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Giovedì 22 Maggio 2025
L’omaggio di Venezia al re delle Polaroid
Mostre Le Stanze della Fotografia ospitano i mosaici di Maurizio Galimberti, tra “ready made” e lezioni di Calvino. L’artista lariano espone in contemporanea con Mapplethorpe. «Dialogo con lui, esce la mia parte più sperimentale»
Venezia, dopo Berlino, rende omaggio al fotografo comasco Maurizio Galimberti. Classe 1956, l’artista affianca un gigante come Robert Mapplethorpe a “Le stanze della Fotografia” sull’Isola di San Giorgio con la mostra “Tra Polaroid, ready made e le Lezioni americane di Italo Calvino”, curata da Denis Curti al pari de “Le forme del classico“ del fotografo newyorkese. Uno al pian terreno dello splendido palazzo sull’isola (Mapplethorpe) e l’altro a quello superiore (Galimberti).
Un 2025 da incorniciare
«È un anno indimenticabile», afferma. «Mi trovo a esporre in contemporanea - aggiunge - alla Fondazione Helmut Newton a Berlino e qui a Venezia. Non solo nella stessa sede di Mapplethorpe, ma anche in dialogo con lui per espressa volontà del curatore Curti, che mi ha spinto a tirar fuori la parte più sperimentale e intima della mia ricerca, andando oltre i ritratti e le architetture “ready made”, affrontando anche pagine di storia e momenti iconici dello sport».
Cosa siano i “ready made” con la Polaroid lo spiega lo stesso Galimberti ai non addetti ai lavori: «Utilizzo e rileggo immagini già realizzate da altri, creando mosaici di scatti fotografici in sequenza, cercando di farne un insieme armonico, di particelle musicali, e al tempo stesso dinamico, ispirandomi al futurismo di Boccioni e al filone dadaista e surrealista di Duchamp, che ha dimostrato come anche un gabinetto possa essere trasformato in opera d’arte».
Poi spiega anche il riferimento alle “Lezioni americane” di Calvino, parafrasando un suo passaggio: «Le vie aperte possono essere due: riciclare le immagini usate in un nuovo contesto che ne cambi il significato oppure fare il vuoto per ripartire da zero». Con un grande rischio: «Se guardo il mondo con due occhi non vado da nessuna parte, sono solo banale. Se invece unisco il mio sguardo a quello di chi mi ha preceduto - fotografo, scrittore o pittore - in un altro contesto, allora creo davvero qualcosa di nuovo, anche in termini di significato».
Galimberti è internazionalmente riconosciuto come “instant artist”, fotografo e creatore del “Movimento Dada Polaroid”. Si è affermato nel panorama artistico grazie alle composizioni a mosaico, opere nelle quali il soggetto viene scomposto in numerosi scatti, corrispondenti a diverse prospettive, e ricomposto in un’immagine sfaccettata, matematica nel suo rigore e musicale nell’armonia d’insieme. La sua notorietà viene dai ritratti di star come Lady Gaga, Robert De Niro, Johnny Depp e Umberto Eco, oltre che da pubblicazioni e mostre “site specific” su New York, Parigi, Milano, Roma e Venezia.
Proprio nell’isola di fronte a San Marco il fotografo comasco espone alcuni tra i più iconici mosaici – ci sono anche Sting, Barbara Bouchet e Angelica Huston – accanto a lavori più recenti, alcuni dei quali inediti, come quelli dedicati alla cantante Taylor Swift («su esplicita richiesta del curatore», afferma). Galimberti dal lontano 1983 usa quasi esclusivamente la Polaroid, che apprezza per l’immediatezza del risultato e per la possibilità di “manipolazione”, dando vita a mosaici fotografici. Il suo linguaggio espressivo mescola una sensibilità per l’immagine contemporanea a influssi derivati dalle avanguardie storiche (« futurismo e cubismo per le forme e lo spirito, surrealismo e dadaismo per i modi»).
Come osserva il curatore Denis Curti, «i suoi lavori non mirano a riprodurre fedelmente la realtà, ma sono l’esito di un’indagine del visibile, un’operazione di scomposizione del mondo che trova nella fotografia lo strumento ideale». Il percorso espositivo della mostra si articola in sei sezioni: “Cenacolo”, “Storia”, “Sport”, “Ritratti”, “Taylor Swift” e “Luoghi”, ognuna delle quali presenta una diversa sfaccettatura del suo lavoro e del suo approccio alla fotografia.
Le creazioni, caratterizzate da una visione frammentata della realtà, sono scomposte e ricomposte come in un mosaico, offrendo una riflessione profonda sulla percezione e la molteplicità dei punti di vista.
«Mi sento laghèe»
La mostra veneziana di Maurizio Galimberti resta aperta fino al 10 agosto, con l’artista che continuerà a dividersi tra la città lagunare, Monza (dove vive) e tanti altri posti, tra cui l’amato Lario. «Sono nato alla maternità di via Paoli, a Como, abbandonato al brefrotrofio e poi adottato a 5 anni da una famiglia di Meda», ricorda. «Ora - conclude - vivo in Brianza, ma sono legatissimo al lago. I miei figli sono nati a Como e mi concedo almeno due giri a settimana tra Moltrasio, Carate, Menaggio e Bellagio, se possibile in moto. Il lago è casa mia e lo amo follemente, la sua acqua è la mia pelle e mi sento “laghèe” fino in fondo all’anima».
Fotografie e ricordi, cartoline di Natale
che mi hai inviato:
è questo tutto ciò che ho per ricordarti.
Ricordi che vengono
di notte
Mi portano in un altro tempo, di nuovo
a un giorno più felice, quando ti chiamavo mia
Jim Croce
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