Michele Vannucci a Como: “Il mio western sulle rive del Po”

Cinema Il regista ospite domani sera dello Spazio Gloria per la proiezione del suo film “Delta”

Un cinema di resistenza e immersivo, ambientato in un paesaggio ai confini, suggestivo, disarmante, capace di scuotere, connettendo il passato al presente. E lì andare a sorprendere ogni volta. La missione artistica di Michele Vannucci, regista romano, classe 1987, segue ormai questo percorso fin dal primo lungometraggio, “Il più grande sogno”, con Alessandro Borghi e Mirko Frezza, dove raccontava la borgata, personaggi veri, e una dimensione narrativa atipica, rappresentata, però, in modo raro. Sfida, attenzione, che si è spostato anche nel secondo progetto, “Delta”, che lo stesso regista presenterà domani sera, lunedì 5 febbraio, alle 21 presso lo Spazio Gloria di via Varesina a Como. Un film incastonato nello scenario del Delta del Po, in cui racconta lo scontro-incontro tra bracconieri e pescatori: da un lato Osso, interpretato da Luigi Lo Cascio, impegnato a difendere il proprio territorio-fiume dalla pesca “selvaggia” di una famiglia in fuga dal Danubio, i Florian, e nel quale c’è Elia, ancora Alessandro Borghi. Sarà l’inizio di un percorso in cui, affrontandosi, scopriranno la loro natura.

Cosa ha scoperto stando dietro la macchina da presa?

Che la regia è un processo di esplorazione, come la sceneggiatura, ecco perché il film è diventato una sorta di canovaccio: le indicazioni di azione venivano dagli stessi attori, anche non professionisti, loro vivevano la scena e noi vedevamo cosa accadeva.

Un approccio che ripropone anche in Delta...

Mi piacciono quei film in cui l’autore è in ascolto di qualcosa che poi accade, ma che non cerca di provocare, cercando di dare una lezione allo spettatore. E anche in Delta il processo è stato il medesimo, partendo del lavoro con le comunità. È un racconto di due identità che si spezzano e scoprono la parte più bestiale, in questo è un western.

Perché proprio il Delta del Po?

C’è sempre una grande fascinazione nei confronti di quei paesaggi fluviali, come se in Italia esistesse ancora la frontiera, quasi da paesaggio west, uno spazio non antropizzato, piatto, ma che va dritto però per chilometri, ed è estraniante. Ho scoperto un posto che sembrava scomparso dopo gli anni ‘50 e ‘60, visto prima nei film di Visconti, Rossellini, ritrovato dopo grazie a Carlo Mazzacurati: ecco perché mi interessava ricreare un immaginario.

In questa avventura ritroviamo Alessandro Borghi tra i protagonisti.

Esistono per fortuna dei rapporti lavorativi e d’amicizia, nei quali si perdono i confini, si cresce insieme, ed è un modo molto bello di abitare il proprio mestiere. Ecco con Alessandro è successo così, ci conosciamo da oltre dieci anni, era il 2012, l’anno del mio diploma presso al Centro Sperimentale, è un attore incredibile.

E riguardo a Luigi Lo Cascio?

Una scoperta. In questo caso fa un lavoro straordinario, una cosa diversa, mai vista nella sua carriera, si è rapportato con grande generosità. Alla fine è entusiasmante vederli recitare insieme.

Qui ha sempre lavorato realizzando prima delle interviste: quanto sono importanti?

L’unico modo per avvicinarsi al soggetto è farsi raccontare la realtà, sentirne i suoni, ma qua abbiamo fatto ricerca, documentazione, stando circa tre anni sul campo. Vede, per come sono fatto io, ho bisogno di conoscere e immergermi, non solo a livello figurato, nelle situazioni e personaggi che poi vado a narrare.

Cosa c’è nella sua formazione di autore?

Il cinema americano degli anni ‘70, la New Hollywood, ma ho sempre cercato di vedere tanto, e scordare ancora di più. La chiave è creare qualcosa di tuo, approcciandosi attraverso uno sguardo pulito. Parlando con Marco Falciano, a cui Delta è ispirato, mi è venuto un in mente un film che amo, Pat Garret e Billy Kid, e il film è nato, non esisteva finché non c’era un mio sguardo di narrazione. C’è una frase di Rainer Fassbinder, che “i film liberano la testa”, ed è così anche per chi scrive, è qualcosa che ci libera dai pesi che ci portiamo dentro. A volte entri in racconti più oscuri, a volte con più luce, il sentimento di liberazione però è impagabile, è il motivo per cui vivo questa vita.

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