Meloni tranquilla almeno fino alle europee

In un’intervista rilasciata prima del caso Mes, Elly Schlein, segretaria del Pd avevo detto di prepararsi a votare perché il governo sarebbe caduto in tempi abbastanza rapidi. Un pronostico, invero, alquanto inspiegabile. Perché neppure dopo la spaccatura della maggioranza nel voto sul fondo europeo salva stati (FdI e Lega per il no e Forza Italia astenuta) e il rammarico del ministro Giorgetti esponente del Carroccio favorevole alla misura, non sembrano emergere segnali della fine imminente dell’alleanza di centrodestra. Anzi, Giorgia Meloni, in una delle ultime uscite pubbliche prima di prendere l’influenza, ha ribadito la volontà di arrivare in fondo.

Del resto chi avrebbe interesse a far cadere l’esecutivo? Magari Salvini, che la presidenza Meloni non l’ha mai digerita pur dovendo piegarsi ai rapporti di forza. Ma, certo il ministro per le Infrastrutture ricorda bene quanto successo la volta in cui, con la richiesta di pieni poteri, aveva posto fine all’esecutivo Conte Uno (con la complicità non cercata di Matteo Renzi). Il Capitano era rimasto con le pive nel sacco. Anche Forza Italia, specie dopo la spaccatura sul Mes, potrebbe avere interesse a sgambettare Meloni per non finire nell’irrilevanza. Ma con un ritorno alle urne le cose potrebbero cambiare? Stando ai sondaggi che vedono solo un lieve calo di Fratelli d’Italia e un altrettanto flebile crescita della Lega con gli azzurri invariati, no. Anzi sì. La situazione potrebbe ribaltarsi se, stante il sistema elettorale in vigore, tutte le forze di opposizione si unissero. In quel caso la somma dei voti porterebbe a un risultato migliore di quello prevedibile per il centrodestra. Ma la possibilità di mettere assieme un fronte che vada da Calenda a Fratoianni, passando per Renzi, +Europa, Pd, Movimento Cinque Stelle e Verdi è, a oggi, davvero utopistica. E anche solo per l’ipotesi di un connubio tra Dem e post grillini è rinviata almeno al dopo voto per le europee. In questa elezioni, com’è noto, non valgono le alleanze e ciascuno corre per sé, perciò si combatte più contro gli amici o presunti tali che non in opposizione agli avversari. L’invito di Romano Prodi di investire Schlein di un ruolo “federatore” delle attuali minoranze in Parlamento è stato respinto al mittente dal capo pentastellato, Antonio Conte. E in ogni caso, anche un’eventuale alleanza Pd-Cinque Stelle dopo le elezioni europee difficilmente vedrebbe la partecipazione di Calenda e Renzi.

E allora come potrebbe cadere il governo? Forse com’è accaduto per il Conte due. Di fronte all’impotenza dei partiti che lo sostengono ad approvare i provvedimenti necessari per il paese, potrebbe essere il capo dello Stato, a cui questo esecutivo piace come la marmellata sugli spaghetti, a intervenire e costringere il presidente del Consiglio a dimettersi. Una ragione in più per spingere Sergio Mattarella a compiere questo passo, se nasceranno le condizioni, sarebbe anche la riforma del premierato per ridurrebbe le prerogative del capo dello Stato. Le parole di Ignazio La Russa, presidente del Senato sull’uso inappropriato che l’inquilino del Quirinale farebbe di propri poteri non sembrano pronunciate a caso. Forse il navigato politico di FdI ha nasato qualcosa. In ogni caso, anche se fosse, non accadrebbe nulla prima di capire che maggioranza uscirà in Europa dalle elezioni, e quale sarà il suo atteggiamento nei confronti dell’Italia, anche alla luce del no al Mes. Insomma magari Schlein ci ha visto giusto, ma non in prospettiva immediata.

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