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Domenica 07 Settembre 2025
«I santi bambini esistevano già prima di Cristo»
Dai Maccabei martirizzati nell’Antico Testamento fino ad Acutis e Frassati canonizzati da Leone XIV. Casi precoci di un dono totale di sé visti dal teologo Franco Buzzi: «Non sempre la santità è una scelta razionale»
La canonizzazione dei beati Carlo Acutis e Piergiorgio Frassati, il 7 settembre in piazza San Pietro a Roma, offre l’occasione per riflettere sui molti santi bambini e di giovane età nella storia della Chiesa.
L’adolescente milanese innamorato dell’Eucarestia, detto l’influencer di Dio, e il giovane torinese dalle otto beatitudini, sono due figure diverse che parlano al mondo di oggi.
Una nutrita schiera di fanciulli e ragazzi, dalla vita eroica o martiri inconsapevoli o per scelta, costella la storia della Chiesa. Sono parte di quella moltitudine più grande, di popoli, razze e lingue diverse, che in abiti bianchi troviamo nell’Apocalisse di San Giovanni. Tuttavia nessuna di queste figure esaurisce la santità unica di Cristo che si esprime nelle forme più impensabili.

Con monsignor Franco Buzzi, insigne teologo comasco, già prefetto della Biblioteca Ambrosiana, abbiamo cercato di andare alle origini della questione. Emerge così la chiamata universale alla santità radicata nella secolare tradizione cristiana.
Monsignor Franco Buzzi, che cosa si intende per santità?
Oggi si è perso il senso del concetto di santità in quanto viviamo in un contesto in gran parte scristianizzato. Anche chi pratica non è che proprio viva dall’interno una convinzione profonda dei fondamenti della nostra fede. La santità non è qualcosa di eccezionale, ma è la condizione normale a cui è chiamato un battezzato. Il cristiano, come tale, è santo in quanto partecipe della vita di Cristo, il solo Santo. Ricordiamo quello che si dice nel Gloria: «Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre».
Può spiegare perché i cristiani sono chiamati ad essere santi?
Basterebbe sfogliare nel “Nuovo Testamento” le “Lettere di san Paolo”, che iniziano dicendo: «Fratelli santi in Cristo», per ricordare che dall’eternità quello che Dio vuole è proprio la santità della vita configurata su Gesù Cristo. Questo è il cappello fondamentale del nostro discorso. I santi, siano essi adulti, vecchietti o bambini, sono delle configurazioni particolari di questa santità che a un certo punto la Chiesa mette in luce e presenta alla comunità dei credenti come modelli di vita ben riusciti.
Come vede le figure di Piergiorgio Frassati(Torino1901-1925), studente, filantropo, alpinista e terziario domenicano, e di Carlo Acutis(1991-2006), genio dell’informatica che usò per diffondere il Vangelo, entrambi di famiglia borghese, che verranno canonizzati oggi, 7 settembre?
Le differenze sono parecchie perché ciascuno di loro ha avuto una formazione particolare. Piergiorgio Frassati comprendeva che essere cristiano significa testimoniare qualcosa nella società che vada sulla strada del bene comune dicendo quello che dovremo realizzare per noi stessi e per gli altri. Il santo torinese aveva una sensibilità sociale straordinaria che si nutriva anche della scrittura e delle devozioni mariane. Ci dicono che Piergiorgio, tra l’altro, portava sempre la corona del rosario in tasca. Benissimo, tutto questo è importante, ma quello che fa di lui una persona speciale è proprio la sua comprensione della storia che è animata dalla presenza di Cristo che la santifica. Carlo Acutis è l’immagine di un adolescente fortunato che ha messo la sua vita a disposizione di Cristo. Lui ha vissuto soprattutto il tema eucaristico, a partire anche da una particolare formazione che ricalca un cliché un po’ del passato, ma la sostanza è la presenza di Cristo che ci accompagna e che rende attuale il suo sacrificio di donazione in vista della nostra liberazione e santificazione.
Può ricordare qualche figura tra i santi bambini nella storia della Chiesa a partire dalla Bibbia?
L’“Antico Testamento” è ricchissimo di giovani che si mettono a seguire il Signore in maniera del tutto particolare. Samuele fin da bambino segue, in ogni aspetto, il culto della parola di Dio come viene predicata nel tempio. Lui diventa addirittura un esempio per i figli dei sacerdoti, che non osservano quella stessa legge alla quale loro sono predestinati come insegnamento. Daniele è un altro che accetta anche il martirio pur di professare la sua fedeltà a Dio. Poi c’è la storia dei cosiddetti Santi Martiri Maccabei, quei fratelli, che incitati dall’esempio della madre, hanno volentieri offerto la propria vita pur di non contravvenire la legge del Signore e la fede dei loro padri. Loro hanno manifestato, già nell’Antico Testamento, una fede nella resurrezione dei morti, testimoniando la certezza che Colui che crea dal nulla tutte le cose, ha anche la potenza e la capacità di ridare la vita ai morti. I primi martiri cristiani sono i cosiddetti Santi Innocenti che festeggiamo nell’ottava di Natale. Sono bambini, dell’età di 2 anni al massimo, che hanno offerto la vita con i loro genitori a favore di qualcosa che non avevano nemmeno così chiaro. Hanno reso testimonianza a quel Cristo, venuto come Salvatore del mondo e circondato immediatamente della fede di coloro che lo accolgono, anche se in modo non del tutto consapevole.
La santità coincide sempre con la razionalità?
