Parcheggio al posto della scuola. Perché no?

Il geometra Calboni, uno dei personaggi più riusciti della saga di Fantozzi, secondo la sua consorte, l’ex signorina Silvani, “era quello che era, ma a quest’ora stava già in piscina”. Il sindaco di Como, Alessandro Rapinese, sulle vasche non sta dando il meglio di sé (vedi alle voci Muggiò e via Del Doss), ma sulla chiusura della scuola Corridoni di viale Sinigaglia, qualche ragione, anzi di più, ce l’ha.

Certo, per uno che l’impopolarità in politica sembra andarsela a cercare con il lanternino, grazie ai suoi atteggiamenti alquanto arroganti e al piglio da veneziano, nel senso del “faso tutto mi” e la palla non la passo mai, la fine di uno storico istituto sembra davvero l’ideale. Ancor di più quando il primo cittadino ventila l’idea di realizzare un autosilo lì dove ci sono cattedre, banchi e lavagne. Apriti cielo…

Però non sarebbe male contenere il riflesso condizionato del “dagli al Rapinese” che scatta di fronte a qualunque decisione del sindaco, tanto più se annunciata con la sua consueta prosopopea (anche se, forse, in questo caso non l’ha neppure fatto), e ragionare a mente fredda e lucida. L’inverno demografico, purtroppo, è una realtà innegabile. Per mille motivi si fanno sempre meno figli e i vecchi rischiano a breve di prevalere sui bambini. Perciò la scelta di razionalizzare il sistema scolastico di Como (a poche centinaia di metri dalla scuola Corridoni c’è la Foscolo) è tutt’altro che un azzardo. Anche perché mantenere le scuole pubbliche costa: soldi ben spesi, certo, ma che comunque non vanno sprecati.

La scuola non è solo questione di numeri, ma rappresenta una realtà sociale importante. Tanti quartieri di Como, anni fa, sono fioriti proprio grazie alla presenza di nuovi plessi educativi, costruiti negli anni del baby boom: l’esatto contrario di quanto accade oggi. La Baden Powell, nella parte bassa di via Tommaso Grossi nei locali dell’ex orfanotrofio, è un esempio. Era stata creata dal sindaco Spallino in risposta alle richieste di alcuni genitori della zona, che altrimenti avrebbero dovuto mandare i loro figli in via Magenta, lontano dalle abitazioni. Non era stato difficile accogliere quelle domande, perché la situazione era esattamente opposta a quella attuale, in cui nemmeno più le famiglie degli immigrati riescono a riequilibrare i numeri. Ma erano davvero altri tempi.

Se allora quella di Antonio Spallino era stata una scelta saggia – a chi scrive aveva rivelato di aver rinunciato a un’importante infrastruttura viaria per destinare le risorse alla realizzazione di asili e scuole – può esserlo anche quella di Alessandro Rapinese che, di fronte a un quadro esattamente contrario a quello dell’era Spallino, rinuncia all’istituto di via Sinigaglia in cambio di un parcheggio e dell’opportunità di togliere i veicoli dalla strada in un’area turistica della città. Certo, viene facile indignarsi per il baratto delle auto al posto dei “remigini”: peccato che le prime siano diventate molto più numerose dei secondi.

E poi bisogna mettersi d’accordo. Un’altra delle critiche nei confronti di questa amministrazione riguarda proprio la politica della sosta, anche perché a Como gli spazi non bastano mai e quelli che ci sono a pagamento costano troppo. Ecco, magari se l’eventuale autosilo potesse offrire tariffe modiche, anche solo per i residenti, la faccenda sarebbe ancor più digeribile.

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