Tra emozioni, parole e pensieri. Anche il teatro aiuta a guarire

L’iniziativa All’ospedale Sant’Anna la messa in scena dello spettacolo “Sembrava Inverno”. Un’esperienza fondamentale per la cura del disagio psicologico nelle pazienti oncologiche

Dare voce a certe emozioni e a certi pensieri costituisce anche un atto di cura per sé stessi. Il teatro, ad esempio, può essere una forma di espressione utile per le donne che stanno affrontando il difficile percorso della malattia oncologica. All’ospedale Sant’Anna, grazie al contributo dell’associazione Tullio Cairoli, alcune pazienti hanno partecipato alla messa in scena dello spettacolo teatrale “Sembrava inverno”, con la regia di Elisa Carnelli.

L’iniziativa si inserisce all’interno del “Percorso Rosa” che vede la presa in carico della paziente da parte di un’equipe multidisciplinare. L’attenzione alla donna si concretizza, inoltre, in una serie di servizi e progetti specifici, realizzati anche grazie ai volontari della Tullio Cairoli, di cui è presidente Monica Giordano, primario dell’Oncologia del Sant’Anna. Tra i progetti attivi, grazie alla presenza delle psico-oncologhe Paola Zavagnin e Pierluigia Verga, quello di Mindfulness e il gruppo di auto-mutuo-aiuto “500 Gialla”.

Il progetto, durato due anni, che ha portato alla messa in scena dello spettacolo “Sembrava inverno” è nato proprio all’interno del percorso di cure integrate in ambito oncologico. «La Drammaterapia – spiega Paola Zavagnin, psico-oncologa - consiste nell’uso sistematico di processi teatrali, sia per la prevenzione e la cura del disagio psicologico, sia per lo sviluppo delle risorse creative nel rapporto con il proprio sé e con gli altri». Attraverso i processi drammatici, immaginativi e narrativi propri del teatro, ciascuno ha la possibilità di riattraversare in modo creativo la propria condizione, allontanandosi da rigidi schemi di comportamento, per scoprire nuovi modi di trasformare la propria realtà e migliorare la propria condizione.

Non bisogna mai sottovalutare la sofferenza psicologica delle pazienti che affrontano un tumore. I cambiamenti fisici legati alle terapie, ad esempio, possono influire sull’accettazione della propria immagine. Il percorso di cura, inoltre, può essere caratterizzato da una minore autonomia, ma anche da una forte incertezza per il futuro. Ecco perché il sostegno psicologico, grazie ad esperti, ma grazie anche allo scambio con le altre pazienti, è fondamentale. E il teatro, come detto, può essere terapeutico.

«Nel dramma divento un personaggio, sebbene sentimenti, emozioni e pensieri somiglino straordinariamente a quelli della vita reale – aggiunge -. È un gioco, ma ci permette di incontrare delle nuove forme dell’essere. E il gruppo, inteso come contesto non giudicante, permette e custodisce questa ricerca». “Sembrava inverno” ha rappresentato così il tentativo di elaborare ciò che una donna vive quando si inoltra nei territori della malattia oncologica. «Il gruppo della “500 gialla” ha deciso di raccontare – dice ancora Zavagnin - Perché il racconto, in qualunque sua forma, mette in fila le cose, permette una storia, favorisce l’emergere del significato, e qualche volta anche di un possibile senso».

I temi sono tratti dall’esperienza condivisa delle pazienti, che anche durante la pandemia hanno dedicato tempo e energie al progetto. La produzione dei testi è originale, sviluppata all’interno di un percorso di scrittura creativa che è stato propedeutico al laboratorio di teatro, lo spazio in cui le pazienti hanno messo in scena quei testi lavorando sul movimento, sulla voce, sul corpo. La prima dello spettacolo è andata in scena lo scorso 8 maggio (i fondi sono stati destinati all’associazione Tullio Cairoli) ma le pazienti sono già pronte a una replica il prossimo settembre. «La visione dello spettacolo – conclude la psico-oncologa, che si occupa della conduzione del gruppo “La 500 gialla” e del protocollo di Mindfulness - ci distoglie dall’ordinario, dai ritmi indiavolati delle nostre giornate, dal pensiero di superficie, ove tutto, alla fin fine, è pianeggiante, un po’ appiattito e visibile. Qui no, qui si va per montagne e vallate, la fatica è ad ogni passo e il pericolo, anche se non sempre evidente, è messo in conto».

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