Il tessile fa rientro a casa. «Un nuovo rinascimento»

Barbara Cimmino, co-fondatrice e responsabile Innovazione e Csr di Yamamay, 137 milioni di fatturato. «Negli ultimi decenni parti della filiera trasferite in Asia, ora si valorizzerà chi è rimasto a produrre in Italia»

La sostenibilità rappresenta un obiettivo imprenditoriale etico ma porta con sé anche importanti conseguenze positive sul fronte economico e può rappresentare il punto di forza di un marchio. A patto - secondo Barbara Cimmino, co-fondatrice e responsabile della divisione innovazione e responsabilità sociale di Yamamay, brand dei settori intimo e costumi da bagno – che la sostenibilità venga raccontata «in modo accattivante, anzi sexy».

Laureata in Scienze Politiche all’Università Federico II di Napoli, Cimmino si è trasferita insieme alla famiglia a Gallarate nel 2001, quando con il marito Francesco Pinto ed il fratello Gianluigi ha dato vita al marchio Yamamay.

Dottoressa Cimmino, quali sono stati gli sviluppi recenti della vostra storia aziendale?

Prima di tutto voglio sottolineare che la nostra è una storia di grande amore verso il territorio in cui ci troviamo, perché lo abbiamo scelto ed abbiamo voluto creare una relazione positiva con le realtà che operano in questa provincia. Yamamay, oltre che in Italia, è presente in 39 paesi nel mondo, con 622 negozi di cui 487 nel nostro paese; la rete di vendita digitale è costituita da undici shop online e sette marketplace. I dipendenti sono più di 830 ed il 93% sono donne. Il giro d’affari si attesta sui 230 milioni di euro annui, mentre il fatturato aziendale è di 137 milioni. Yamamay opera nel retail attraverso negozi diretti ed altri in franchising. Da sempre il fattore umano è fondamentale all’interno della nostra azienda e per questo il tema della formazione è centrale: già nel 2001 avevamo un’academy interna per lavorare sulla crescita professionale di chi lavora con noi. Nel 2011 c’è stato un passaggio molto importante per la nostra realtà: insieme alla famiglia Carlino abbiamo creato il gruppo Pianoforte dalla fusione tra Inticom, la società proprietaria del marchio Yamamay, e Kuvera, proprietaria del marchio Carpisa (borse e valigeria). Le due famiglie si sono comunque divisi i ruoli operativi ed i Cimmino hanno continuato a seguire Yamamay. Nel 2018 abbiamo invece realizzato alcuni importanti cambiamenti nella governance, per intraprendere con maggiore decisione politiche di sostenibilità e digitalizzazione dell’impresa. Si tratta di temi su cui stiamo accelerando anche negli ultimi mesi e che sono collegati tra loro: perseguire la sostenibilità è infatti un dovere ed un obbligo legislativo, ma le regole spingono verso l’innovazione ed il cambiamento di processi e prodotti.

Come valuta l’attuale situazione del settore tessile nazionale?

Stiamo vivendo una fase potenzialmente molto positiva, quasi un nuovo rinascimento per tutto il settore tessile. Nei decenni precedenti, infatti, abbiamo assistito al trasferimento di una parte significativa della filiera produttiva verso l’Asia. Oggi invece vediamo una valorizzazione delle imprese che sono rimaste in Italia e che hanno continuato ad investire per realizzare prodotti di eccellenza. In questo quadro, le associazioni di categoria hanno un ruolo molto importante, per sostenere le imprese nella transizione ecologica e digitale. Ci sono grandi opportunità per il settore ed è fondamentale essere pronti per coglierle.

Come declinare il tema della sostenibilità all’interno del settore tessile?

Io credo che la sostenibilità debba sempre essere collegata anche ad obiettivi economici, perché c’è una stretta correlazione: le aziende che, negli ultimi anni, hanno continuato ad investire in sostenibilità ed innovazione hanno anche migliorato le proprie performance economiche. Per quanto riguarda le azioni concrete, non credo ci sia un’unica ricetta per il settore, perché le imprese operano in modo diverso e le scelte possono essere molteplici. Tuttavia oggi penso che sia fondamentale legare i percorsi di sostenibilità a quelli di digitalizzazione: non c’è ormai sostenibilità senza investimenti nel digitale.

