Dentro il Carducci: «Mano tesa al sindaco, ma vuole annientarci»

La sede contesa Viaggio nei palazzi di viale Cavallotti. Forgione: «Qui non entri il Calcio Como, ma la cultura». E i lucchetti piazzati dal Comune in realtà sono “fittizi”

Como

Da fuori il palazzo “vietato” all’Associazione Carducci, dopo che il Tribunale di Como ha annullato la sentenza di primo grado che dava ragione all’associazione, sembra blindato. Catene e lucchetti nuovi di pacca al cancello e sulle porte. Eppure, nonostante ciò, dentro le aule di quell’ala da cui il sindaco vuole sfrattare il Carducci ci siamo entrati. In compagnia della presidente dell’associazione culturale, Maria Cristina Forgione. Perché i due palazzi, quello “vietato” e quello “accessibile”, comunicano tra di loro. E quei lucchetti all’esterno hanno un retrogusto di fittizio.

A margine della conferenza stampa per annunciare una stagione di corsi, eventi, iniziative mai così affollata di progetti, l’avvocato che guida il Carducci ci ha accompagnati tra le aule dell’ex Magistrali trasformate in stanze per i corsi rivolti ai comaschi. Al civico 7, quello dove Palazzo Cernezzi non ha potuto mettere lucchetti perché pacificamente - almeno in parte - in uso allo storico sodalizio (il Carducci esiste da oltre 120 anni), il primo piano è un tuffo costante tra passato e presente. Sulle porte delle aule nomi di personalità comasche come Antonio Sant’Elia, Carla Badiali, Carla Prina, Massimo Clerici, Manlio Rho, Clotilde Cavalleri ognuna dedicata a una funzione particolare: l’aula per organizzare le mostre, per l’incisione, per l’acquerello, per la scultura e per la pittura (piena di cavalletti da disegno e un paio di quadri), per le riunioni e la pausa pranzo.

Tutte queste stanze torneranno a riempirsi di comaschi, a partire dal prossimo settembre. C’è poi la biblioteca con una quantità di meravigliosi libri antichi.

Il progetto Conservatorio

Ma basta passare una porta di vetri, ed eccoci come per magia nell’edificio proibito. Nel luogo dove il Conservatorio dovrà entrare, anche grazie ai fondi che consentono interventi di risistemazione dell’edificio.

«Ho più volte detto al sindaco - afferma Maria Cristina Forgione - che il Conservatorio deve entrare, ma ho chiesto di lasciarci il Museo Casartelli e di studiare insieme una visione per le altre stanze, affinché non vengano Politeamizzate». O per evitare «che entri il Calcio Como. Che sicuramente fa tante cose buone per la città, ma questa è la casa della cultura e della socialità legata alla cultura».

All’ultimo piano della palazzina “lucchettata” ci sono altre aule: «Ma qui sarebbe bello studiare qualcosa con il Comune. Io l’ho detto davanti al giudice e il giudice - ricostruisce la presidente del Carducci - ha chiesto se ci fosse questa disponibilità di dialogo. Il dirigente Chiarion allora è uscito dall’aula, ha parlato con il sindaco, è tornato e ha detto: “Non accettiamo”. Il giudice ha chiesto: “Ma voi cosa volete? Volete annientare l’associazione?”. La risposta è stata: “sì”».

La manutenzione

Una cosa va detto: per essere un palazzo formalmente abbandonato da anni (associazione Carducci a parte) non è in rovina, anche se lavori ne vanno fatti: «Noi ogni anno investiamo tra i 15 e i 20mila euro per la manutenzione qua dentro» garantisce ancora l’avvocato Forgione.

Che, sul finire, si lascia andare a un accostamento forte: «Solo al tempo del fascismo l’Associazione Carducci ha dovuto lasciare il suo palazzo. Poi, alla fine della guerra, il Comitato di Liberazione Nazionale ci restituì la nostra sede. Quindi credo che se anche qualcuno ci toglierà questi spazi, qualcun altro ce li restituirà».

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