Due parrocchie chiedono di salvare la Corridoni, ma in Provincia il sindaco insiste: «Chiude»

Scuole La comunità pastorale della zona di Borgovico sottolinea gli aspetti negativi della scelta. E a Villa Gallia decisione criticata da destra e da sinistra, ma il piano complessivo è approvato

Le due parrocchie di San Giorgio e San Salvatore, che compongono la comunità pastorale del Borgo Vico, hanno indirizzato a sindaco e giunta una lettera con la richiesta di rinunciare alla chiusura della scuola Corridoni.

Nella lettera firmata dal parroco, don Luigi Chistolini, e dai membri del consiglio pastorale si evidenziano criticità legate al traffico che i nuclei familiari residenti nella zona di via Borgovico dovrebbero affrontare «qualora i genitori dovessero, come preventivato, raggiungere un plesso all’altro capo della convalle», andando a complicare ulteriormente la viabilità dell’area. Si sottolinea poi l’impatto negativo che la chiusura della Corridoni avrebbe sulla «scelta di nuovi nuclei familiari di risiedere nel Borgo Vico», descritto come un borgo che «nel volgere di poche centinaia di metri abbraccia tutto l’iter dall’asilo nido alla scuola media inferiore».

Ma la lettera evidenzia anche l’importanza degli spazi supplementari presenti all’interno del plesso di via Sinigaglia, in quanto favoriscono l’integrazione di alunni con disabilità e consentono lo svolgimento di «attività integrative». Infine, come ultimo punto, nella lettera si legge che la chiusura della scuola avrebbe un impatto diretto anche sulla comunità pastorale facendo perdere «quel senso di appartenenza e unità che ha permesso alla comunità, attraverso le iniziative promosse dall’oratorio San Giorgio, di favorire legami di conoscenza, di amicizia, di attenzione ai più fragili».

«Una norma vecchia di 50 anni»

Questi temi sono emersi anche giovedì sera nel corso del consiglio provinciale durante il quale è stato approvata la delibera con le modifiche alla rete scolastica proposte da tutti i Comuni comaschi. Sebbene su questo tema l’ente provinciale abbia un ruolo solo formale, dal momento che la competenza sull’organizzazione di asili, scuole elementari e medie spetta esclusivamente ai Comuni, e nonostante la delibera sia stata approvata (comprese le chiusure decise da Palazzo Cernezzi), non sono mancate le critiche all’operato del sindaco Alessandro Rapinese, che tra l’altro era presente a Villa Gallia e che ha difeso la decisione della sua giunta, ribadendola.

La dichiarazione di voto per il centrodestra, espressa da Claudio Ghislanzoni, ha evidenziato, in un passaggio, l’idea che la decisione del Comune mette «in secondo piano le ricadute sulla didattica, sulla sicurezza e sulle esigenze degli alunni e delle famiglie». Ghislanzoni ha detto anche che il piano di razionalizzazione è basato «più sui numeri che sulle persone» e che è stato sviluppato «a partire da uno studio basato sostanzialmente sulla sola capienza degli edifici scolastici cittadini». Il criterio non è stato considerato errato di per sé, ma in quanto unico criterio di programmazione utilizzato.

Da sinistra critiche sul metodo

Anche il centrosinistra, la cui dichiarazione di voto è stata espressa da Maurizio Capitani, ha espresso posizioni simili ricordando che il dm citato dal Comune come riferimento normativo risale a 50 anni fa e criticando la «pressoché totale autonomia» con cui l’amministrazione ha agito nel decidere le chiusure. «Il tema però, per l’indubbia complessità che lo caratterizza richiedeva un approccio certamente faticoso ma più ponderato e aderente al dettato normativo», ovvero confrontandosi approfonditamente con i consigli d’istituto e i collegi docenti. Ma il centrosinistra ha puntato l’attenzione anche sul fatto che «non sembrano individuati in modo chiaro gli interventi di adeguamento da realizzare sugli edifici destinati ad accogliere gli studenti migranti dai plessi in chiusura».

«Legge del ’75 vecchia? Per noi l’unica oggettiva»

Dal decreto ministeriale del 1975 usato come base per le chiusure scelte dall’amministrazione comunale alla volontà di ridurre il numero di istituti comprensivi sul territorio cittadino, il sindaco Rapinese in consiglio provinciale ha confermato ogni passo fatto fino a questo momento.

Rispetto al dm del 75 ha specificato che si tratta per la sua giunta dell’unica norma oggettiva, perché basata su elementi quantificabili, ovvero la dimensione delle scuole e delle aule, per scegliere come organizzare gli edifici scolastici. Ha però ammesso, come ricordato dai consiglieri provinciali, che esistono altre normative che vigilano, per esempio, sulla composizione delle classi in base anche alla presenza di studenti con disabilità: «Normative - ha specificato - che non potranno e non dovranno essere ignorate dai dirigenti scolastici nella composizione delle classi. Come Comune siamo pronti a vigilare, per primi».

E sulla decisione di ridurre a quattro il numero di istituti comprensivi della città ha specificato che «se gli altri Comuni vorranno rimanere non avranno altre conseguenze, se non quella di trovarsi all’interno di un istituto comprensivo più grande». Sulla possibilità invece, criticata sia dal centrodestra che dal centrosinistra in consiglio provinciale, che con la riorganizzazione delle scuole si trovino in uno stesso edificio bambini delle elementari e ragazzi delle medie, il sindaco ha detto che si tratta di «un valore».

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