Un sindaco non può
scaricare le colpe

È stata tua la colpa, allora adesso che vuoi”. Ci vuole l’Edoardo Bennato dei tempi migliori per la colonna sonora che accompagna il crepuscolo dell’amministrazione “Landriscina Uno”, ammesso che non si sia già in preparazione il tentativo per il “due”. Pare che il sindaco, di fronte al disastro della bonifica in Ticosa e non solo, abbia perso le staffe e lanciato accuse più o meno velate contro gli uffici e l’assessore titolare della pratica, quel Marco Galli che oltre alla delega per l’Ambiente si porta sulle spalle quella per lo Sport, requisiti perfetti, di questi tempi, per concorrere al posto di parafulmine con ottime chance di riuscita.

Ma le colpe saranno pure dei funzionari e dell’esponente di giunta, peraltro voluto da Landriscina medesimo nella sua squadra, dopo averlo inserito nella lista civica da lui ispirata. La responsabilità però è in primis del sindaco che i comaschi, non si sa se la cosa è stata assimilata nei corridoi di palazzo Cernezzi, hanno piazzato lì per risolvere i problemi della città, non per armarsi di fuoco amico e sparare qua e là.

Il primo cittadino, dopo la riforma che ha introdotto l’elezione diretta di questa carica, ha nel cassetto un ordigno micidiale. Con le sue dimissioni manda a casa giunta e consiglio senza che nessuno possa dire “beh”. Una facoltà estrema che però ogni tanto si potrebbe tirar fuori, anche solo per brandirla e convincere qualcuno che è meglio mettersi o ritornare al passo.

Invece no. Landriscina, dopo quattro anni di nulla cosmico, si accorge della situazione, ma si chiama subito fuori. Neanche John Belushi in Blues Brothers, di fronte alla fidanzata lasciata sull’altare e con propositi omicidi, riesce a essere più spudorato nel raccogliere tutto il campionario di scuse possibili e soprattutto immaginabili per portare a casa la pelle. Il sindaco di Como, quella politica, tenta di salvarla con lo scaricabarile per magari ripresentarsi il prossimo anno puro come un giglio e animato di ottime intenzioni per guidare la ripartenza post pandemia della città.

Per carità, la democrazia ha sempre ragione. Perciò se i partiti della sua maggioranza lo sosterranno ancora e i comaschi lo voteranno, il bis sarà più che lecito. Poi parleremo tra altri cinque anni di quanto sarà rimasto.

Perché nonostante la maggioranza e parte della giunta abbiano in canna qualche fuoco d’artificio che sarà sparato non prima della campagna elettorale, il ricordo di questo mandato rischia di essere soprattutto un foglio bianco. Due problemi importanti della città, il primo, quello delle paratie non del tutto ascrivibile all’amministrazione in carica, ma il secondo quello del degrado anche umano dei senzatetto che dormono sotto i portici dell’ex chiesa di San Francesco sì, sono stati risolti dalla Regione e dell’amministrazione provinciale. Il Comune non ha toccato palla, anzi rischia di farlo, con rinvii alla viva il parroco sull’arredo del lungolago.

Quel che resta finora, al di là delle enunciazioni rimaste intonse, dalle occasioni mancati, dalla staticità su progetti avviati e rimasti lì, sono i muscolari cantieri stradali avviati dall’assessore Pierangelo Gervasoni, e la rotonda, ancora non resa definitiva di piazza San Rocco opera del predecessore Bella.

Se bastano per promuovere un’amministrazione lo diranno i comaschi a tempo debito. Però se il sindaco in carica non è in grado neppure di assumersi le responsabilità che il ruolo gli assegna, farebbe bene a non condannarci a un altro anno di agonia e ridare la parola ai cittadini. Sarebbe forse il miglior servizio che può rendere alla città. Chiaro che un eventuale colpo di reni vorrebbe accolto con uguale e forse maggiore favore perché sorprendenti, visto l’andazzo. “Medico cura te stesso”, si potrebbe consigliare al primo cittadino vista la sua professione.

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