«linus racconta le epoche
indagine dell’immaginario»

L’intervista a Igor Tuveri, fumettista e direttore della storica rivista, in occasione dei sessant’anni dalla prima uscita Un periodico pop, amato sia dal pubblico generalista che dagli intellettuali che l’hanno sempre letto e sostenuto

Nell’aprile del 1965 è nata quella che, secondo il suo attuale direttore Igor Tuveri - meglio noto col nome d’arte di Igort, in carica dal 2018 - è “la rivista di strisce più antica al mondo”. Il nome scelto fu “Linus”, in omaggio all’amico di Charlie Brown, inventato dalla straripante fantasia di Charles Schultz. E proprio i “Peanuts” erano uno dei piatti forti di quel numero uno che non era composto solo da semplici strisce, scelte tra le più famose dell’epoca - oltre ai loro erano presenti “Braccio di ferro”, Lil’l Abner” di Al Capp e “Krazy Kat” di George Harriman - ma conteneva anche un’intervista di Umberto Eco a Elio Vittorini e Oreste Del Buono.

Sul secondo numero arrivò Guido Crepax, sul terzo “Dick Tracy”, sul quinto B.C e sul sesto “Girighiz” di Ezio Lunari, futuro papà del brontolone Eritreo Cazzulati. L’elenco degli artisti che hanno prestato il loro talento alla rivista è sconvolgente. Dopo quegli inizi sfavillanti arrivarono, tra gli altri, Hugo Pratt, Andrea Pazienza, Dino Battaglia, “L’Eternauta” di Breccia, Altan, Wolinski, “Bobo” di Staino e “Mordillo”, oltre al “Calvin & Hobbes” di Bill Watterson. E questo è solo un piccolo e ristretto elenco delle decine di talenti presenti.

Nel corso di questi lunghi sessant’anni, “Linus” è stato la casa del meglio del fumetto mondiale, una voce estremamente pop, amata sia dal pubblico generalista che dagli intellettuali che l’hanno sempre letto e sostenuto. Negli ultimi sette anni il compito di tenere la barra a dritta è toccato a Igort, uno dei pochi in grado di riportare questa rivista ai suoi antichi splendori.

Direttore, qual è il suo primo ricordo di “Linus” da lettore?

Ricordo che la prima volta che lessi la rivista avevo dieci, dodici anni e cominciavo ad avvicinarmi al mondo del fumetto. Vidi delle cose interessanti che scatenarono la mia curiosità di lettore, quindi iniziai a comprarla regolarmente.

Ricorda anche quando avvenne il suo esordio da autore?

Era l’agosto del 1981, con una storia breve ambientata a Parador, in un ciclo di storie voluto da Oreste del Buono, ambientato nelle metro di diverse città. Nel mio caso scelsi però una città immaginaria.

Come le arriva la proposta di diventare direttore della rivista?

Fu un’idea di Elisabetta Sgarbi, con cui ho creato la casa editrice “Oblomov”. Lei è dirigente del gruppo editoriale de “La nave di Teseo” e quando hanno acquisito “Linus” mi hanno chiesto di portare avanti la stessa linea editoriale che stavo portando con “Oblomov”.

Come mai accettò l’incarico?

Per la mia storia; avendo già fondato diverse case editrici, accettare questo ruolo mi sembrava una logica conseguenza, una sfida molto importante in quella che è la rivista di strisce più antica al mondo. Sono sempre interessato a crescere nel mio percorso professionale.

Cosa significa per lei dirigere “Linus”?

Una grande responsabilità, una sfida molto importante in un momento di crisi editoriale, con le edicole che stanno pian piano scomparendo. Oltre a questo, lo ritengo un grande onore.

Come è cambiata la rivista nel corso di questi sessant’anni?

Ogni direttore ha avuto uno sguardo diverso. I primissimi numeri erano molto legati alla cultura pop, più sognanti. Con Del Buono ci si è spostati più vicini alla strada, con Fulvia Serra ha attraversato un periodo che definirei modernista. In sostanza, negli anni si è sempre modificata a seconda dell’esigenza culturale del periodo.

Può dirmi un aggettivo con cui descriverebbe la sua versione della rivista?

Direi contemporanea. La mia intenzione è quella di raccontare un nuovo pop utilizzando figure di grande spessore che arrivano dagli ambienti della cultura, dello sport, della musica, del cinema e del fumetto. Nella primissima versione attraverso le strisce si parlava al mondo, ritengo che il mio “Linus” sia molto vicino a quello delle origini. Per raccontare un’epoca bisogna indagarne i sogni e l’immaginario.

Così è nata la scelta di dedicare le copertine e i singoli numeri...

Sì, sono dedicati a persone che hanno influenzato il mondo della cultura. In più io ho portato un’ulteriore novità, i manga e la cultura degli anime.

Esiste qualche artista che ha fatto esordire su “Linus” che pensa potrebbe fare una grande carriera?

Difficile dirlo, tutti gli artisti che ho inserito hanno un motivo per cui sono dentro la rivista, sarà poi il tempo a dire chi rimarrà e chi si eclisserà.

C’è qualcuno che vorrebbe pubblicare, ma non è ancora riuscito?

Mi piacerebbe pubblicare più manga, ma non è sempre facile avere l’ok. Se potessi ospiterei delle storie di “One piece” e vorrei anche Vittorio Giardino, ma lui purtroppo è molto lento e i suoi tempi non si adattano a quelli di una rivista.

Considera “Linus” un punto di partenza o un punto di arrivo per un autore?

Questo dipende dall’autore. Di certo “Linus” ha una sua storia e chi ci si misura deve essere consapevole di misurarsi con una storia importante.

Come potrebbe un giovane autore esordire sulla rivista?

Oggi per i giovani autori esistono tanti canali per poter essere notati, penso ai social media o alle autoproduzioni. Io molti li scopro così, sfogliando tra le fiere. In molti poi sono quelli che mi mandano le proposte. La rivista ha un cuore pulsante che si modifica quotidianamente.

Qual è la direzione in cui sta viaggiando ora?

Quella di indagare l’immaginario di questa epoca, raccontandolo tra icone, riflessioni, polemiche e sogni.

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