In trappola sulla Rete, senza un’identità

I video Si conclude con l’inizio dell’anno “Occhio a”, un percorso realizzato dai ragazzi per i coetanei e gli adulti

Sul web rischiamo di diventare tutti vittime di un’unica grande trappola. L’ha riassunta alla perfezione Gabriele Barreca, educatore e psicologo, nell’ultimo dei video del progetto “Occhio a”, realizzato dai ragazzi del centro diurno della Comunità per minori Annunciata - Fondazione Somaschi Onlus, nel corso di un progetto inserito in MyMap 3D, percorso rivolto a minori coinvolti in reati.

La trappola letale è quella di «affidare ad altri la costruzione della nostra identità», più o meno inconsapevolmente. La ricerca spasmodica di conferme rappresentata dal sexting (lo scambio di messaggi e contenuti a sfondo sessuale), la fuga dal giudizio degli altri che può portare a diventare hikikomori (la condizione di chi compie un vero e proprio ritiro sociale), o ancora la necessità urgente di affidarsi all’approvazione di un’altra persona, anche se è sconosciuta, finendo vittime del grooming (il fenomeno dell’adescamento che porta molti giovani a iniziare relazioni via chat con persone che dicono di essere qualcuno che non sono) concorrono a costituire i sintomi di uno stesso disagio che dal web deriva e nel web prospera.

Nell’ultimo video del progetto “Occhio a” il tema del sexting è il centro di una riflessione specifica, come sempre nei filmati di questo proggetto, arricchita di dati e anche di qualche momento umoristico. studiato per allentare la tensione ed evitare l’effetto “argomento tabù”. Il video porta a conclusione un percorso iniziato ormai sei mesi fa dai ragazzi della Comunità Annunciata.

Il progetto

Quattro video pubblicati sul canale YouTube di Fondazione Somaschi, quattro approfondimenti su quattro “pericoli” della Rete che, per essere evitati, vanno innanzitutto conosciuti e non censurati, come invece si è a lungo tentato di fare. «Oggi parleremo di sexting ma, esattamente, che vor dì?» si chiede l’attore protagonista del video (anche lui uno dei ragazzi dell’Annunciata). Con lui ha lavorato una squadra ben nutrita: tra chi si è occupato di raccogliere i dati per le infografiche del video, chi ha pensato a raccogliere invece le storie di coetanei che abbiano sperimentato sulla propria pelle le “trappole” del web e infine chi ha seguito passo passo la scrittura di questi video, capaci di condensare in pochi minuti un’importante mole di informazioni mirate a creare consapevolezza su temi sensibili.

È così anche nel caso del sexting: «Si riferisce allo scambio di immagini, video o messaggi a sfondo sessuale. Lo scambio avviene sui social network, grazie alle funzioni di chat, ed è una pratica sempre più in crescita in particolare tra gli adolescenti e i giovani». Lo stecchetto comico che vede uno dei ragazzi coinvolti nel progetto mostrare ironicamente le “pere”, mettendosi i frutti sul petto, a uno sconosciuto dall’altra parte del cellulare riassume bene lo spirito di “Occhio a”. Un progetto che non vuole semplicemente fare informazione sui pericoli del web, ma creare anche partecipazione da parte di chi li guarda.

Strumenti ed emozioni

«Noi stessi adulti usiamo i social in maniera inconsapevole - specifica Jonathan Tupputi, educatore che ha guidato i ragazzi - e quindi questi temi sono molto più vicini a noi di quanto pensiamo. Come educatori, ci siamo convinti che però l’educazione al digitale non possa essere separata da un’educazione dei ragazzi alle loro emozioni: non è il sexting il problema, per esempio, ma come tu ti confronti con questo strumento di dimostrazione e ricerca di affetto. I social non sono altro che questo: strumenti potentissimi in grado di attivare le nostre emozioni. Conoscerle e conoscere questi strumenti sono due passi fondamentali per crescere con consapevolezza».

Temi ancora più urgenti se pensiamo a come sempre più la Rete finisca per dare forma e sfogo a quello che proviamo, ai nostri desideri, alla nostra stessa immaginazione. La risposta però non può essere l’astinenza dai social, né tantomeno una bulimia di contenuti: «Il progetto MyMap 3D si occupa principalmente di legalità, perché sui social possiamo anche diventare responsabili di azioni e comportamenti illegali, come il revenge porn, ma la cosa che ci ha stupito, al termine del percorso, è stato vedere l’interesse dei ragazzi per il progetto del 2024. Si sono iscritti, vogliono partecipare e questo per noi educatori conta più delle views o della diffusione che i video potranno avere. Il processo che ha portato a quei quattro video li ha cambiati, ha cambiato anche noi».

Views e numeri ancora bassi, principalmente perché i ragazzi stessi si vergognano, come racconta Jonathan, a diffondere i video: «Loro sono fortemente coinvolti: non solo perché figurano come autori e attori di un progetto realizzato in un centro per minori e con focus su quei minori che hanno commesso reati, ma anche perché alcune delle storie raccontate nei video le hanno vissute sulla loro pelle». Ma “Occhio a” non è qualcosa che possa restare passivo nell’etere, anzi è il risultato di un percorso che vuole, prima di tutto, creare dibattito.

«Lo porteremo nelle scuole - conclude Jonathan - sempre con questo binomio: emozioni e digitale. Le due cose non possono essere slegate, se davvero vogliamo educare ed educarci».

© RIPRODUZIONE RISERVATA