«Le merci? In ferrovia» Ecco perché la Svizzera non vuole perdere tempo

La strategia Il contributo della rete sul totale dei transiti è intorno al 37%. Una quota in risalita dopo il calo degli anni Ottanta. Ma ancora non basta

«Il trasporto delle merci attraverso la Svizzera avviene tramite ferrovia. Il Consiglio federale prende le misure necessarie. Eccezioni sono ammissibili soltanto se indispensabili. Esse devono essere precisate dalla legge».

Persino la Costituzione svizzera, all’articolo 84, ha certificato l’importanza del trasporto ferroviario dentro le dinamiche economiche non solo della vicina Confederazione, ma anche lungo la rotta nord-sud dell’Europa. Gli ultimi dati - diffusi dall’Ufficio federale di Statistica - dicono che nel 2022, nel trasporto merci sulla rete ferroviaria svizzera, sono state fornite prestazioni di trasporto per 10,5 miliardi di tonnellate-chilometri nette, che rappresentano il valore massimo dal 2016. L’aumento è stato dello 0,8% rispetto al 2021 e del 3,8% rispetto al 2019, l’ultimo anno pre-Covid.

Lo stato di salute

Ciò significa che il peggio quanto al trasporto merci e per diretta conseguenza allo stato di salute di gran parte dei segmenti economici della vicina Confederazione è alle spalle. «ll contributo della ferrovia sul totale delle prestazioni di trasporto su strada e ferrovia si è attestato al 37% - ha rimarcato l’Ufficio di Statistica che fa capo a Berna -. Dopo aver perso importanza negli anni ‘80 e ‘90, recentemente la ferrovia ha visto stabilizzarsi la propria quota di mercato. A contribuirvi è stata tra le altre cose la promozione del traffico merci ferroviario attraverso la riforma delle ferrovie, la modernizzazione delle infrastrutture nonché le indennità e gli aiuti agli investimenti». A stabilizzare la quota della ferrovia ha poi contribuito in modo significativo l’introduzione della tassa sul traffico pesante commisurata alle prestazioni per gli autocarri.

Questi dati fanno ben comprendere perché 13 giorni dopo il deragliamento del treno merci dentro il tunnel ferroviario del Gottardo - deragliamento che ha incrinato gran parte delle certezze maturate in seno al trasporto ferroviario nel corso dei decenni - il trasporto delle merci seppur a ranghi ridotti (90 treni al giorno) è ripreso con vigore.

A monte di questo lento e importante processo di valorizzazione della ferrovia c’è - come sovente accade in Svizzera - un’iniziativa popolare, datata 20 febbraio 1994 e che dunque il prossimo anno taglia il traguardo dei sei lustri. Si tratta di quella che convenzionalmente è stata poi ribattezzata con l’appellativo di “Iniziativa delle Alpi”.

Il referendum

Nel dettaglio, grazie al voto popolare (51,9% i voti a favore), veniva sancita la protezione delle zone di montagna dal traffico dei mezzi pesanti. In che modo? Spostando gradualmente il traffico dalla strada alla ferrovia.

A questo dibattuto argomento - oggetto peraltro di un aspro confronto politico prima, ma anche dopo il voto popolare - il portale Swissinfo.ch ha dedicato di recente un lungo reportage - dal titolo “Iniziativa delle Alpi: una rivoluzione mancata” - che ha preso le mosse dal fatto che «nel 1994 i veicoli pesanti in transito sotto la galleria del Gottardo, il principale asse di transito elvetico, erano circa un milione. Nel 2001, prima del tragico rogo nel tunnel, erano saliti a 1,4 milioni». Oggi, nonostante le varie misure di contenimento adottate (ultima delle quali il sistema del contagocce), la quota dei 650 mila transiti annuali sotto il Gottardo non è stata in alcun modo raggiunta, depotenziando dunque i contenuti dell’iniziativa popolare.

«Una scelta, quella adottata attraverso il voto popolare, che aveva il sapore di una rivoluzione. Che però non si è ancora realizzata», la chiosa di Swissinfo.ch. Da qui la “rivoluzione mancata”, su cui pesa ora l’onda lunga del deragliamento avvenuto in quel di Faido, le cui ripercussioni sono destinate a durare (almeno) sino a fine anno.

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