“Legàmi”, un dialogo fra due generazioni

Mostre Nello spazio di Omea yoga a Como l’esposizione vede protagonisti Nicola e Michelangelo Salvatore. L’estetica intrecciata di padre e figlio unisce dipinti e opere scultoree, indagando il rapporto uomo-natura

Il fascino sottile della levità dimora nelle opere di Nicola Salvatore e di suo figlio Michelangelo esposte nella mostra “Legami”, a Como, nello spazio di Omea yoga. Un incontro felice quasi un dialogo muto fra due generazioni di artisti comaschi intimamente connessi alla natura che esplorano il proprio immaginario tra identità e memoria. Sculture di balene e dipinti accesi dai colori primari raccontano due universi paralleli in cui l’umana avventura si nutre del fuoco sacro per l‘arte che diventa condivisione di intenti pur nelle differenze.

Nicola Salvatore, classe 1951, che vive fra Como e Marrakech, ha realizzato nel suo buen retiro marocchino le sculture recenti in cui riaffiora l’amato cetaceo. Le piccole balene, che sono il Leitmotiv della sua ricerca, si cullano insieme nei grandi cerchi leggeri di acciaio di una poetica installazione sospesa che accoglie il visitatore. Le troviamo ancora disposte su un blocco di legno marrone, dal taglio geometrico, retto da un paio di basamenti in ferro dalle sembianze di pietre. Qui fanno bella mostra di se e sfilano, come in una vetrina scientifica, la megattera, il capodoglio e altri cetacei tutti da scoprire. Mentre “Balena nella roccia” è la monumentale scultura in resina gialla e ferro in cui il gusto dell’homo ludens caro a Nicola Salvatore regna sovrano. Da notare anche l’orizzonte ribaltato, su un’asta di acciaio poggiata a terra, in cui la balena naviga in verticale. Grandi e piccole dimensioni, contrasti dialettici di materiali, forme arcaiche della memoria che si fanno segno rientrano nelle opere recenti dell’artista che in questo spazio, dedicato al benessere del corpo e della mente, si confronta con vari legami.

Connessioni

«La mostra – dice Nicola Salvatore- sottolinea l’importanza della relazione tra uomo e natura ,esplora la connessione tra la forma artistica e il respiro vitale e invita i visitatori a rallentare il ritmo frenetico della vita quotidiana e a riflettere sulla propria esperienza, suggerendo di ascoltare il proprio corpo e di nutrire l’ anima con esperienze artistiche e culturali in un ’atmosfera calma e contemplativa».

Una sorta di empatia abita nella ricerca del maestro, d’origine campana, già titolare della cattedra di pittura all’Accademia di Brera a Milano dove ha dato vita all’esperimento didattico Trattoria da Salvatore, un connubio inedito tra arte e cibo, studenti e intellettuali, pittori e scultori. Questo senso mediterraneo della cultura, insito nella sua forma mentis, diventa spesso metafora di un convivio o meglio di un simposio che è anche nutrimento per l’animo.

Michelangelo Salvatore, classe 1980, è nato a Como dove vive e lavora, e ha respirato arte sin dalla tenera età. Si è laureato in comunicazione multimediale all’Accademia di Brera a Milano, ma subisce da sempre il fascino della pittura che pratica in modo autentico e genuino. E in questa mostra comasca spazia nella produzione degli ultimi anni e nelle opere realizzate per l’occasione.

Connubio felice

I nuovi dipinti racchiudono pezzi di design e opere d’arte contemporanea in un connubio felice. Queste tele, oltre al segno grafico caratteristico, recano la poesia di una pittura minuta, i tratti per certi versi Pop e il gusto di un artista dei nostri giorni che ha perseguito la propria strada andando controcorrente. Tra i soggetti vi sono la poltrona di Radice e Gallotti sovrastata da una scultura di Aldo Mondino, l’iconico divano in pelle di Frau con una lampada di Ingo Maurer, un tavolo di Ico Parisi che regge il cavallo scolpito di Mimmo Paladino e la celebre poltrona di design postmoderno di Alessandro Mendini, intitolata Proust, con la Ruota di bicicletta di Marcel Duchamp. Pezzi iconici, ma anche presenze familiari con le quali l’artista comasco ha convissuto.

Non mancano i rimandi ad altri suoi cicli pittorici, come i fiori tanto amati, esposti ad Orticolario. In fondo alla sala campeggia una grande tela, di 2 metri per 2 metri, con un meraviglioso iris che risalta su uno sfondo rarefatto dalle tonalità dell’arancio. Mentre un dipinto verticale di grandi dimensioni, all’ingresso, rappresenta un gorilla. Il medesimo soggetto viene ripreso nelle piccole sculture giocose in bronzo, poco distanti, messe in cerchio per sottolineare il legame insito tra loro. Un ritratto dedicato a Damien Hirst, proposto in versione ricamata, ci rimanda alla serie fortunata sui protagonisti della scena contemporanea: artisti, critici e collezionisti.

Una pittura che ricorda Matisse e i Fauves per i colori, la Pop art, ma anche il segno grafico dei writer e altro ancora. Se le sculture di Nicola Salvatore manifestano il legame profondo e viscerale con la natura, i dipinti di Michelangelo rivelano una visione della realtà in cui lo sguardo dell’infanzia non smette di regalare emozioni. Il senso delle radici e le suggestioni ancestrali convivono con il candore di un mondo in cui domina lo stupore.

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