Sinigaglia, cauti gli architetti: «Piccole modifiche rispetto alle richieste»

Il dibattito Cosenza: «Accettare sarebbe illogico». Cavalleri: «Confermate le perplessità sull’altezza». Ceruti: «Ma conta la qualità dell’edificio non i volumi»

Como

Prime reazioni alla proposta di “mediazione” inviata dal Como 1907 alla Conferenza di servizi riaperta ufficialmente ieri a Palazzo Cernezzi e fino al prossimo 2 agosto.

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C’è cautela da parte degli architetti che rimandando le decisioni finali alla Soprintendenza. L’architetto Giuseppe Cosenza, già dirigente al Territorio a Palazzo Cernezzi e Villa Saporiti, commenta dicendo: «Sarei sorpreso che la Soprintendenza possa modificare il suo parere nei termini così significativi che vengono ora riproposti dal Como 1907. Manifesterebbero a mio avviso illogicità rispetto al parere rilasciato».

Possibili ricorsi

Una situazione che, secondo Cosenza, rischierebbe di prestare il fianco a possibili ricorsi come aveva già pubblicamente dichiarato in più occasioni, l’ultima delle quali è stato il dibattito sullo stadio organizzato dai Rotary e dai Lions cittadini a metà giugno. Di avviso opposto l’architetto Lorenza Ceruti (nel consiglio direttivo del Maarc) che, fin da subito, si era schierata favorevolmente all’intervento di riqualificazione totale dell’impianto sportivo proposto dal Como 1907 su progetto dello studio Populous, noto in tutto il mondo.

«Credo che siccome sia per l’altezza che per l’arretramento rispetto a viale Vittorio Veneto non ci sia una norma scritta precisa che preveda un limite piuttosto che un altro – spiega – ci sia la possibilità di interloquire. Non mi sembra di aver visto riferimenti normativi alle altezze indicate dalla Soprintendenza e, quindi, non vedo alcun problema in ulteriori approfondimenti».

Poi aggiunge: «Personalmente l’altezza non mi ha mai disturbato poiché a contare è la qualità dell’edificio. Nessun edificio grande mette in ombra uno più piccolo se meritevole. Pensiamo alla Casa Giuliani-Frigerio che si trova tra due palazzi, alla Canottieri e allo Yacht Club, edifici piccoli ma che non spariscono nel contesto. Auspico quindi che il progetto non venga troppo modificato rispetto al primo presentato, ma non ho preoccupazione che ci si possa ritrovare con un brutto edificio poiché parliamo di uno studio di progettisti di alta qualità e la loro esperienza nel settore stadi mi lascia tranquilla».

Dal canto suo l’architetto Elisabetta Cavalleri, già presidente dell’Ordine, procede con cautela: «Quello che noi avevamo detto sulle altezze – commenta – l’ha poi richiesto la Soprintendenza e, come ha detto l’architetto Davide Mantero, i 16 metri indicati non è un numero a caso ma l’altezza massima della tribuna coperta. Posso solo dire che, normalmente, quando la Soprintendenza dà prescrizioni così puntuali, di solito i professionisti ottemperano. Magari si “tratta” su piccole cose. In ogni caso ora rimettiamo tutto in mano alle valutazioni della Soprintendenza».

I vincoli

Ieri con una nota è intervenuto duramente il presidente della sezione comasca di Italia Nostra, l’architetto Darko Pandakovic: «Lo stadio di Como è vincolato dal ministero dei Beni Culturali e pertanto ogni intervento edilizio è soggetto al parere della Soprintendenza, che si è espressa con un dettagliato documento in cui sono fissati alcuni limiti di altezza (metri 16) e di allargamento delle superfici occupate».

Poi aggiunge in merito alla relazione della società Como 1907: «Tali limiti sono ignorati e contraddetti: non si capisce perché. Il decreto “Salva stadi” esonera dal vincolo monumentale gli stadi oggetto di ristrutturazione, per adeguamenti funzionali, sportivi, normativi, qualora l’operatore abbia richiesto tale esonero al ministero dei Beni Culturali: sino ad ora non risulta però che tale esonero sia stato richiesto da parte della società o dal Comune».

E aggiunge: «Le complicazioni avvengono per le “opere di compensazione”, quelle cubature per funzioni complementari da cui si trarrebbero le risorse per l’intervento. Nel progetto proposto, tali opere sono sproporzionate in eccesso, rispetto all’intervento di ristrutturazione dello stadio. Tra negozi, bar, ristoranti, albergo, lo stadio viene “imbottito” a dismisura e diventa quel colosso che ha bisogno di crescere in altezza, allargarsi in planimetria e perdere, soprattutto, qualsiasi qualità architettonica». Opere di compensazione che potrebbero «essere realizzate in altre parti della città».

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