Tante situazioni di santità trascendono la nostra stessa partecipazione e condizione di persone intelligenti, volitive e dotate di sentimenti. Questo è stato messo in luce particolarmente dalla Chiesa orientale. Invece noi, in Occidente, abbiamo sempre fatto dipendere tutto dalla partecipazione intellettiva della persona. Quando san Paolo converte il suo carceriere si dice che in quella notte, dopo avere ascoltato l’annuncio evangelico, lui con tutta la sua famiglia si fece battezzare e celebrarono l’eucarestia. Ecco, si entra in una dimensione di santità che mette al primo posto ciò che Cristo ha operato per noi e che viene messa in rapporto con il piano universale di Dio, concretizzato attraverso l’annuncio del Vangelo.
Nel 1597 abbiamo un gran numero di martiri in Giappone e in seguito molti cristiani furono uccisi con la Rivoluzione Francese. Per non parlare del Novecento in Cina quando con la Rivolta dei Boxer centinaia di persone hanno perso la vita per motivi religiosi tra cui 12 giovani. Come vede questi momenti della storia in cui la maggior parte dei santi riconosciuti sono martiri tra cui anche bambini?
Il martirio accompagna normalmente la diffusione del cristianesimo ai suoi inizi sia nell’incontro con la cultura greco-romana che in tutte le altre. Ora la parola di Dio che irrompe nella storia, in quanto realizzata in Gesù Cristo e poi predicata con l’annuncio del Vangelo, porta una visione diversa che non sempre coincide con la cultura del momento della società in cui si inserisce. Quando il cristianesimo, che predica un’integrità dell’umanità, entra nel mondo causa immediatamente una reazione. La testimonianza da rendere alla fede accolta si spinge fino alla perdita della propria vita che viene considerata comunque relativa rispetto alla conquista della vita donata in Cristo.
Maria Goretti, (Corinaldo 1890 - Nettuno 1902) vittima di un omicidio a seguito di un tentativo di stupro, è stata riconosciuta santa e martire. Perché la sua purezza diventa parte di un disegno più grande da proteggere a costo della vita?
Questa non è ideologia, che è un’adesione a qualcosa di relativo come se fosse l’assoluto, quando invece è un’idea umana, una visione del mondo. Anche l’ideologia può portare a una specie di martirio. Nel caso della fede, invece, è un’affermazione dell’assoluto nella storia. Il sangue innocente versato da Maria Goretti diventa seme di santità. Il suo assassino dopo decenni di reclusione si è convertito, è diventato un religioso ed è morto in un convento.
Santa Giacinta (1910-1920) e Francisco Marto (1908-1919), i pastorelli testimoni delle apparizioni di Fatima, sono morti giovanissimi di malattia offrendo le loro sofferenze per la conversione dei peccatori e la gloria di Dio. A quale logica risponde questa offerta?
Siamo nella logica di un’adesione cristiana autentica a Colui che è la verità, che è la nostra salvezza e che ha dato la sua vita per noi. Cosa che già san Paolo aveva scritto nella sua “Lettera ai Galati”, in cui afferma che la sua vita non è più nella carne o in un modo di vedere del mondo e che non è più lui a vivere, ma Cristo vive in lui.
Come vede la figura di Santa Teresa di Lisieux(1873-1897), patrona delle missioni pur non essendo mai uscita dal monastero?
È chiamata Santa Teresina del Bambin Gesù per distinguerla da Santa Teresa d’Avila, la grande riformatrice del Carmelo. La sua è una spiritualità dell’infanzia per cui «Se non sarete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli» (Mt 18:3). Allora l’infante è colui che, al di là dei suoi capriccetti, si fida e lascia tutto nelle mani del Padre aderendo al fratello maggiore, ovvero a Gesù Cristo, che ci ha restituito la nostra vita di comunione filiale.
Perché san Pio X, che è stato Papa dal 1903 al 1914 e ha anticipato l’età per la prima comunione, disse: «Ci saranno santi anche tra i bambini»?
È un’espressione già concessiva. Di solito per essere santi bisogna avere tutta la consapevolezza, l’intelligenza e l’uso delle proprie facoltà e offrirsi deliberatamente a Dio, però ci può essere anche qualcosa di più delicato come è questo momento di crescita dei bambini che già avvertono la differenza tra il corpo di Cristo e il pane della mensa e quando sono in grado di stabilirla, allora possono anche accogliere l’Eucarestia. Questa è già una concessione, che è andata poi sempre di più maturando nel tempo man mano che sono cresciuti gli studi di psicologia evolutiva dove si vede che il bambino non è un “minus habens”, ma ha già tutta una forma organizzata di intelligenza, sensibilità e volontà, che ne fa una persona capace di avvertire delle qualità più alte. Senza parlare del fatto che l’infanzia stessa è particolarmente sensibile al fattore religioso, che è costitutivo della mentalità dei bambini, ma non perché non capiscono e quindi si lasciano andare al mito e alla fantasia, ma perché effettivamente sono in contatto, molto più degli adulti, con l’origine stessa delle cose e hanno una sensibilità autenticamente religiosa.
A quale esigenza corrisponde l’attuale tendenza della Chiesa a riconoscere più santi e in minor tempo rispetto al passato?
Promuovere modelli di vita più confacenti all’esistenza dei giovani e degli uomini di oggi è un’esigenza storica. Non dobbiamo meravigliarci se da un certo punto in poi abbiamo tanti santi. Quelli che noi vediamo riconosciuti sono infinitamente meno della schiera enorme di santi non da altare che costituiscono la Chiesa. Nessuno di loro esaurisce la santità di Cristo che si esprime in infinite forme, nei modi più vari e passa attraverso i sentimenti, le piccole decisioni, il frammento della vita e le cose più impensabili.
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