San Valentino: un affare di cuore (e di rispetto)

Noi e gli altri Educare all’affettività e all’emotività è un processo che coinvolge bimbi, adolescenti e adulti

«Ogni essere umano può provare 70 emozioni differenti a diversi livelli di intensità. È fondamentale essere in grado di comprendere quali sono queste emozioni, qual è lo stimolo che ne attiva una piuttosto che un’altra e sviluppare una competenza emotiva che faccia dialogare tra loro mente, cuore e azione».

Valerie Moretti è psico-pedagogista, ricopre il ruolo di presidente per la cooperativa sociale Attivamente che da anni è impegnata nella formazione e nella promozione della cultura su questi temi.

Educare all’affettività e all’emotività è un processo evolutivo che coinvolge i bambini, gli adolescenti, come gli adulti, è un processo permanente in cui si impara a prendere consapevolezza delle proprie emozioni nel contatto con se stessi e con gli altri.

La domanda fondamentale è cosa facciamo con il nostro mondo emotivo. Come lavoriamo per sviluppare un quoziente emotivo che ci permetta di creare delle relazioni positive con noi stessi e con quello che ci sta intorno.

«Nei progetti e percorsi di educazione all’affettività sono tre i punti chiave su cui si va ad intervenire: conoscere e riconoscere le emozioni, comprendere i comportamenti associati a queste emozioni e farlo in base a sé, ma anche a quello che ci circonda, ovvero imparare a gestire le emozioni all’interno di un contesto. Infatti si intende per buon livello di quoziente emotivo una situazione in cui la persona ha raggiunto il rispetto di se stessa, il rispetto dell’altro e il rispetto di ciò che la circonda che negli adolescenti si traduce in particolare nelle responsabilità delle proprie azioni».

Quando nasciamo in tutto abbiamo cinque emozioni per entrare in relazione: la rabbia, la sorpresa, la gioia, la tristezza e il disgusto.

«Proponendo fin dalla tenera età interventi di educazione all’affettività, al rispetto della persona e all’educazione sessuale, contestualizzati nella corretta fase di crescita e sviluppo emotivo e cognitivo del soggetto, si svilupperanno quelle premesse necessarie alla prevenzione del disagio nelle sue diverse forme. Ad esempio, aiutare i bambini e gli adolescenti a crescere con una corretta stima di sé, li renderà meno vulnerabili al bullismo, all’abuso sessuale e a relazioni abusanti in età adolescenziale».

La famiglia è il primo luogo dove apprendiamo l’alfabeto emozionale e impariamo a reagire ad esempio di fronte alla paura, alla frustrazione, alla sofferenza, schemi che poi riporteremo nell’età adulta. «Negare alcuni emozioni (“Non devi avere paura”... “non sarai mai triste”) o ingigantirle è molto pericoloso. Nelle emozioni bisogna imparare a starci, a convivere anche con quelle negative che la vita adulta ci metterà di fronte».

È questione di allenamento emotivo. Prima si inizia, prima si acquista consapevolezza anche poi nello sviluppare delle relazioni affettive e sessuali sane.

«Spesso i ragazzi e le ragazze quando si parla di questi temi ci dicono che non erano coscienti di trovarsi in una relazione non funzionale o violenta, alcuni non riconoscono comportamenti abusanti come la mancata gentilezza o il controllo della libertà dell’altro o il non rispetto della sua unicità o il rifiuto dell’abbandono. L’adolescenza è una fase di crescita particolarmente adatta alla presentazione di interventi educativi volti allo sviluppo di relazioni sane e rispettose e incentrate sulla risoluzione non violenta dei conflitti. Fare prevenzione è importantissimo, abbiamo docenti nelle nostre scuole sempre più attenti, ma in Italia manca una legge che renda l’educazione all’affettività e all’emotività materia curricolare, come avviene già in molti Paesi europei».

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