema destra, Forza Italia e anche, sia pure con qualche ambiguità, FdI, il partito del premier, dall’altra. Perché se è vero che Meloni si dice contraria a un accordo con Marine Le Pen, i tedeschi di Afd, caldeggiato da Salvini, dall’altra il presidente del Consiglio aveva in Kaczyński come in Vox due riferimenti a livello europeo. Questo risultato in Polonia, convincerà ulteriormente Meloni a prendere un’altra strada, ma allargherà il fossato con l’alleato leghista. Quali saranno le conseguenze lo vedremo dopo il voto europeo di primavera.

Ma l’altro messaggio che giunge dall’elettore polacco è legato all’affluenza. Alle urne infatti si è recato l’80% degli aventi diritto, una percentuale che, dalle nostre parti non si registra da decenni. Anzi, qui la tendenza è in costante calo. Varsavia dimostra che non è una questione legata alla realtà che viviamo, bensì alla qualità dell’offerta politica. Quando l’elettore ritiene che valga la pena recarsi alle urne e che la posta in gioco, in questo caso il ruolo della Polonia nell’Europa, sia importante, non resta a casa. Da noi evidentemente le cose non stanno così. E sarebbe il caso di capire perché e di cambiare rotta.

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