Il sindaco ancora contro don Giusto. «Se la parrocchia è sede Pd, paghi l’Imu»

Il caso Nuovo scontro con il sacerdote, che ha accolto un evento del centrosinistra a Rebbio. L’obiettivo? Raccogliere fondi per le spese davanti al Tar. Il sindaco contesta l’uso dell’oratorio

Nuovo scontro tra il sindaco Alessandro Rapinese e il parroco di Rebbio, don Giusto Della Valle.

A far scattare le ire (social) del primo cittadino la decisione del sacerdote di mettere a disposizione, giovedì sera, i locali dell’oratorio di via Lissi per la “Cena solidale di Natale” organizzata da Alleanza Verdi Sinistra, Azione, Italia Viva, Pd, Psi e Svolta Civica con obiettivo, come hanno fatto sapere i dem «di raccogliere fondi a sostegno delle azioni legali in difesa degli istituti scolastici della città di Como».

La foto della serata

In totale sono stati raccolti 1.400 euro che andranno a sostenere i ricorsi al Tar. Rapinese ha pubblicato ieri una foto della serata dicendo: «Considerato che gli immobili dei partiti politici sono assoggettati al versamento dell’Imu, ed essendo la parrocchia di Rebbio ormai diventata sede del Pd, ritengo che la parrocchia dovrebbe a sua volta pagare l’Imposta». E chiude con «Giusto?», frecciata basata sul nome del parroco con cui i rapporti sono a dir poco tesi ormai da parecchio tempo. Tra gli hashtag si trovano «liberaChiesainliberoStato» e «ingerenze». Alla serata a Rebbio hanno partecipato una cinquantina di persone tra cui esponenti politici (ad esempio i consiglieri comunali Patrizia Lissi e Stefano Legnani e la portavoce di Europa Verde Elisabetta Patelli), ma anche attivisti e simpatizzanti oltre ai vertici dell’associazione Nova Como Vincenzo Falanga e Teresa Minniti e Simone Molteni, presidente del consiglio di istituto Como Borgovico che sostiene la battaglia contro la chiusura della “Corridoni”. Rapinese contesta a don Giusto Della Valle l’utilizzo dell’oratorio come luogo dove si fa politica per contrastare l’amministrazione comunale e da qui la provocazione legata al pagamento dell’Imu.

Tra sindaco e parroco gli scontri non sono mancati. Basta citare, un anno fa, quello sulla chiusura del Teatro Nuovo di Rebbio (di proprietà della parrocchia) da parte del Comune poiché non rispettava le misure antincendio. Rapinese, in quell’occasione aveva dichiarato che «Rebbio non è zona franca» e che «la legge vale anche a Rebbio». A settembre ad accendere la miccia era stato un editoriale del sacerdote in cui definiva Como «disumana».

«Caotico modello»

E la replica di Rapinese era stata pesantissima: «Posso garantire che a Rebbio non vedono l’ora che a don Giusto trovino un’altra destinazione. I rebbiesi non riconoscono più il loro quartiere e non si riconoscono nemmeno nel suo caotico e disordinato modello di accoglienza e, francamente, appena dovesse essere trasferito, anch’io sarò più sereno considerate le lagnanze che mi continuano ad arrivare dal quartiere».

Sulla Como disumana era intervenuto anche il vescovo Oscar Cantoni a sostegno di don Giusto (aveva riconosciuto il suo «specifico impegno a favore delle persone più fragili ed emarginate»). Poi era stata la volta della polemica sulla gestione dei minori stranieri con il sindaco che aveva bocciato il “modello Rebbio” e commentato dicendo che «i cittadini di Rebbio sono esasperati» e che «sicuramente però la legge vale anche per don Giusto, quindi il rispetto delle norme igieniche, sanitarie e di sicurezza». Ieri il nuovo capitolo di uno scontro infinito.

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