Il tiramisù figlio del Risorgimento, con un ingrediente lariano

Il 1° e il 3 dicembre incontri (con assaggi) per scoprire la storia della contessa di Treviso Giuseppina Tiretta, che già preparava il dolce simbolo della cucina italiana nell’Ottocento. Amica della comasca Bonizzoni, tentò invano di salvare Luigi Dottesio dagli austriaci. Si procurava il mascarpone sul lago di Como

«La mia trisnonna Giuseppina Tiretta ha inventato il tiramisù come dolce patriottico, per unire simbolicamente le regioni del Nord Italia. E un ingrediente se lo procurava sul Lago di Como».

Quando il 10 agosto 2020 giunsi al Museo del Risorgimento di Solferino e San Martino sulle tracce di familiari e amici di Luigi Dottesio, “Il contrabbandiere di libri” cui avrei poi dedicato l’omonimo romanzo storico edito da Tipografia Helvetica, l’addetta stampa Elisa Zanola mi suggerì di contattare l’unica persona che prima di me era stata lì a chiedere di Giocondo Bonizzoni, figlio di Giuseppina Perlasca, compagna di vita e di imprese del Dottesio. Mi anticipò che Silvio Ghedin aveva tanti aneddoti da raccontare, ma mai avrei pensato che mi potesse regalare una nota dolce da inserire in un libro che non poteva che avere un finale amaro, visto che il protagonista fu impiccato a Venezia, divenendo un martire della libertà di stampa. Ora è giunto il momento di sdebitarsi non solo, e non tanto, nei confronti di Ghedin, quanto piuttosto verso i protagonisti dell’incredibile storia di cui è custode e che lega a doppio filo Treviso e il Lago di Como, tra patriottismo e gastronomia. Grazie alla collaborazione di Slow Food Como, venerdì 1° e domenica 3 dicembre alle 20.45 la approfondiremo alla Pasticceria Fuin, con tanto di assaggi (restano solo posti per domenica, prenotabili a questo link: https://forms.gle/c1kGC76ciHAaCCSV7 - per info scrivere a [email protected])

Quando si parla di “invenzione del tiramisù”, in Italia si entra in un campo minato, poiché diverse regioni, in particolare Veneto e Friuli, Venezia Giulia, si contendono la primogenitura del dolce simbolo della nostra cucina nel mondo . La storia ufficiale, però, continua a fermarsi al Novecento, come è avvenuto anche lo scorso 15 novembre nel programma Rai “Geo”. In quell’occasione l’esperto di gastronomia Renato Grando ha citato come antenato il “Dolce Torino” codificato da Pellegrino Artusi ne “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” (1891), per poi passare ai due locali che si sono proclamati “culle” del “vero tiramisù”. Uno è “Al Vetturino” di Trieste, dove Mario Consolo inserì nel menù dal 1939 la “Coppa Vetturino” - ma l’aveva inventata come cuoco in Marina nel ’35 - chiamata familiarmente “Tirime su” dai suoi clienti. Rispetto alla ricetta poi divenuta “classica” prevedeva la panna al posto del mascarpone. Quest’ultimo appare, invece, nella preparazione messa punto da Alba Campeol al ristorante “Le Beccherie” di Treviso tra il 1955 e il ’72. Lì lo chiamano “Tiramesù” e il 15 ottobre 2010 hanno depositato la ricetta con atto notarile all’Accademia Italiana della Cucina per cercare di chiudere la contesa.

Ma, come ha detto lo stesso Grando in tv, il più popolare dei dolci italiani nacque non nei ristoranti, bensì nelle case. Forse anche in quelle “chiuse”, considerando che a Treviso si narra della tenutaria di un bordello che già tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento lo avrebbe offerto ai suoi clienti, per rinvigorirli prima di tornare dalle legittime consorti. Di sicuro si usava a casa della contessa Giuseppina Tiretta (Treviso 1829 - Firenze 1917), che nella vicenda di Luigi Dottesio ha avuto il ruolo più importante dopo la sua compagna, incarnando l’adiuvante che ha fatto di tutto per aiutare l’amica comasca Bonizzoni a salvare l’ amato dalla forca austriaca.

La fonte che porta Ghedin a sostegno dell’“invenzione” della trisavola è assai autorevole: lo scrittore Giovanni Comisso (Treviso, 1895-1969), nipote della Tiretta. In un articolo pubblicato in un opuscolo su “L’arte del gusto” di The Venice International Foundation, lo storico delle arti e professore universitario Manslio Brusatin, ricorda che «la nonna di Giovanni Comisso [...] era addirittura una devota del tiramisú (anzi originariamente tirame-pausa-su, come lei ha sempre chiamato questo dessert), che era la sua esclusiva cena invernale (anche l’ultima)». E si sofferma sugli ingredienti patriottici, abbinati al caffè importato da Venezia: «I savoiardi evocavano più simbolicamente e patriotticamente l’annessione del Veneto all’Italia dei Savoia», mentre alla Lombardia alludeva «il formaggio chiamato mascarpone», che «proveniva invece da Abbiategrasso ma anche da Lodi, Como e Lecco». Gli amici comaschi della Tiretta facevano da corrieri, a quanto pare, non solo di libri, ma anche di pietanze locali.

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