Sindaci: le capacità
contano più dei voti

Se è vero che il pesce puzza dalla testa, vale anche il contrario. A meno di un anno dalle elezioni per il nuovo sindaco di Como, partiti e movimenti sono alla ricerca di idee e di uomini giusti, specie se questi ultimi sono in grado di raccogliere qualche voto al di fuori della cerchia di parenti e amici.

Ma quanti ragionano in prospettiva? Un sindaco, infatti, e per fortuna, non è un uomo solo al comando. Se così fosse la crisi di vocazioni già in atto nell’ambito degli aspiranti primi cittadini diventerebbe prevalente. Il Comune è infatti amministrato da una squadra, in primis gli assessori e quindi i consiglieri comunali seppur depotenziati delle prerogative che possedevano alcuni anni fa. Il sindaco è il vertice. Può anche decidere da solo, ma finirebbe per esporsi all’isolamento, ai veti e ai dispetti di chi vive la frustrazione dell’escluso. Il primo cittadino però deve essere tale, almeno dentro il gruppo dei suoi collaboratori.

Il rischio altrimenti è quello di mettere assieme una squadra di governo mediocre e inefficiente. Perché se si candidano alla guida della città uomini e donne con poche qualità, anche se una di queste è l’arte di catturare un vasto consenso, può accadere che i sindaci eletti finiscano per circondarsi di personaggi ancora più mediocri e di minori capacità. In caso contrario, infatti, rischierebbero di sfigurare o addirittura ritrovarsi delegittimati.

Se invece la scelta del numero uno ricade su qualcuno che lo sia davvero nella politica e nella società civile, vi è quasi la certezza che si circonderà di collaboratori all’altezza, tanto non lo farebbero mai sfigurare. Certo, poi, per le logiche politiche dovrà anche accettare le indicazioni dei partiti o dei movimenti della maggioranza che lo sostiene. Ma anche in questo caso l’autorevolezza può giocare un ruolo determinante, quantomeno per far pesare un potere di veto.

Il governo guidato da Mario Draghi, specie se confrontato a quelli di coloro che lo hanno preceduto, è il miglior esempio che si può portare a sostegno di questa tesi. Inoltre, nel caso dell’ex presidente della Banca Centrale Europea, le qualità e il carisma consentono di supplire anche ad alcune lacune di componenti del governo indicati dalle forze politiche che, con ogni probabilità, lui non avrebbe chiamato.

Anche per questa ragione, un leader preparato e autorevole offre migliori garanzie di una personalità mediocre anche se magari più popolare. Certo, un bravo amministratore o uomo di governo, può anche portarsi dietro una dote di empatia e affidabilità che deriva dalla sua esperienza professionale o sociale. L’esempio, ormai storico, più eclatante in questo senso è Silvio Berlusconi che, all’esordio nell’arena politica si è giovato della sua immagine positiva di imprenditore e presidente del Milan.

Ecco perché nella scelta del candidato per la guida di una città importante come Como non fosse altro per l’immagine che si è costruita anche in ambito internazionale, questi elementi dovrebbero essere determinanti. Bisogna saper guardare oltre l’ipotetica convenienza immediata offerta da un personaggio non all’altezza del ruolo, ma portatore di un pacchetto di consensi anche considerevoli.

Perché poi il rischio è quello di trovarsi con un gruppo di amministratori incapaci di dare una risposta ai problemi della città e soprattutto di avere una visione per il suo sviluppo. Il criterio della competenza era determinante nella cosiddetta prima Repubblica, un po’ meno, come si è visto, in quelle successive. E anche la guida della città di Como in epoche recenti, qualche non bell’esempio in questo senso, lo ha offerto. Vale la pena di pensarci un po’ su in questo tempo che è quello delle scelte per le elezioni del prossimo anno. Di donne e di uomini all’altezza ve ne sono. Basta saperli cercare.

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