Berlusconi e sentenze
di parte (la sua)

Per quanto smacchiato delle vicende politiche e giudiziarie e nonostante il colorito “campo da tennis in terra battuta” sfoggiato sul viso lunedì sera da Formigli, il giaguaro Berlusconi conserva ancora scampoli di genialità. Magari involontaria, non bisogna sopravvalutarlo ( neppure il contrario come sa bene lo smacchiatore mancato Bersani), ma sempre sorprendente . Già, perché l’andazzo dell’ex Cavaliere in campagna elettorale con gli attacchi alle toghe ad ogni pie’ sospinto in barba al rischio delle manette domestiche, rischia di

suffragare uno dei tormentoni del suo infinito ventennio: quello per cui la magistratura è di parte. E, paradosso dei paradossi, in questo caso dalla sua. Eh sì, perché se alle parole seguissero i fatti, e comunque la legge fosse applicata, l’ex premier sarebbe già stato ristretto ad Arcore o nella sua residenza romana, in compagnia esclusiva di Francesca Pascale e Dudù senza neppure poter accompagnare quest’ultimo a fare una passeggiatina. Al primo attacco rivolto contro la magistratura, scattano gli arresti domiciliari, aveva detto un severo giudice. Invece Berlusconi sembra farlo apposta. Anzi lo fa apposta. Ad ogni apparizione in tv, sui giornali o in una piazza, lancia fendenti contro le toghe di ogni ordine e grado dalla Consulta in giù, e commenti molto poco commendevoli sulla sentenza definitiva che costringerà alcuni innocenti vecchietti ammalati a farsi somministrare lo sterminato repertorio di barzellette del leader di Forza Italia.

Per tacer del fatto che il condannato non avrebbe forse neppure potuto, a rigor di legge, godere dei benefici di una blanda condanna ai servizi sociali. Che dovrebbe servire a rieducare chi ha sbagliato. Ma l’ex Cavaliere si è ben guardato dall’accettare la sentenza e men che meno a considerarla equa. E perciò a farsi rieducare (lui!?) non ci pensa proprio.

Che poi si stia divertendo a provocare la magistratura per rendere inevitabile la misura restrittiva e poter svolgere tutta la campagna elettorale nei panni di un altro Silvio (Pellico) rinchiuso nel suo Spielberg domestico è più che probabile.

Ma questa è un’altra storia e dovrebbe far meditare su come si è ridotta l’Italia che ormai, dal lato della politica, metabolizza e digerisce qualunque pietanza. Anche quelle che nella vituperata Prima Repubblica, non sarebbero mai finite nel piatto.

Per carità, nessuno vuole vedere Berlusconi ai ceppi. Ma se l’ex presidente del Consiglio, con un altro coniglio estratto dal cilindro in mano, un bel giorno annunciasse che i suoi vani tentativi di farsi condannare agli arresti domiciliari avevano l’obiettivo di dimostrare la sua perenne tesi sulla magistratura di parte, sarebbe difficile dargli torto.

E se le toghe decidessero di concedere una tregua elettorale e magari far scattare le manette virtuali il 27 maggio, una volta archiviata la pratica delle Europee, sarebbe un “tacon” peggio del buso.

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