Case comunali,
basta privilegi

Non dieci, non venti, non cento. E nemmeno duecento. In lista d’attesa per una casa comunale a Como ci sono 693 famiglie. Più degli immobili di proprietà del Comune. Aspettano e sperano. Ma per la domanda numero 693 la speranza altro non può essere che un’illusione perché nessuno alzerà mai la cornetta per dire che ci sono dei locali disponibili. Nessuno comporrà mai nemmeno il numero di telefono scritto sulla domanda.

Palazzo Cernezzi ha 610 appartamenti, di cui un centinaio vuoti e inutilizzati perché inagibili. Non ci sono i soldi per le manutenzioni e, così, restano sigillati. Con buona pace della famiglia numero 693. Da anni ormai anche questo giornale segnala che, nella gestione del patrimonio comunale, qualcosa non funziona. Ci sono immobili di pregio in centro storico affittati a prezzi fuori mercato, garage quasi regalati, custodi che sono rimasti per anni in case senza averne titolo. Una nebulosa gigantesca almeno quanto le centinaia di persone coinvolte e i milioni di euro in campo.

Ora il Comune sembra stia mettendo ordine e l’assessore Marcello Iantorno annuncia – a due anni dall’insediamento - che farà a breve una relazione dettagliata in giunta. E, per dirla con i tweet di Renzi, che tanto vanno di moda, speriamo che questa sia davvero la volta buona. Di promesse di revisione, modifiche, adeguamenti di canoni, perizie, questa città ha sentito parlare abbastanza.

E se si dovesse scoprire effettivamente, come ipotizza l’assessore, che i furbi ci sono e non sono pochi, si vada avanti con coraggio. E si metta ordine. Per rispetto di tutti, innanzitutto di chi, a fine mese, non arriva davvero. Le situazioni vanno analizzate una per una per capire se il debito accumulato, piccolo o grande che sia, è dovuto a reali problemi economici o legato semplicemente ad alzate di spalle, magari con in tasca l’ultimo modello di telefonino. Bisogna individuare chi, magari per anni, ha fatto il furbo se si pensa che qualcuno, l’affitto, non lo paga da dieci anni. Ed è riuscito ad accumulare qualcosa come 40mila euro di debiti con il Comune.

Qualche anno fa un inquilino di una casa comunale minacciò di rivolgersi al Maurizio Costanzo show e persino al presidente della Repubblica perché Palazzo Cernezzi gli aveva notificato la procedura di sfratto. Aveva raggiunto un debito di decine di migliaia di euro. E sapete qual era il canone mensile che avrebbe dovuto pagare? Poche decine di euro.

Ecco allora che sulle case comunali serve un’operazione di trasparenza. Vera. E si abbia il coraggio di portare avanti anche scelte impopolari se questo serve a eliminare privilegi che rischiano di diventare un’ingiustizia evidente.

Si verifichi allora, casa per casa, se l’occupante ha ancora i requisiti per avere diritto all’appartamento a canone agevolato, se le dichiarazioni sono tutte veritiere e l’esatta situazione economica del nucleo familiare. Solo in questo modo coloro che sono in difficoltà potranno essere tutelati. Chi, invece, fa il furbo, finisca sull’elenco degli sfratti. Perché l’amministrazione comunale, che rappresenta tutti i cittadini, non può abdicare di fronte a principi come equità e giustizia. E così, forse, anche la domanda numero 693 potrà sperare che il telefono squilli.

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