
No, non è Aria per il lungolago. E l’iniziale maiuscola non va interpretata come un errore perché il riferimento è alla società della Regione Lombardia che avrebbe dovuto provvedere, in sostanza ad attaccare la spina per azionare le pompe che aspirano l’acqua che, con il lago che si alza va ai tombini che la riversano sulla strada.
La questione è più o meno questa: se non è zuppa è comunque pane (naturalmente) bagnato. Un’esondazione che, magari tecnicamente non lo è, ma svolge in maniera egregia lo stesso lavoro: quella di bloccare la circolazione davanti a piazza Cavour e, di conseguenza, interrompere il girone. E poiché il sistema viario di Como è peggio di quello dei vasi comunicanti, il caos dilaga (verbo quantomai proprio) più meno in tutta la città. E per il weekend tocca affidarsi alla clemenza di Giove Pluvio e sperare che l’acqua si asciughi, altrimenti sai che risaie e risate.
Perché sul lago che esonda o quel che è, dopo 17 anni e rotti di cantiere e varie inaugurazioni di un’opera che non sembra finire mai, si potrebbe sganasciare. Peccato che noi comaschi siamo stanchi di ridere per non piangere e a furia di anni che passano e di cose da fare per cui non se ne viene a una, abbiamo anche finito le lacrime: almeno queste acque non faranno danni.
La storia del tormentato cantiere è arci nota, tra perizie supplettive, cambi di progetto, il “muro” spuntato proditoriamente e abbattuto dalla furia dei cittadini capitanati da loro quotidiano. Poi il Comune che inizia l’opera e getta la spugna, comunque fradicia perché le paratie non ci sono ancora e il lago esce, alla Regione. Da lì tutti a dire: finalmente, adesso ci faranno vedere cosa sanno fare questi milanesi a noi provinciali imbranati per non dir di peggio. E sembrava davvero che le cose avessero cominciato ad andare per il verso giusto: peccato per il finale, con i tanti nastri tagliati a sproposito e il pasticcio dei parapetti che più brutti non si potevano trovare. Specie se confrontati con i vecchi: quelli con il timone disegnato dentro. E poi delle protezioni se ne potrebbe ancora fare meno, non fosse che il sindaco, a cui attaccare briga sembra non dispiacere mai, va contro la Regione e li pretende. Certo, forse non ha tutti i torti perché la responsabilità della sicurezza in città è sua. Ma almeno si fossero parlati prima e, soprattutto, avessero evitato di presentare quegli obbrobri. E ora, mentre Regione e Aria, che, oltretutto, politicamente fa riferimento a uno dei partiti di maggioranza che non è quello del presidente Attilio Fontana o dell’assessore Massimo Sertori, giocano a Trump e Musk, il tempo sembra non sia neppure passato. Il lago esonda o boh, come all’epoca in cui c’erano ancora su tutta la passeggiata i parapetti rimpianti. Però adesso i comaschi escono dal torpore della rassegnazione e si arrabbiano. A voler essere un po’ qualunquisti si potrebbe immaginare di costringere i presenzialisti delle tante inaugurazioni del nuovo lungolago a presentarsi con stracci e secchio per tirare su l’acqua.
Non succederà, ma almeno, quando finalmente sarà attaccata la spina, le pompe potranno funzionare e le paratie staranno lì all’erta, pronte a entrare in azione, evitiamo altre fanfare e fanfaroni. Perché, purtroppo, da queste parti, le opere grandi non riescono mai, quelle buffe sempre.
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