Nel 2024 la Svizzera dovrà affrontare il nodo del turismo

Il focus Tra i buoni propositi per l’anno che viene, soprattutto per il Ticino, c’è quello di ripartire dai turisti dopo che nel 2023 si sono registrati nel Cantone di confine più di 100mila pernottamenti in meno su base annua

Se anche il prezzo di un bene simbolo della vicina Confederazione come il cioccolato (le cui prime tracce risalgono addirittura al lontano 1819) è destinato nell’anno da poco iniziato ad aumentare tra il 6 e l’8% complice l’impennata del costo del cacao, allora oltreconfine è lecito affrontare questo 2024 con un pizzico in più di sana suspense.

Il tema di fondo, cui dedichiamo questo nostro primo focus del nuovo anno, ha a che vedere con i buoni propositi in primis ticinesi di ripartire (anche) dal turismo, dopo che il 2023 nel Cantone di confine è andato in archivio con 104 mila pernottamenti in meno su base annua (-5,6% nel raffronto tra 2023 e 2022, per gli amanti delle statistiche).

Dunque l’eco dei quasi 24 milioni di pernottamenti alberghieri - grazie ai quali i mesi clou della stagione turistica (maggio-ottobre) hanno contribuito a (ri)dare respiro a uno dei segmenti clou dell’economia svizzera - ha solo lambito il Ticino, che per ripartire di slancio in questo 2024 pare molto (ben) disposto a guardare anche al nostro territorio.

E il perché è presto spiegato o meglio l’hanno spiegato in due momenti differenti al nostro giornale l’ex presidente di HotellerieSuisse Ticino Lorenzo Pianezzi e il presidente di HotellerieSuisse Sopraceneri Max Perucchi. In buona sostanza, Lorenzo Pianezzi ha perimetrato come una necessità ormai non più prorogabile il fatto di strizzare l’occhio al lago di Como, strizzando l’occhio a quell’overtourism con cui il Lario ha dovuto confrontarsi sin dal lungo fine settimana di Pasqua. «L’occupazione sull’anno delle strutture ricettive a Como è pari all’83%. Noi in Ticino quando va bene arriviamo ad un’occupazione annuale del 60-70%. Non oltrepassiamo questa soglia in quanto da novembre a marzo l’occupazione è del 30-40%».

Da qui la proposta: «Considerato che Como ha un turismo ottimale anche durante l’inverno, prepariamo concretamente un servizio di trasporto “esclusivo”, con comodi torpedoni ad hoc, per fare arrivare in Ticino i turisti che hanno già visitato Como».

Sin qui però ci si è limitati su questo fronte ai buoni propositi. Più diretta - ma altrettanto interessante nelle dinamiche turistiche di confine - l’analisi di Max Perucchi affidata proprio all’inserto “Frontiera”: «L’idea di fondo (di portare i turisti dal Lario al Ceresio, ndr) può essere corretta, la pianificazione dell’idea lo è un po’ meno. Di fatto queste dinamiche sono già in essere. Il lago di Como in overtourism ha fatto sì che Lugano conquistasse nuove fette di mercato, ricordando la tipologia elevata dell’ospitalità della cittadina ticinese. Portare però sul Ceresio attraverso un’iniziativa di promozione mirata un turista che vuole andare sul Lario lo vedo un po’ meno realizzabile».

E’ chiaro che il clamoroso successo in termini di presenze e appeal internazionale del nostro lago nel post pandemia non ha lasciato indifferente il vicino Ticino, che ha visto il bicchiere mezzo pieno soprattutto per gli hotel e le strutture a cinque stelle, segno che in ogni dove il turismo di lusso non conosce crisi. Per il resto, campeggi esclusi, il Cantone di confine ha dovuto guardare dal basso in alto non solo il Lario, ma anche le ammiraglie dell’ospitalità turistica svizzera, a cominciare da Ginevra, che ha chiuso la stagione estiva con un incremento dei pernottamenti del 13,3% su base annua.

Che fare dunque? L’impressione è che diversi operatori turistici ticinesi, pur con una frontiera di mezzo, vogliano guardare “a sud” e dunque al nostro territorio per possibili joint venture, a fronte - per quanto concerne il dialogo “a nord” - anche di problematiche infrastrutturali oggettive come il tunnel ferroviario del Gottardo che garantisce transiti (per il trasporto passeggeri) a ranghi ridotti o per l’annoso tema delle code all’interno di un altro tunnel, quello autostradale che dentro il Gottardo collega il nord e il sud delle Alpi.

Nel frattempo, sul tavolo ha fatto capolino in Ticino anche il tema della destagionalizzazione, per ora poco praticabile, se non per le strutture d’alto livello.

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