L’appello di Federalberghi Lombardia: «Vincoli più stretti per le case vacanza»

La riforma Il presidente di Federalberghi Lombardia rilancia la richiesta della soglia minima di tre notti. «Pochi controlli, a Como costo medio di 269 euro»

Almeno tre notti come limite minimo per l’accoglienza consentita nelle case vacanza e b&b: è questa la richiesta di correzione al Disegno di legge del ministero del Turismo che Federalberghi continuerà a sostenere per tutto l’iter parlamentare della proposta.

Il dibattito

Il Ddl già vorrebbe imporre per gli affitti brevi una permanenza minima di 2 notti. Limite che attualmente non esiste. «C’è una strumentalizzazione di queste offerte di ospitalità che, se non regolamentate, hanno effetti sul medio lungo periodo più devastanti dei benefici di oggi – è la considerazione di Fabio Primerano, presidente Federalberghi Lombardia - e poi, come già accaduto all’estero in città che ci hanno preceduto sul tema del sovraffollamento, bisogna intervenire con correttivi sul settore extra alberghiero».

Intanto in luglio Como registra un’occupazione vicina al 90% per tutte le varie soluzioni di accoglienza. Con un costo a notte per le case vacanze di Como città di 269 euro in media secondo le prenotazioni per il picco di stagione dei principali portali, secondo l’analisi di Federalberghi Lombardia.

La ratio delle due o tre notti, e non una sola, nasce dalla considerazione che la permanenza breve o brevissima in un appartamento contraddice il senso di questo tipo di ospitalità che non è sottoposta a una serie di norme, regole di sicurezza, adempimenti burocratici, spese per i dipendenti e adeguamento strutture che invece sono obbligatoriamente a carico degli hotel.

«L’ospitalità extra alberghiera è un dato di fatto ed esiste dagli anni ’50 – prosegue Primerano - ma c’è un carenza normativa che ha determinato un’esagerazione del fenomeno. Per questo riteniamo si debba intervenire. Il limite minimo a due notti riteniamo che non sia sufficiente. Se da piccolissima impresa privata, l’affitto delle case diventa business, allora delle due l’una: o le regole sono gravose nella stessa misura oppure l’iniziativa privata va circoscritta in un perimetro».

Le regole

Perimetro che già c’è: in Lombardia esiste l’obbligo di registrazione dell’alloggio a cui corrisponde un numero identificativo chiamato Cir che va obbligatoriamente esposto e pubblicato negli annunci, inoltre esiste divieto per un privato di gestire più di quattro case vacanza nella stessa regione: se si supera il limite si diventa un’impresa.

«Ma queste regole sono ampiamente disattese e i controlli pochissimi anche se la legge esiste ormai dal 2015 – ha dichiarato il presidente Federalberghi Lombardia – su cento annunci on line, circa il 40% non pubblica il Cir e non abbiamo notizia di una sola sanzione. In altri paesi, come per esempio la Spagna, le norme devono essere tassativamente rispettate. A San Francisco, dove il gigante Airbnb è nato per fare un esempio celebre, senza il codice identificativo l’annuncio non può neanche comparire in rete».

Il Ddl andrebbe proprio nella direzione di rendere più stringenti le norme e prevede di estendere l’obbligo del Cir a livello nazionale. Su questo punto si trovano tutti d’accordo, sia gli albergatori che i rappresentanti di Aigab, l’associazione dei property managers Italia, perché favorirebbe l’emersione di quella parte di sommerso che in questo mercato esiste.

Il codice identificativo per ogni alloggio permette infatti di avere il quadro di quante case sono sul mercato degli affitti turistici. «Non averlo o magari, come fanno alcuni in assenza di controlli, replicarlo per più alloggi permette anche di affittare in uno stesso stabile più appartamenti. Ma questo – conclude Primerano - non è consentito perché sopra i 25 posti letto si è, di fatto, un albergo e allora si è tenuti al rispetto di tutta la normativa che ne consegue».

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