La lotta ai rifiuti_ «Una battaglia sempre più dura»

Riciclo A Maslianico e Erba volontari al lavoro: «Ma normative e modi di produzione ci ostacolano»

Una Terra che non dà più alcuni frutti, dove il clima è insostenibile e i rifiuti dilagano, laddove prima c’erano solo fiori. È lo scenario apocalittico a cui potremmo andare incontro se l’obiettivo 12 dell’Agenda 2030 dell’Onu, che mira a una produzione e a un consumo responsabile e sostenibile, venisse disatteso. È necessario un cambio di rotta verso il riciclo e la maggior differenziazione dei rifiuti per salvare il pianeta e la nostra vita su di esso. Non ha dubbi Salvatore Reina, socio fondatore e vicepresidente dell’associazione Lambienteinvita, da più di 20 anni attiva per agevolare la raccolta differenziata e il recupero dei materiali nella piattaforma ecologica di Maslianico. Tra i primi a puntare forte sulla sensibilizzazione, nel luogo più idoneo possibile, i volontari vedono, oggi, una serie di complicazioni che suonano come un campanello d’allarme.

«È sempre più difficile, in certi casi, fare un lavoro corretto - spiega Reina - Se per una bottiglia di vetro con il tappo di alluminio è semplice separare i due materiali, risulta molto complicato differenziare gli oggetti più complessi. Una volta si poteva recuperare la lana o il cotone dai maglioni, o il legno dai mobili. Adesso non esistono rifiuti pregiati: non si trovano più i tessuti puri e il legno è impregnato di colle. Serve attenzione anche a come vengono prodotti gli oggetti. Se il riciclo e il riuso sono complessi da mettere in pratica, il rischio è che si venga sommersi dai rifiuti». Un nodo reso ancora più ingarbugliato dalle normative, che negli anni si sono fatte sempre più stringenti e limitanti. «Un tempo potevamo operare in discarica, separando i materiali - prosegue Reina - Ora non è più possibile togliere parti dall’intero. Nella vicina Svizzera, a Mendrisio, è possibile accedere alle piattaforme e prelevare ciò che serve e che può essere riutilizzabile. Da noi è illegale. Rispetto a 20 anni fa tutto si è inasprito. Non è questa la direzione se si vuole fare qualcosa per il pianeta».

Difficoltà riscontrate anche dagli erbesi Trapeiros di Emmaus, che si occupano di recupero e riutilizzo di materiali, anche grazie alla forza lavoro delle persone ospitate all’interno della comunità di accoglienza dell’associazione. «Ci facciamo carico dello sgombero di appartamenti, solai e cantine, recuperando tutto ciò che si può utilizzare - racconta Massimo Resta - Negli ultimi anni, però, facciamo più fatica. Da un lato perché, pur facendo un lavoro nobile, siamo costretti a pagare per lo smaltimento, dall’altro perché, sempre più spesso, nella nostra provincia ci vengono proposti materiali da eliminare, impossibili da recuperare».

È necessario, dunque, trovare il modo di ridare colore a un panorama grigio e avvilente, che minaccia sempre più il nostro futuro. L’associazione Trapeiros di Emmaus ci sta provando cercando una spinta dall’alto.

«Abbiamo interpellato i nostri parlamentari in Europa - prosegue Resta - Abbiamo posto l’accento sul fatto che molti migranti vengono in Italia non a causa della guerra, bensì perché non hanno più risorse. Purtroppo, il tema non sembra essere particolarmente sentito. Mancano le intenzioni per un cambiamento in breve tempo». E Reina lancia l’appello: «Rallentiamo e capiamo qual è la direzione da seguire per non essere sommersi dai rifiuti. Ripartiamo dai piccoli centri di raccolta, che funzionano bene. Poi, però, è necessario studiare un modello virtuoso su scala più grande».

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