L’aneurisma cerebrale, un nemico che si nasconde

Circa il 5% della popolazione soffre di una dilatazione di una arteria cerebrale senza avvertire alcun sintomo. Dal trattamento chirurgico a quello endovascolare, che Asst Lariana ha potenziato e sviluppato negli ultimi anni

Un mal di testa intenso e improvviso può essere sintomo di aneurisma cerebrale. Fondamentale riconoscere i campanelli d’allarme per intervenire tempestivamente e evitare conseguenze anche letali. Abbiamo chiesto a Silvio Bellocchi, direttore dell’unità operativa complessa di Neurochirurgia di Asst Lariana, di aiutarci a comprendere meglio questa problematica.

Dottore che cos’è un aneurisma cerebrale?

È una malformazione vascolare, cioè una dilatazione a carico di una arteria del cervello. Si forma a partire da un indebolimento dello strato muscolare interno della parete dell’arteria cerebrale che può assottigliarsi e rompersi senza segni premonitori. La conseguenza è una emorragia cerebrale subaracnoidea. Gli aneurismi si trovano solitamente alla base del cervello e le dimensioni variano da molto piccole (0.5 cm) a lesioni grandi (oltre i 2.5 cm) definiti aneurismi giganti, questi ultimi sono i più complessi da trattare e sono a maggiore rischio di rottura.

Esistono diverse tipologie di aneurisma?

Si, possono essere di aspetto sacculare, fusiforme o dissecante. Nel primo caso si tratta di una dilatazione simile ad una bolla, nel secondo caso si tratta di una dilatazione che interessa la porzione dell’arteria cerebrale circonferenzialmente, mentre le forme dissecanti sono causate da una lesione della parete dell’arteria, spesso secondaria a traumi.

Si tratta di episodi frequenti?

Studi autoptici dimostrano che il 5% circa della popolazione è portatrice di un aneurisma cerebrale asintomatico. La frequenza di emorragia cerebrale da rottura di aneurisma è di 6/8 ogni 100mila persone. In provincia di Como, quindi, sono colpite circa 40 persone ogni anno.

Si conoscono le cause?

Non sono perfettamente conosciute. Esistono diverse ipotesi, la prima è legata a una congenita predisposizione che determina un difetto nello strato muscolare della parete dell’arteria cerebrale, la seconda le individua nell’aterosclerosi e nell’ipertensione arteriosa associate ad una predisposizione congenita. Ma si ipotizzano anche infezioni o traumi, così come il fumo di sigaretta.

Quali sono i sintomi?

Spesso gli aneurismi sono del tutto asintomatici e vengono diagnosticati, ad esempio, dopo una Tac o una Rmn encefalo eseguiti a seguito di un trauma cranico o in ambito di accertamenti neurologici. In questo caso l’aneurisma non si è mai rotto in precedenza ed è un reperto incidentale.

E se invece è sintomatico?

Quando l’aneurisma si rompe, cioè la sacca si perfora, si possono verificare diverse situazioni. Se il foro è piccolo si assiste alla fuoriuscita di una piccola quantità di sangue e i sintomi sono più lievi, se la lacerazione è maggiore, invece, causa una emorragia massiva con sintomi più gravi. Il paziente può accusare una lieve cefalea e una lieve rigidità nucale oppure una cefalea severa con la persona che racconta di non aver mai provato prima un dolore così, simile a una pugnalata.

In caso di grave sanguinamento invece?

In questi casi sopraggiunge uno stato di sonnolenza, una confusione mentale, ma anche deficit neurologici quali disturbi nei movimenti di un braccio o una gamba fino al coma. Meno frequentemente la progressiva crescita della sacca aneurismatica comprime le strutture nervosa vicine determinando, ad esempio, problemi visivi senza un forte mal di testa.

Quali sono gli esiti di un aneurisma che si rompe?

Circa il 15% circa delle persone muoiono prima dell’arrivo dei soccorsi, il 50% a 5 settimane dall’evento, spesso a causa di risanguinamento o del vasospasmo cerebrale, mentre circa la metà delle persone che sopravvivono ritorna ad avere la stessa qualità di vita di prima dell’ictus. È quindi una patologia grave ed invalidante.

Cosa fare in questi casi?