E cosa significa concretamente sostenibilità per la vostra azienda?

Abbiamo approcciato il tema in modo olistico, ma abbiamo anche fatto scelte di campo confrontandoci con la misurazione delle emissioni di gas serra e poi concentrandoci sull’acqua. Lo abbiamo fatto sia perché il 50% dell’ossigeno presente nell’atmosfera deriva dall’acqua e perché il fashion è il terzo settore più inquinante per mari ed oceani, sia per un motivo strettamente legato alla nostra attività, guardando al presente ed al futuro: se l’acqua continua ad essere inquinata, meno persone frequenteranno mari e laghi e meno costumi saranno venduti. È chiaro quindi che c’è anche un interesse economico nella tutela della biodiversità marina. Nasce da questa consapevolezza anche la narrazione accattivante dell’attenzione all’ambiente: è bello vivere al mare, a contatto con l’acqua e la natura, utilizzando un costume prodotto in modo da nuocere il meno possibile all’ambiente. Non possiamo approcciare il tema soltanto presentando alle persone le possibili catastrofi legate al cambiamento climatico: è necessario un racconto positivo e coinvolgente che porti ad un’adesione convinta alle politiche di sostenibilità.

L’attenzione per il mare si è declinata in progetti concreti. Ce ne può parlare?

Collaboriamo come main partner di One Ocean Foundation e Centro velico Caprera al progetto M.A.R.E. (Marine Adventure for Research and Education), un programma di citizen science per promuovere la divulgazione scientifica e la ricerca in tema di oceani attraverso la raccolta di dati utili a migliorare le attività di riduzione degli impatti. Il progetto prevede numerose settimane di navigazione in mare a bordo del catamarano One, con lo scopo di monitorare l’inquinamento da sostanze chimiche e la biodiversità marina. Durante l’intero percorso vengono raccolti campioni di organismi zooplanctonici, bioindicatori naturali di inquinamento ambientale. Oltre alla ricerca scientifica e al monitoraggio degli ambienti marini, l’obiettivo è diffondere conoscenza e consapevolezza su importanti tematiche ambientali, promuovendo comportamenti corretti, indispensabili per la conservazione dell’ambiente marino. Siamo inoltre sponsor all’interno del settore velico, sempre guardando alla necessità di far diventare la sostenibilità una moda nel senso positivo del termine. E poi collaboriamo alla realizzazione annuale della Ocean Week, una settimana dedicata all’oceano con eventi, incontri e laboratori didattici per spiegare lo straordinario valore degli ecosistemi marini ed il ruolo che ognuno di noi svolge nel proteggerli, anche dalle città.

Quali sono i punti di forza di Yamamay?

Penso che il principale sia la visibilità e la notorietà del brand perché questo significa anche avere la possibilità di accompagnare i nostri clienti nel cambiamento culturale che stiamo sostenendo. Il nostro brand comunica allegria, gioia, positività. Un altro punto di forza è l’attenzione al benessere di chi lavora con noi, con l’implementazione di efficaci politiche di welfare e con molta formazione.

Oltre al suo impegno in azienda, lei è molto attiva anche a livello associativo. Dopo essere stata nominata al vertice del gruppo tessile di Confindustria Varese, ora è anche vicepresidente della territoriale; fa parte del consiglio generale di Confindustria, è nel board di Sistema moda italia e di Euratex, l’associazione europea del settore. Quali sono i suoi obiettivi in ambito associativo?

Da imprenditrice mi sono accorta della crescente importanza di collaborare con altre realtà del nostro territorio e non solo. Dal bene comune nasce infatti il benessere anche delle nostre singole imprese. L’integrazione è importantissima e le associazioni hanno un ruolo chiave per accompagnare le imprese nelle sfide attuali. Guardando ad esempio al nostro territorio, sono una convinta sostenitrice del piano strategico #Varese 2050, un’iniziativa unica soprattutto nel nostro paese dove si pianifica davvero poco. Si tratta di una road map che parte dall’analisi delle esigenze del territorio attraverso un ascolto puntuale di tutti i portatori di interesse e che può rappresentare una svolta per questa provincia ed un modello anche per altre realtà.

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