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Domenica 06 Luglio 2025
I libri nemici di potere e complessità
Società I regimi totalitari hanno sempre cercato di limitare gli scrittori per timore dei loro potenziali lettori. Nell’epoca dell’efficienza, riscoprire i vantaggi concreti di leggere è la via maestra per l’indipendenza dei giovani
C’è un motivo se i grandi regimi totalitari hanno sempre cercato di limitare gli scrittori. Lo hanno fatto non per paura dei singoli intellettuali, ma per il timore dei loro potenziali lettori.
Mai come in questa epoca ci si può convincere del valore insito nella lettura in chiave sociologica. Davanti al televisore guardiamo il cellulare. Tra i fornelli in cucina, ascoltiamo musica. Mentre facciamo sport, ci intratteniamo con un podcast nelle orecchie. È diventato troppo difficile pensare di dedicarsi a una singola azione in maniera totale, come se il tempo a nostra disposizione richiedesse un minimo di attività contemporanee per potersi considerare sfruttato appieno. In questa realtà, la lettura è l’unica azione rimasta che necessita un’attenzione completa per essere svolta correttamente. Non si può leggere e nel frattempo fare qualcos’altro. Per leggere ci si deve appartare, si deve intrattenere con il testo un rapporto intimo. Ed è proprio questo rapporto stretto, libero da distrazioni, a essere percepito come pericoloso da chi intende esercitare il potere in maniera autoritaria.
Quello che avviene in pubblico, sui social o persino a casa tua posso controllarlo. Ma quello che pensi in privato davanti a un libro, quando la mente e il corpo convogliano in un letargo immaginativo che permette di sviluppare senso critico, mi è inaccessibile, e quindi può portare a risvolti inaspettati.
Esistere
Formare la propria identità attraverso la cultura consente a qualsiasi individuo di esistere, di avere un ruolo attivo nella società in cui vive. “Esistenza” deriva dal latino “ex-sisto”: porsi fuori. Quindi esistere è uscire, far sapere al mondo che la propria opinione non è manipolabile da nessuna propaganda, ma è materia viva pronta a scontrarsi contro chi la vorrebbe morta e passiva, accondiscendente.
Occorre nutrire una buona dose di diffidenza verso le persone che fanno gerarchia dei libri, che distinguono letteratura alta e letteratura bassa, letture di cui vantarsi alle cene e titoli innominabili per il timore che possano rovinare il proprio profilo intellettuale. La verità è che ci sono momenti in cui è importante Dostoevskij e altri in cui è importante Topolino. Quel che conta davvero quando una persona decide di sedersi e sentire le pagine scorrere sotto i polpastrelli è quell’atteggiamento umile tipico di chi, leggendo, si predispone a cambiare il proprio pensiero senza lasciarsi trascinare dai pregiudizi.
Uno scemo che legge tanti libri diventa uno scemo all’ennesima potenza, perché avrà adottato la lettura non come un mezzo per sviluppare complessità, per mettere in discussione le proprie idee, per imparare a pensare da chi pensa quello che non pensa, ma come fine per trovare conferme a quello che già circola nella sua testa. Il libro è tale quando crea, non quando intrattiene. Quando ti imprigiona nei suoi meandri e ti costringe a mettere in moto i meccanismi del cervello, perché quello è l’unico momento in cui nessuno controlla dove lo sguardo deve spostarsi.
I libri sono nemici del potere quando urlano che non è vero che si può vivere soltanto in un modo, che si può pensare soltanto in un modo, che più in generale si può essere una cosa sola.
Visibilità
In fondo, è guardare il primissimo impegno di chi legge, perché gli scrittori hanno un potere magico: rendere visibile l’invisibile. Quel che si legge si riesce a vedere, nella sua forma più concreta: l’immobilità diventa soltanto un’illusione. Non a caso si parla di “corpo” del testo; una semplice frase scritta su una pagina può innescare le reazioni più disparate. È capitato a tutti di addormentarsi e arrivare in un punto in cui si è lasciata strada al sogno, maturando l’illusione che questo ci abbia ormai incorporato nella sua realtà. E proprio nel momento in cui pensavamo di esserci immersi, ecco che siamo stati svegliati, interrompendo bruscamente l’incantesimo. La stessa sensazione avviene ad un lettore che viene disturbato quando si trova assorto nei grovigli di una storia. Faticherà certamente a riprendere dal punto in cui aveva lasciato il suo sguardo e ritornare in quel luogo dell’immaginazione dove il libro lo aveva introdotto.
Ma forse non è nemmeno questo il modo migliore per avvicinare le nuove generazioni alla lettura. Nell’epoca in cui viene considerato degno di attenzione solo ciò che risulta efficiente, ciò che funziona in termini prestazionali, riscoprire i vantaggi concreti della lettura è la strada più semplice per incoraggiare gli adolescenti all’atto di leggere. La formula è semplice: leggere porta a conoscere più parole, più parole portano a fortificare il pensiero. Tante parole tanto pensiero, e quindi maggiore consapevolezza quando ci troveremo a dover fare delle scelte, a scuola, in un colloquio di lavoro, in un viaggio all’estero. Poche parole e si torna al Neanderthal, ai luoghi comuni, agli slogan, a fidarsi di chi vuole illuderci che esistono soluzioni semplici per problemi complessi, strategie miracolose per diventare milionari, cure dimagranti istantanee, profili con tanti follower per credersi qualcuno. Leggendo, saremo pronti in quel momento. Avremo tenuto in considerazione tutti gli elementi utili, quasi come fossimo dei metal detector, per scegliere il bicchiere giusto, quello che nasconde la pallina e ci porta tante soddisfazioni.
Solo così il libro diventa sintomo alternativo. La testimonianza di una scoperta che si chiama identità.
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