Caso ambulanze, lo sfogo del volontari: «Fermi ore in ospedale, così non va»

La denuncia Paziente in barella ed equipe bloccata dalle 00.40 alle tre. Il direttore del Valduce: «Pronto soccorso sotto stress»

Che qualcosa non vada per il meglio sul fronte soccorsi, è fin troppo evidente. E non è solo il racconto pubblicato sul quotidiano di ieri - e su laprovinciadicomo.it - a dirlo, quanto la pioggia di testimonianze di soccorritori e volontari del servizio d’urgenza sanitaria.

Uno di loro, Luca Invernizzi, volontario da trent’anni, ha preso computer e tastiera per inviarci, via mail, una testimonianza emblematica su quella che lui chiama «la pessima nottata passata a causa di quello che ritengo sia un malfunzionamento della sanità comasca che sperimento da tempo sulla mia pelle».

La vicenda

La vicenda risale alla notte tra lunedì e martedì: «Con il mio equipaggio siamo stati chiamati, dalla centrale operativa, ad effettuare un intervento presso un’abitazione privata e, una volta accolta a bordo la paziente, ci hanno assegnato come destinazione il Valduce, dove siamo arrivati verso le 00,40. Al nostro arrivo siamo stati accolti dal personale con l’esclamazione: “Ma ancora?? So chi c’è di turno in centrale e ancora non ha capito che non deve mandare più nessuno”. Davanti a noi c’era già un altro equipaggio che attendeva, con il paziente sulla barella. Come sempre ci siamo posti in attesa, fiduciosi che ce la saremmo cavata in poco tempo per poi tornare operativi, ma da lì a poco, sentendo i commenti dell’equipaggio di volontari già in attesa, abbiamo intuito che non sarebbe stato così. Nel frattempo le invettive contro il personale della centrale sono continuate, senza parlare poi, di quando è arrivata una terza ambulanza con un altro paziente».

Disagi per i pazienti

«Ad un certo punto, dopo quasi un’ora, uno degli operatori ha riferito che aveva ricevuto ordine di non “sbarellare” più nessuno (che in gergo significa spostare dalla barella dell’ambulanza a quella dell’ospedale) perché la centrale avrebbe dovuto capire di non mandare più nessuno, come era stato loro richiesto ore prima. Questa decisione, che mi è sembrata più una ripicca, ha causato disagi a chi invece non se li meritava proprio. Innanzi tutto ai pazienti che hanno dovuto attendere interminabili ore, con la nostra che si lamentava dal dolore provato, secondariamente al sistema di emergenza, implicando il blocco di tre mezzi di soccorso, quindi l’interruzione di un pubblico servizio. Alla fine dopo l’ennesima chiamata della centrale, che richiedeva la nostra disponibilità in quanto il territorio era scoperto, passate le ore 3 del mattino, abbiamo ricevuto l’ordine di lasciare in pronto soccorso la barella con la paziente e rientrare in sede».

«Mi spiace se qualcuno del nostro personale ha fatto simili affermazione - commenta Riccardo Bertoletti, direttore sanitario del Valduce - Non posso escludere sia successo. Certo c’è un problema che va affrontato. I pronto soccorso soffrono: Como ha meno letti per acuti di quelli che dovrebbe avere sulla base del piano nazionale. E questo crea forti disagi ai reparti di emergenza».

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