Un ponte tra Italia e Sud America: così rinascono i campesinos

La storia La Fondazione Carlo Novarese non fa beneficenza ma offre occasioni di sviluppo. Il caso di una comunità nel nord est del Brasile: dall’oro blu alla nascita di un nuovo mercato

«Il mio nome è Claudio Santana e abito nel Sertao della Bahia nella comunità di Quilombolas alla periferia di una piccola città chiamata Nordestina, dove la povertà sembrava aver piantato le sue radici».

Racconta così la storia di lotta e rinascita di una terra l’anziano del villaggio, Claudio Santana, e il cambiamento nella vita del campesinos avviato da Novacaritas - Fondazione Carlo Novarese che si è posta una missione precisa: non fa beneficenza, ma realizza progetti, in Italia e nel mondo, per la formazione di persone in condizioni di svantaggio. Sostegni concreti, calati nella realtà, vigilati e accompagnati da persone del posto.

«La siccità degli ultimi due anni fu tremenda - continua Claudio - e fece ancor più poveri chi già poco aveva per vivere. La terra inaridì per la grande arsura, gli alberi seccarono e morirono come se fosse passato un grande incendio, morirono pure le bestie. Ma questa è la nostra terra dove nacquero il nostri padri e ci insegnarono a conquistare la vita. Non vogliamo abbandonarla».

Cisterne di riserva

C’è della solida tenacia tra le persone di Nordestina e su questa si è potuto costruire una speranza realistica. «Dall’altra parte dell’oceano c’è un’altra Terra, feconda, con persone che arrivarono con la saggezza del cuore per aiutarci nel momento difficile» continua il racconto di Santana.

Le persone del villaggio e i collaboratori della Fondazione Carlo Novarese si sono seduti attorno a un tavolo e insieme hanno elencato i problemi della comunità: mancava acqua potabile per bere, per irrigare i campi aridi e per dissetare il bestiame. I giovani non volevano continuare la loro vita nel Sertao. Non c’era una dimensione politica e di rappresentanza che potesse agire a favore della comunità. Pochissime le risorse a disposizione.

Si è scelto di avviare il progetto dalla necessità numero uno: l’acqua. «Per anni abbiamo calpestato, arato inutilmente un suolo senza accorgerci “dell’oro bianco” che stava sotto di noi…l’acqua! La Fondazione si assunse tutte le spese per la trivellazione di pozzi e trovare il nostro tesoro». Oggi già sono in funzione quattro pozzi dalla profondità di circa 40 metri e forniscono acqua potabile per 70 famiglie. Furono costruite cisterne di riserva per l’irrigazione dei campi e ora la manioca e gli ortaggi crescono rigogliosi. «Il nostro bestiame non muore più».

Il passo successivo è stato formare i giovani, perché tornassero: 14 ragazzi, sostenuti dalla Fondazione, si sono iscritti all’università di Petrolina per studiare agricoltura, veterinaria, amministrazione e pedagogia con l’impegno di tornare nel Sertao. «L’entusiasmo adesso è contagioso - spiega Claudio Santana - perché durante il periodo di ferie questi giovani tornano e già ci stanno insegnando le nuove tecniche». Terzo passo: si realizzano 4 casette per la lavorazione dei prodotti che poi verranno venduti al mercato. Si avvia così una piccola economia locale.

La Fondazione Carlo Novarese ha sostenuto la creazione una scuola di ricamo, una di cucito e una di informatica. Ai corsi d’informatica si sono iscritti 145 studenti che hanno conseguito il diploma.

Un volto nuovo

Insieme il gruppo di giovani ha creato una cooperativa denominata Mandacaru, dal nome del cactus che cresce nella loro terra, iscritta al registro statale che raggruppa tutte le diverse Comunità lavorative del progetto. Si è creata così una solida rete che implementa lo sviluppo delle diverse cooperative.

«Il volto del villaggio è rapidamente mutato - termina il suo racconto Claudio Santana - abbiamo sviluppato un mercato ortofrutticolo e creato una “banca delle sementi”. Produciamo succhi di frutta che la Prefettura ci compra per la “merenda escolar”, il pasto degli studenti a scuola. Vendiamo articoli di artigianato, frutta, verdura, uova, galline». Nel 2020 sempre con l’aiuto della Fondazione è stata costruita una scuola e un laboratorio di apicoltura. Si sono iscritti 55 giovani e si produce un buon miele, fino a 2mila chili prodotti nel primo semestre.

Il ricavato viene investito in nuovi progetti, i giovani non partono più, la comunità ha trovato il suo equilibrio.

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