Berlusconi alibi
collettivo del sistema

Il tramonto di Berlusconi chiude definitivamente un ciclo destinato a lasciare tracce profonde nella politica e nel costume sociale del paese. Il Cavaliere ha avuto la capacità di porsi al centro del dibattito pubblico e per vent’ anni non solo la politica, ma anche la società italiana, si è divisa in berlusconiani e antiberlusconiani.

La colpa più grande del Cavaliere è di avere alimentato gli squilibri cronici di un sistema destabilizzandolo a dismisura con il chiaro obiettivo di assurgere al ruolo di unico ed esclusivo fattore di stabilizzazione. Le continue fibrillazioni della politica hanno finito per riverberarsi fuori dal perimetro originario e, come era inevitabile, alla lunga hanno contagiato l’economia ed il corpo sociale. La grave crisi economica che continua ad attanagliare il Paese nasce dal collasso politico e istituzionale che discende da questa precarietà permanente che rischia di mettere a repentaglio la tenuta democratica del sistema.

L’attuale fase politica rappresenta, pertanto, il momento terminale di una contrapposizione (spesso soltanto simulata..) che ha finito fatalmente per logorare il cittadino ormai nauseato dal vaniloquio di un ceto politico che ha completamente perso ogni contatto con la società civile. Siamo davanti ad un passaggio storico alquanto delicato in cui l’impoverimento dei ceti medi, la frustrazione delle nuove generazioni e la grave incertezza esistente nell’universo del lavoro, stanno creando una contrapposizione del tutto inedita che non va sottovalutata. Rispetto al passato, infatti, i soggetti antagonisti non si collocano all’interno dello spettro politico (Dc contro Pci, Pd contro Pdl). Oggi la contrapposizione è tra società civile e classe politica “tout court”. Il cittadino non crede più nei partiti, nella partecipazione, nel voto. Il berlusconismo ha esasperato l’atavico disgusto del cittadino per la politica. Ponendosi al centro del sistema, il Cavaliere ha, di fatto, esautorato la democrazia dei partiti al posto della quale si è imposta una pseudo-democrazia (“poliarchia”, direbbe Robert Dahl) che ha regalato il proscenio ai leader sottraendolo ai partiti, ormai ridotti a vuoti simulacri abitati da fantasmi, peones e lacchè. Possiamo ben dire che, dopo vent’anni di battaglie, il Cavaliere lascia in eredità un paese che appare smarrito, spaventato e pieno di rabbia.

Berlusconi ha costituito l’alibi collettivo per un sistema che ha sviluppato al suo interno sacche di privilegi e di contraddizioni che oggi stanno esplodendo pericolosamente. La partita tra classe politica e società civile si sta giocando su un crinale pericoloso. La battaglia tra berlusconiani e antiberlusconiani ha finito, alla lunga, per logorare un paese che appare stremato. Chi per anni ha lucrato su quella battaglia, oggi soffia furbescamente sull’ennesima soluzione trasformista che non lascia intravedere nulla di buono. Come diceva Ennio Flaiano, “non sono le idee che mi spaventano, ma le facce di chi le sostiene”.

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