Una persona che accusa un mal di testa improvviso ed intenso deve chiamare i soccorsi e recarsi in pronto soccorso. Il primo esame che viene eseguito è la Tac cerebrale sia basale che con mezzo di contrasto, che ci permette di visualizzare sia l’entità del sanguinamento che la sede e le dimensioni dell’aneurisma. Il passo successivo sarà l’arteriografia cerebrale che permette una diagnosi più precisa e nella maggior parte dei casi un trattamento diretto dell’aneurisma.

Cosa fare, invece, se scopriamo un aneurisma cerebrale non rotto, asintomatico?

Il rischio di rottura non è conosciuto con precisione. Esistono due tipi di aneurismi: quelli stabili, che non tendono a rompersi e quelli che invece possono rompersi nel corso del tempo. In base alla dimensione, alla forma, alla sede e all’età e alle condizioni generali del paziente si possono valutare diverse strategie che vanno dall’osservazione al trattamento che può essere medico, endovascolare e chirurgico. Esistono tuttavia delle rare sindromi familiari, in cui due o più membri della stessa famiglia, per lo più fratelli, presentano aneurismi intracranici. Queste malformazioni tendono a rompersi per dimensioni più piccole ed in pazienti giovani, quindi, questi pazienti andranno monitorizzati con maggiore attenzione e trattati in modo più aggressivo rispetto ai comuni aneurismi incidentali.

In cosa consiste la terapia medica?

È una opzione solo per il trattamento di un aneurisma intracranico non rotto. La cessazione dal fumo e controllo della pressione arteriosa sono gli unici fattori che hanno mostrato avere un effetto significativo sulla formazione di un aneurisma, sulla crescita e sulla rottura. L’esecuzione periodica di una Rmn e una Tc può aiutare, in alcuni casi, a monitorare le dimensioni e l’eventuale crescita dell’aneurisma.

Il trattamento endovascolare invece?

Così come quello chirurgico ha l’obiettivo di prevenire il risanguinamento quando un aneurisma si è rotto, cioè elimina il flusso sanguigno all’interno dell’aneurisma. Il trattamento endovascolare consiste nella embolizzazione, cioè nella chiusura dell’aneurisma, passando all’interno delle arterie cerebrali con microcateteri, inserendo nella sacca aneurismatica delle spirali. Negli ultimi anni si sono evolute le tecniche endovascolari attraverso l’introduzione di Stent a diversione di flusso (Flow Diverter) posizionati all’interno del vaso cerebrali malati, in quest’ultimo caso possiamo ricostruire il lume del vaso e trattare aneurismi complessi.

Quando, invece, è necessaria la chirurgia?

Il trattamento chirurgico necessita invece di una craniotomia, cioè l’apertura della teca cranica, e consiste nel posizionamento di clips sul colletto dell’aneurisma. Oggi, grazie all’utilizzo di microscopio operatorio di ultima generazione, siamo in grado di eseguire il controllo fluoroangiografico intraoperatorio che ci aiuta a confermare l’esclusione dell’aneurisma senza il coinvolgimento dei vasi afferenti, che invece devono essere mantenuti pervi. Nei casi più complessi, non suscettibili di trattamento chirurgico diretto o endovascolare, può essere indicato eseguire un bypass cerebrale con lo scopo di garantire un flusso ematico a valle dell’aneurisma, prima di procede alla sua chiusura.

Il trattamento, come ci conferma, dipende così dal singolo caso?

Negli ultimi anni si è sviluppato e potenziato in Asst Lariana il trattamento endovascolare che è meno invasivo e, dove possibile, è la terapia di prima scelta. Quando però le caratteristiche anatomiche della malformazione e le problematiche cliniche del paziente lo richiedono si pratica il trattamento chirurgico.

L’approccio è multidisciplinare?

Il trattamento di questa complessa e delicata patologia è reso possibile da un lavoro di equipe che vede coinvolti il neurochirurgo, il neuroradiologo interventista, il neurologo, gli anestesisti rianimatori, i fisiatri ed il personale infermieristico. La condivisione della strategia più idonea per il paziente, attraverso un approccio pluridisciplinare, è l’arma vincente.

© RIPRODUZIONE RISERVATA