Roberto, già cinque anni. Impossibile dimenticarti

L’anniversario Accompagnava i malati, accoglieva chi è in difficoltà. La sua lezione resta vivissima nella memoria di chi gli è stato accanto

Como

Il sorriso capace di infondere coraggio, la generosità infinita per gli ultimi, i più bisognosi. Che cosa ci resta di don Roberto a cinque anni dalla scomparsa?

«Per noi ha sempre fatto tanto – ricorda Massimo Vendramin, impegnato con il don Guanella e la Caritas all’ambulatorio per poveri Casa Santa Luisa di via Rezia – andava in Pronto soccorso, veniva chiamato direttamente dagli ospedali. Don Roberto era un vero riferimento, del resto conosceva nomi e cognomi delle persone bisognose di assistenza medica, finite per chissà quali motivi nei reparti d’emergenza. Arrivava prima della Croce Rossa, faceva la spola, trasportava i malati, li portava dai nostri medici, qui dalla dottoressa Novella Del Sordo. Sapeva dove si rifugiavano gli stranieri appena arrivati, andava a trovarli, ad assisterli. Stava veramente con gli infermi, dentro al Sant’Anna e al Valduce. Il maggior numero erano profughi che gravitavano attorno a San Rocco, finiti male dopo liti, bevute e scazzottate. Caricava in macchina gente con la scabbia, tossici, positivi, sbandati feriti. Era un impegno da mezzanotte a mezzanotte, sette giorni su sette. Con due mezze giornate di pausa che trascorreva ogni settimana al Bassone, in compagnia dei carcerati. Ricordo che faceva anche il turno la notte nella zona di Lomazzo per strada, per aiutare le donne vittime della tratta. E poi già all’alba senza sosta era pronto a portare la colazione a chi aveva fame. Era fatto così, tutto per gli altri e niente per se stesso».

Don Roberto Malgesini si curava soltanto del prossimo. «Ero la sua dottoressa, il suo medico di medicina generale – racconta Novella Del Sordo - con lui ero impegnata nell’ambulatorio per poveri e stranieri, che ancora oggi portiamo avanti insieme a un gruppo di colleghi volontari. E’ vero, non si faceva mai curare. Ricordo che ogni tanto mi raccontava di essere sul punto di svenire tanto era stanco, ma che non aveva trovato il tempo la mattina di mangiare latte e cornetto. Non si riguardava, la sua forza era il grande amore che provava per gli altri. Aveva un sorriso capace di infondere a tutti coraggio, qualsiasi fosse la situazione. E comunque io penso che in qualche misura lui sia ancora qui, con noi. Il bene che ha fatto non è solo un ricordo, è un dono. Aveva una grande umanità e una grande umiltà. Anche se pure è vero non riusciva a pensare anche a se stesso. Per il nostro ambulatorio è stato una colonna, conosceva tutti i bisognosi per filo e per segno, andava a prenderli e li aiutava, controllava i malati in ospedale».

A Garzola, nella piccola casa vicino al santuario della Santissima Trinità, c’è chi continua a seguire quella strada. Il progetto Briciole, pur con numeri piccoli, prova ad accogliere persone bisognose. «In maniera diversa mi piace pensare che facciamo un piccolo pezzo di ciò che ci ha insegnato – dice Don Maurizio Uda – accogliamo chi è in difficoltà. Ho conosciuto don Roberto ben prima del suo impegno teso all’accoglienza, durante il suo cammino pastorale. Il modo in cui si è sacrificato per gli altri racconta chi è stato e cosa pensava, come con concretezza ha attuato il Vangelo. Don Roberto però a Como ha lasciato un segno importante. Scoperto tardi purtroppo, dopo quella tragica morte che ha fatto tanto rumore, quando invece prima la sua azione da vivo era poco ascoltata. Ne sentiamo la mancanza. In città capace di dare tanto c’era lui soltanto, aveva una disponibilità totale per l’ultimo sostenuto da un amore pieno e umano. E forse oggi ci resta solo don Giusto».

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