Ora piace la Meloni
Sarà vera gloria?

E così, nel bel mezzo dell’estate, la plumbea profezia dell’eminenza grigia della Lega, Giancarlo Giorgetti - “tieniti una foto di Renzi sulla scrivania: ricorda che aveva il 40% - inizia a volteggiare inquietante come un avvoltoio in cerca di carcasse sulla testa di Matteo Salvini. La conferma dall’ultimo sondaggio pubblicato dal Corriere della Sera: in poco più di un anno il partito è precipitato dal clamoroso 34,3% delle europee al 23,1%, con l’aggravante che Fratelli d’Italia è cresciuto dal 6,5% delle elezioni di un anno fa al 18% di quest’ultima rilevazione. E se ci aggiungiamo che l’odiatissimo premier ha toccato il picco dei consensi, raggiungendo il 65%, per il capitano è davvero arrivato il momento dei cattivi pensieri.

E’ la maledizione della politica italiana recente. I cicli diventano sempre più brevi, gli innamoramenti popolari sempre più fatui, superficiali e passeggeri, l’iperattivismo dei leader, o cosiddetti tali, coincide con la patologia che affligge tanti bambini e che gli impedisce di apprendere, di imparare, di evolvere. Condannati dalla loro natura a cercare sempre nuovi stimoli, nuove scoperte, nuove emozioni, saltano di fiore in fiore, di argomento in argomento, di passione in passione, senza requie, senza freno, senza posa e quindi, inevitabilmente, non concludono mai nulla. Non conservano nulla, non approfondiscono nulla, non trasmettono nulla, pura superficie, puro brivido, pure parole declamate al vento. E come quei bambini hanno bisogno di un insegnante di sostegno, così questi avrebbero necessità di una squadra di collaboratori veri e seri, non di una corte di servi, di leccapiedi e di questuanti, che gli impedisse di continuare a rilanciare come giocatori di poker e di passare il tempo a studiare, a pensare, a pianificare e non a twittare e facebuccare per lisciare il pelo a questo e a quello. E invece…

Perché così facendo il leader postideologico alla fine stufa, il suo format diventa noioso, le parole d’ordine che tanto infiammavano le piazze solo pochi mesi prima ora inducono allo sbadiglio, alla noia del già sentito, del già letto, del trito e ritrito, e allora il tocco magico che tutto trasformava in oro - e in voti - diventa la fantozziana nuvola dell’impiegato che ti insegue, ti incalza e ti perseguita. E che ti fa sbagliare sempre il tempo, il modo, l’esternazione, l’indignazione. Non sei più in sintonia con il tuo popolo che, iperattivo peggio di te, sta già cercando nuovi lidi, nuove facce, nuovi condottieri. E’ accaduto a Renzi, che dalle visioni della Leopolda si è ormai ridotto alle trame e alle tattiche tutte politicistiche di palazzo, nelle quali è obiettivamente un maestro. Sta accadendo a Salvini, che in questi mesi di emergenza non ha mai azzeccato la linea, sempre fuori tempo, sempre fuori misura, sempre a berciare quando non era il momento di berciare, sempre a spaccare quando non era il momento di spaccare, incapace di uscire dal labirinto - davvero povero, in verità - di frasi fatte, declamazioni stentoree, bullismi da osteria.

Certo, in politica non si sa mai, specialmente in quella italiana, ma tutti gli indicatori vanno nella stessa direzione, quella che vede avvicinarsi l’ora del perigeo al palazzo di Giorgia Meloni, rafforzata non solo dal lievitare nei sondaggi, ma anche dall’irrobustirsi della sua credibilità e considerazione da parte degli oppositori politici e soprattutto - la cosa più importante - da parte del sistema, dei poteri forti, dei poteri veri, dei poteri che decidono, piaccia o non piaccia al popolo sovrano, se uno governa o no. Perché è così che funzionano le cose, per quanto possa risultare spiacevole e poco democratico, e prima lo si capisce meno disastri si combinano.

Bene, è proprio qui che vedremo se casca l’asino e se c’è della vera nobiltà, della vera polpa dietro il consenso - momentaneo - del capo di Fratelli d’Italia. E se, dietro i suggestivi slogan da campagna elettorale - facile fare i fenomeni quando si sta all’opposizione – c’è la cultura, la visione, la tempra e il coraggio per fare quello che tutti hanno sempre promesso e che, naturalmente, non hanno mai mantenuto. Una volta al governo, che ne sarà di Alitalia, uno degli scandali più ignobili e vergognosi e cialtroneschi prodotti dalla nostra ignobile classe politica? E cosa farà dell’Ilva? E vogliamo parlare di quota cento e del reddito di cittadinanza, il trionfo della demagogia sudamericana che nulla ha a che vedere con le strategie di un paese liberale e moderno e, soprattutto, con una destra liberale e moderna, perché, per quanto appaia incredibile, la destra può essere liberale e moderna? E crede davvero che il tema del mezzo milione di clandestini si risolva con il “dagli al negro!” e “dagli al barcone!” dell’improvvido ex ministro degli Interni? E cosa farà con la cricca burocratica-baronal-sindacale che ha devastato la nostra scuola e la nostra università a forza di concorsi pilotati e di sanatorie per i precari?

E in particolar modo, come terrà a bada la pletora di guitti e clienti e margnaffoni che già stanno mollando lo scricchiolante carro di Salvini, come a suo tempo avevano mollato quello di Renzi e di Letta e di Monti e di Berlusconi e di Prodi e bla bla bla? Crede davvero che il popolo italico sia rimasto ammaliato dall’oratoria su Giorgia madre, italiana, cristiana o cerchi invece posti, incarichi, consulenze, strapuntini e similari nella migliore tradizione della repubblica delle banane da Depretis in giù? Quando questi li imbarchi perché ti hanno fatto vincere le elezioni, poi li devi soddisfare e pagare e mantenere e quindi sotto con le pensioni, le finte pensioni, le prepensioni, le evasioni, le elargizioni, i forestali della Calabria, il dottore è fuori stanza e via andare così.

Ecco, sarà bello vedere la Meloni districarsi con questi nodi. Ci sono finiti impigliati tutti. Sarebbe magnifico - detto senza alcuna ironia – che fosse una donna il primo ad avere le palle per non finire nella rete.

© RIPRODUZIONE RISERVATA