
Cultura e Spettacoli / Como città
Martedì 06 Maggio 2025
«Un fragile vecchio stampo nell’italia del dopoguerra»
L’intervista allo scrittore Leonardo Gori, in libreria con “Il vento di giugno”, ambientato a Roma nel 1946. Il referendum tra monarchia e repubblica si unisce alla missione quasi impossibile del capitano Bruno Arcieri
È il 1946 e l’Italia è alla vigilia del voto che deciderà il destino del Paese, il vento di guerra si è placato ma la popolazione è affranta, tra rovine morali e materiali e un senso di sgomento, in un tempo sospeso che segue quello segnato da follia, dolore e sangue.
Il referendum tra monarchia e repubblica è a un passo, e il capitano Bruno Arcieri, protagonista seriale dei romanzi di Leonardo Gori, si trova coinvolto in una missione quasi impossibile, chiamato in segreto dal suo vecchio Comandante, allontanato dal SIM, il Servizio informazioni militari di cui era a capo, che vorrebbe arrestare lo smantellamento della struttura, trasformata in Ufficio I, da parte di non meglio identificati nemici.
Il nuovo romanzo dello scrittore fiorentino, intitolato “Il vento di giugno”, è un a spy story alla Le Carré con tutti i crismi, una vicenda articolata e complessa che ben descrive lo stato d’animo della Roma post bellica, popolata da spie e doppiogiochisti, fascisti mai pentiti e vittima di un gioco pericoloso in cui sono coinvolti i due fronti alleati vittoriosi, i russi da un lato e inglesi e americani dall’altro, a contendersi le sorti del Paese.
L’autore costruisce con maestria un castello di inganni e tradimenti, e Arcieri mai come questa volta si trova in pericolo, costretto a radunare tutte le sue risorse e i vecchi contatti dal SIM per riuscire a cavarsela e denunciare l’intrigo.
Leonardo Gori, lei è tornato a raccontare il giovane Arcieri, che questa vicenda cambierà per sempre.
Sì, il libro segna lo spartiacque tra l’Arcieri agente segreto e l’uomo nuovo che sta nascendo e più avanti rinnegherà il suo passato di spia, rifiuterà imbrogli e intrighi, diventando in qualche modo più adulto. Lui è una persona emotivamente fragile, un romantico vecchio stampo che, nonostante abbia già 44 anni, con le donne si comporta come un adolescente. Il Comandante lo conosce bene e lo mette in guardia nei confronti di Cristina, la femme fatale del racconto, aristocratica e snob, ispirata alla figura di Cristina Campo, anche se lei non fu a Roma in quel periodo. Cristina è figlia di un nobile decaduto, è innamorata di un famoso poeta toscano ma sposerà il rampollo di un ricco industriale del nord per salvare la sua famiglia
Un personaggio che sembra ispirato a Giovanni Borghi, fondatore di “Ignis”.
Ho pensato proprio a lui, perché Angelo Cantoni produce cucine economiche ed è anche grazie a uomini come questi se l’Italia si è risollevata dopo la guerra. Cristina invece lavora a una rivista letteraria, “Arianna”, che davvero in quegli anni era redatta a Roma e proposta a Longanesi, anche se poi non se ne fece nulla. Il milieu intellettuale era quello, e nel libro cito anche Bobi Bazlen e Natalia Ginzburg
Tutto però prende avvio a Firenze, quando il Comandante chiama Arcieri convocandolo in segreto al Teatro degli Artigianelli. Perché proprio lì?
Innanzitutto perché la mia passeggiata preferita per Firenze ha come itinerario la via de’ Serragli e il Teatro degli Artigianelli, poi per la lirica di Umberto Saba contenuta nel “Canzoniere”, libro che il Comandante regala al capitano. L’ex capo del SIM rivela a Bruno che i suoi “controlli”, gli informatori insospettabili, muoiono uno dopo l’altro in maniera poco chiara, perché qualcuno vuole distruggere la vecchia intelligence italiana. Ma non voglio dare troppe anticipazioni
Il Comandante appare stanco e invecchiato, dando in qualche modo ragione al detto andreottiano “il potere logora chi non ce l’ha”.
Nei precedenti libri, lui è come un console di una provincia romana, un sessantenne carismatico con il fascino che gli viene da una estrema sicurezza di sé. Privato del potere diventa fragile, deluso, arrabbiato. Non credevo che potesse cambiare così tanto, e devo dire che, come sostenevano i vecchi scrittori, sono i personaggi a comandare chi scrive e alla fine i romanzi si fanno da soli
Nel libro ricompare anche Daniele, fascista mai pentito, che però ha sempre difeso e protetto Arcieri, e alla fine risulta simpatico.
Lui morirà fascista, ma è una simpatica canaglia che ama e rispetta Arcieri e come lui non è vittima del servilismo, ora lavora per i sovietici sostenendo che sono i più vicini alla sua idea di fascismo. Del resto c’erano tanti fascismi, da Berto Ricci e Gentile ad Amerigo Dumini c’è molta differenza, lo stesso Ungaretti era fascista, e Daniele rappresenta questa complessità ideologica
Nei romanzi di Arcieri la musica è una costante, il jazz, di cui lui è appassionato, è un leit motiv che dà ritmo alla scrittura.
Certo, Bruno ha una grande raccolta di 78 giri di jazz, che poi viene purtroppo distrutta dall’alluvione di Firenze. In questo libro, in casa dei nobili che lo ospitano, Aimone, il figlio del marchese, gli fa ascoltare i rari “Dial” di Charlie Parker, arrivati in Italia con i soldati americani, che portarono anche i “V-disc”, più commerciali. Le canzoni, qui ho citato nel finale “In cerca di te” e “Cantando con le lacrime agli occhi”, dettano la cadenza del racconto, dando equilibrio
Lei ha pubblicato recentemente un “non Arcieri”, il romanzo “Borgo 8000” ambientato ai giorni nostri: pensa di continuare anche su quella strada?
Può darsi, il libro è stato accolto bene anche dalla critica, ma i lettori continuano a chiedermi: “Quando torna Arcieri?”
© RIPRODUZIONE RISERVATA