In libreria la storia di Rapinese, il contestatore diventato sindaco. Ecco un estratto del libro

La pubblicazione Disponibile alla vendita da martedì 29 novembre, le pagine scritte dai giornalisti de La Provincia Gisella Roncoroni e Enrico Marletta raccontano la vita del primo cittadino di Como, dall’infanzia alla polemica vita politica sempre all’opposizione fino alla vittoria. Qui un assaggio Sarà nelle librerie e in vendita anche online da martedì 29 novembre “E poi vinse” (Dominioni Editore), il libro che racconta la storia di Alessandro Rapinese, scritto dai giornalisti de La Provincia Enrico Marletta e Gisella Roncoroni. La presentazione,a ingresso libero, è in programma giovedì 1 dicembre alle 18.30 al Terzo Spazio, in via Santo Garovaglio 2A, alla presenza di Giorgio Gandola (autore della prefazione) e dello stesso Rapinese. Pubblichiamo in anteprima l’introduzione.

«E poi vinse. A fare la differenza sono però proprio quella “e” e quel “poi”. È lì, su quelle due parole, che va puntata la luce sull’impresa di Alessandro Rapinese, tredicesimo sindaco della città di Como dalla nascita della Repubblica. Indossare la fascia tricolore è l’obiettivo che si era prefisso da bambino e che ha raggiunto dopo anni di tenacia, lotte, centinaia di documenti protocollati, migliaia di interventi, critiche e insulti. Ma anche dopo anni di ostacoli, lutti e frustrazioni personali. Anni passati ai gazebo e in Consiglio comunale, tutte le settimane, dal 2008.

Piaccia o non piaccia, Rapinese si è ritagliato un ruolo da protagonista nella storia di Como degli ultimi quindici anni. Ed è quello che vogliamo raccontare, senza giudizi. Solo fatti. Dal muro sul lungolago alla Ticosa, dalle buche nelle strade al rubinetto che perde della casa comunale, dalle bandiere a brandelli al tombino che fa rumore, dal “Bruni Go Home” al “tutti go home”.

Per tanto tempo Rapinese è stato visto come Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento, in realtà ha pianificato la sua vittoria tanto quanto il Conte di Montecristo ha fatto con la vendetta.

Tanti lo criticano, qualcuno addirittura lo odia (ricambiato) e molti altri (compresi gli autori) sono più volte finiti nel mirino dei suoi modi tutt’altro che politically correct che non hanno risparmiato (quasi) nessuno. Dai politici ai giornalisti, dal vescovo al prefetto fino all’ “archistar” Libeskind e a volti più o meno noti, tutti accomunati dall’essersi scontrati con lui anche pesantemente. Ma questo non toglie nulla alla storia di chi, in una città come Como, tradizionale roccaforte del centrodestra, non solo è riuscito a escludere la coalizione dal turno di ballottaggio, ma all’opposizione ci ha mandato pure il centrosinistra. Ecco perché la raccontiamo. Dall’inizio. L’infanzia, la scuola, il dolore, le campagne elettorali, gli anni in circoscrizione e quelli in Consiglio comunale. Le vittorie e le sconfitte, i flop e i successi, le critiche e le scuse.

Rigore (imparato da bambino) e disciplina (grazie allo sport), uniti alla capacità di rialzarsi dalle difficoltà (perché se la vita, da ragazzo, ti ha strappato via uno dopo l’altro i genitori, un fratello e una sorella o te la fai venire o alzi bandiera bianca) e alla passione per la politica e per la città di Como (se no non resti per quasi tre mandati all’opposizione) lo hanno portato a realizzare il sogno che aveva da bambino.

Questa è la storia di quel bambino diventato sindaco e di quel sogno mai lasciato chiuso nel cassetto. Una storia lunga quarantasei anni, senza sconti e senza intromissioni, solo cronaca, che lo ha portato alla guida di Palazzo Cernezzi. Va raccontata per la sua unicità, che va oltre i confini di Como perché vincere solo con la propria forza, senza appoggi, compromessi o finanziamenti in una città capoluogo di provincia non ha precedenti a livello nazionale. Una storia che arriva fino al giuramento di inizio luglio, ma che non è finita. Anzi.

I prossimi anni saranno decisivi per Rapinese e saranno quelli in cui ciascuno, al di là di motivazioni personali, lo potrà giudicare. Non per partito preso, ma dopo averlo visto all’opera. Perché alla fine nella storia, che sia di una città o di una nazione, a contare sono i fatti e i dettagli.

Vince. E poi?»

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