L’acqua a rischio in Italia, va tutelata

L’economista e gesuita Gaël Giraud: «Bene comune da inserire nella Costituzione. Prevediamo una carenza del 40% nel 2040 se non facciamo niente»

Gaël Giraud è un economista geniale e scomodo, ma prima ancora è un gesuita che vuole portare la tenerezza di Dio ai suoi contemporanei. “Il gusto di cambiare” è il libro-intervista realizzato con l’attivista Carlo Petrini, a cura di Stefano Arduini, che riflette sulla transizione ecologica come via per la felicità. Papa Francesco nella prefazione definisce il saggio, pubblicato da Slow Food con Libreria editrice vaticana, un dono prezioso in quanto indica una via da percorrere su più livelli.

Il cattedratico della Georgetown University di Washington, che di recente ha ottenuto il premio Parco della Majella per il suo testo “La rivoluzione dolce della transizione ecologica”(Lev), a capo di un programma di giustizia ambientale, svela come si può passare dal paradigma del consumismo a quello delle relazioni, ma anche le bugie delle banche e la necessità di considerare l’acqua un bene comune. Tutto questo, con un occhio all’Africa, dove Giraud, giovane studente, ha passato un periodo di due anni come volontario che l’hanno forgiato nel suo sguardo sul mondo.

Abbiamo incontrato lo studioso francese a Villa del Grumello a margine della Lake Como School of Advanced Studies dove è stato invitato ad insegnare dagli amici sociologi e docenti Mauro Magatti e Chiara Giaccardi al corso dell’alta scuola post- universitaria dal titolo “Opportunità di vita in un mondo (in)sostenibile: trasformazioni strutturali e visioni socioculturali alternative” promosso dalla Fondazione Volta, sotto l’egida di cinque atenei lombardi, con il sostegno di Fondazione Cariplo.

Professor Giraud, lei insegna economia politica alla Georgetown University di Washington, ma è anche teologo. Come si definisce?

Prima di tutto sono un gesuita ovvero un uomo che ha ricevuto una missione da svolgere, cioè quella di portare la tenerezza di Dio a tutte le persone che incontro. La mia, anni fa, si concretizzava nel lavorare come capoeconomista dell’Agenzia francese di sviluppo e oggi è insegnare alla Georgetown University a Washington negli Stati Uniti che è anche un modo per accogliere l’amore di Dio e portarlo nella vita dei miei contemporanei, che sono gli studenti, i collaboratori, i funzionari e politici con i quali ho a che fare. Per esempio, stiamo lavorando col governo del Sudafrica per costruire un modello ibrido macroeconomico, così come sull’impatto del cambiamento climatico e la mancanza delle risorse naturali. Questa è un’opportunità per dialogare con alcuni politici, economisti ed esperti dell’Africa australe sulla questione della giustizia ambientale che affronto con il centro di studi che ho fondato alla Georgetown University.

Quali sono i maggiori ostacoli all’attuazione della transizione ecologica?

La transizione ecologica riguarda un’epoca storica nuova a tre secoli dalla rivoluzione industriale che ha costruito una società europea completamente basata sui combustibili fossili. Oggi questa non è più sostenibile e dobbiamo orientarci verso una società impostata sulle energie rinnovabili. Questa è la prima sfida enorme. Sfortunatamente non si tratta solo del cambiamento di energia, ma anche dell’industria e del nostro rapporto con i materiali perché un’economia basata sulle energie rinnovabili è molto più intensiva in termini di minerali che un’economia basata sui combustibili fossili. Per esempio, per le infrastrutture verdi legate alle energie rinnovabili abbiamo bisogno di molto più rame che per le infrastrutture sporche. Poi ci sono il cibo, l’acqua e la biodiversità di cui Carlo Petrini è un grande esperto. La mia equipe di ricerca ha mostrato che nel 2040, se non facciamo niente, in Italia ci sarà una mancanza di acqua potabile di almeno il 40%.

La transizione ecologica è un’impresa impossibile da realizzare?

