Genetica e nuovi farmaci: combattere la Sla è possibile

L’intervista La Sclerosi laterale amiotrofica è una malattia neurodegenerativa che in Italia interessa circa seimila pazienti. Il neurologo: «Tra il 2022 e il 2023 sono stati condotti 16 trial clinici, un numero rilevante per una malattia rara»

La Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) è una malattia neurodegenerativa che porta alla progressiva paralisi dei muscoli volontari. Il Centro Sla e Malattie del motoneurone di Auxologico da tempo si occupa della cura dei pazienti e della ricerca in questo campo. Con Nicola Ticozzi, responsabile dell’unità operativa di Neurologia e professore associato di Neurologia all’Università Statale di Milano, abbiamo fatto il punto sulle novità in questo ambito.

Professore che cos’è la Sla?

La Sla è una malattia neurologica che colpisce i motoneuroni, cioè le cellule del cervello e del midollo spinale che comandano i movimenti dei muscoli. Se i motoneuroni vanno incontro a un processo di degenerazione i muscoli si indeboliscono progressivamente fino a raggiungere un quadro di paralisi di tutta la muscolatura volontaria. Si parla di malattia neurodegenerativa proprio perché ha un andamento progressivo nel tempo.

Qual è l’incidenza nella popolazione?

L’incidenza della Sla in Italia è di due nuovi casi all’anno ogni centomila abitanti e sembra essere in leggero aumento negli ultimi decenni. Si ritiene che in Italia ci siano attualmente circa 6mila malati di Sla.

Esiste anche un’età di insorgenza? Colpisce più gli uomini o le donne?

La Sla colpisce leggermente di più gli uomini rispetto alle donne. Il rapporto maschi femmine è di circa 1,4: 1, anche se ci sono forme di malattia che colpiscono più frequentemente le donne. L’età di insorgenza media è intorno ai 65-70 anni anche se ci sono delle persone che sviluppano la malattia prima dei 40 anni e altre dopo gli 80.

Quali sono i segnali tipici della malattia?

La prima cosa da dire è che la Sla è una malattia che ha un esordio e un’evoluzione che si differenzia da caso a caso. Alcune persone hanno un esordio che interessa i muscoli delle braccia, altre quelli degli arti inferiori, altre ancora si accorgono di problemi della parola, della deglutizione o della respirazione. Con il tempo però la malattia, come detto, porta a una progressiva paralisi di tutta la muscolatura volontaria.

Questo cosa comporta?

La perdita di forza dei muscoli delle braccia e delle gambe influisce inevitabilmente sulla quotidianità dei pazienti, con il tempo non riescono più a muoversi. Ugualmente drammatica è la progressiva difficoltà a deglutire il cibo, a parlare, ma anche a respirare. In una piccola percentuale di pazienti possono comparire sintomi cognitivi, quali disturbi del linguaggio o delle funzioni esecutive, o comportamentali, come apatia, inerzia, disinibizione e perdita di empatia nei confronti del caregiver o delle altre persone.

Oggi si conoscono tutte le cause della malattia?

Non le conosciamo tutte, ma alcune le conosciamo bene. Sappiamo che la genetica contribuisce in maniera significativa a determinare il rischio di ciascuno di noi a sviluppare la malattia. Sono state identificate mutazioni in circa 30 geni, che determinano la comparsa della malattia in alcuni pazienti. Una vera e propria familiarità si osserva nel 5-10%.

La conoscenza di queste mutazioni consente così, come avviene ad esempio nel caso di alcuni tumori, di eseguire dei test genetici sui familiari di primo grado e andare a intercettare un’alta probabilità di malattia?

Per quanto riguarda la Sla i test genetici vengono inizialmente offerti al paziente. Vengono estesi al resto della famiglia, se lo desidera, solamente nel momento in cui nel paziente troviamo una mutazione associata alla malattia.

Come avviene la diagnosi?

La diagnosi è clinica. Rispetto al passato fortunatamente viene posta più precocemente. In Italia il ritardo diagnostico è inferiore all’anno. La diagnosi precoce permette al paziente di iniziare il prima possibile le terapie oggi a disposizione, di consentire al paziente stesso, se lo desidera, di partecipare alle sperimentazioni in corso, ma anche di pianificare nel modo migliore i presidi gli interventi terapeutici e le scelte di vita.

Per la diagnosi eseguite anche test diagnostici?

Per confermare il sospetto clinico vengono eseguiti dei test neurofisiologici, in particolare l’elettromiografia, ed esami neuroradiologici come la risonanza magnetica del cervello e del midollo spinale. In alcuni pazienti può essere necessario ricorrere a test diagnostici aggiuntivi come la puntura lombare per l’analisi del liquido cerebrospinale.

Esiste una cura?

Alla diagnosi segue l’impostazione della terapia. Abbiamo a disposizione un farmaco, il Riluzolo, che ha una dimostrata efficacia nel rallentare la malattia. A questo si aggiungono presidi non farmacologici volti a migliorare la qualità di vita in base ai singoli bisogni del paziente.

Alcuni esempi?

Di fronte alla progressiva perdita di movimento possono essere utilizzati presidi riabilitativi o ausili. Per le difficoltà di comunicazione possiamo aiutare il paziente con dei comunicatori a crescente complessità che, nelle fasi avanzate della malattia, sfruttano ad esempio il movimento degli occhi. La tecnologia permette non solo di rendere il più fluida la composizione della frase, ma anche di campionare la voce del paziente e di far parlare poi il sintetizzatore con la voce del paziente stesso. Mantenere l’identità della propria voce è molto importante. Ma possiamo intervenire anche per il bisogno di alimentazione e per le problematiche respiratorie.

La presa in carico è multidisciplinare?

Si, oltre al neurologo sono coinvolte altre figure come il fisiatra, i tecnici della riabilitazione, i terapisti occupazionali, i logopedisti, i dietologi e i nutrizionisti, lo pneumologo, lo psicologo e il medico palliativista.

Il vostro centro è in prima linea per la cura e la ricerca, quali le novità?

In Auxologico ci occupiamo di Sla da molti anni sia a livello di cura che a livello di ricerca, e siamo in prima linea per la sperimentazione di nuovi trattamenti terapeutici. Siamo inoltre in contatto e collaboriamo con tutti i maggiori centri medici mondiali che si occupano di Sla. Rispetto a una decina di anni fa lo scenario è cambiato in maniera radicale e la ricerca scientifica ha fatto davvero dei grandi passi avanti. Oggi abbiamo una serie di nuove molecole che stiamo sperimentando in trial clinici controllati, pensate che tra il 2022 e il 2023 in Italia sono stati condotti 16 trial clinici sulla Sla, un numero estremamente rilevante per una malattia rara. La ricerca scientifica ci ha permesso di avere maggiore conoscenza dei meccanismi alla base della malattia e quindi sviluppare nuovi possibili bersagli terapeutici. Da circa un anno abbiamo a disposizione un nuovo farmaco per i pazienti che hanno mutazioni del gene Sod1, il tofersen, che viene somministrato con una puntura lombare. Le aspettative non sono solo quelle di rallentare la malattia, ma anche di interrompere la progressione.

Quanto conta il supporto psicologico per pazienti e famiglie?

È fondamentale, nel nostro centro abbiamo una psicologa dedicata a questo. Molto importanti sono anche le associazioni di pazienti, che spesso offrono anche loro un supporto di questo tipo, e che si rivelano essenziali nel rispondere a domande e dubbi dei malati e delle loro famiglie.

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