L’anno scorso con il think tank dell’Institut Rousseau ho pubblicato un rapporto sulla transizione energetica in Francia mostrando che è possibile raggiungere una situazione di neutralità dalle emissioni di anidride carbonica nel 2050 con un costo pari al 2% del Pil ogni anno. Ora stiamo facendo lo stesso studio anche per l’Italia, la Spagna e altri paesi perché il Partito Verde Europeo mi ha commissionato un rapporto sulla transizione energetica per la zona euro.

Quali sistemi politici ed economici remano contro la transizione ecologica?

L’ostacolo più grande è il sistema bancario, ostacolo di cui nessuno parla. Un nostro studio recente sulle prime 11 banche della zona euro mostra che hanno 530 miliardi di euro di asset fossili che rappresentano per ognuna il 95% dei propri attivi. Se domani mattina vietiamo l’uso del carbone, del petrolio e del gas, il prezzo di questi asset sarà pari a zero nel giro due settimane. Per questo motivo le banche credono che non ci sia un’alternativa e, se da una parte dicono che siamo tutti “verdi” e sostengono una conversione radicale, dall’altra stanno facendo il contrario.

Quali sono i beni comuni da proteggere?

L’acqua senza dubbio dovrebbe essere un bene comune che non è possibile privatizzare. In Italia il giurista Stefano Rodotà voleva inserirlo nella Costituzione e non è riuscito; anch’io ho tentato di farlo in Francia senza successo. In Europa solo la Slovenia ha costituzionalizzato questo principio e nel mondo ci sono solo 15 paesi che lo hanno fatto. In Italia se l’acqua non verrà protetta e diventerà un bene privato ciò causerà un caos terribile. Altri beni comuni sono la salute, i frutti della terra, l’atmosfera, il clima che condividiamo con tutti. Un bicchiere d’acqua su cinque di quelli che beviamo proviene dall’evapotraspirazione degli alberi dell’Amazzonia.

Di fronte allo strapotere del neoliberismo e delle banche, che cosa possono fare le monete locali?

L’idea è che anche la moneta dovrebbe essere un bene comune. L’euro è una moneta privata perché il potere di crearla non è degli Stati, ma della Banca centrale europea che è indipendente e non risponde a nessun potere politico democratico. Ci sono monete alternative, come il Sardex, che è un successo straordinario.

Invece, come vede il bitcoin?

È una trappola perché è l’espressione di un’economia chiusa, privata e non trasparente come lo è il Sardex.

Perché nel suo libro ha lanciato un j’accuse contro i social media?

La privatizzazione del mondo, che è il progetto del neoliberismo, ha creato una sofferenza sociale enorme con la conseguenza che la classe media ha bisogno di un’alternativa autoritaria come succedeva prima della seconda guerra mondiale con l’illusione del nazifascismo. Oggi abbiamo l’estrema destra e la tribalizzazione bianca, per dirla con padre Alex Zanotelli, che sembra un’alternativa, invece è una trappola con i social media che accentuano e accelerano questo processo.

In che cosa lei e Carlo Petrini siete d’accordo?

Abbiamo in comune la convinzione che la transizione ecologica potrebbe essere una via per la felicità e non si tratta di austerità, di morbosità e di una riduzione dello stile di vita.

Come ricorda il suo recente incontro con papa Francesco?

Sono stato molto impressionato dalle due facce di papa Bergoglio. Da una parte c’è il volto dell’uomo di stato forte con la consapevolezza del suo ruolo e del momento storico che viviamo; dall’altra c’è la tenerezza di un pastore che ha capito perfettamente che riceve la gioia, l’energia e la vita di Dio attraverso i poveri. Questo è Vangelo puro. Il Papa è stato molto duro con i politici che non stanno facendo nulla per cambiare la situazione.

In che modo la sua esperienza in Ciad ha inciso nella sua vita?

Il periodo in Ciad ha rappresentato una seconda conversione perché nei bambini di strada ho visto la gioia del Vangelo. Quando sento dire “Beati i poveri!” vedo la faccia dei quei bambini e il loro sorriso. Questa è la ragione per cui non ho lavorato nei mercati finanziari e ho detto no a un posto come trader a Wall Street negli Stati Uniti quando avevo trent’anni. Avrei avuto tutto, soldi, donne… Se fossi andato a fare questo lavoro, un giorno in cielo questi bambini non mi avrebbero riconosciuto.

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