Ci fossero state
le paratie... Ma anche no

Eh, signora mia ci fossero le paratie. Dite la verità: qualcuno questo pensiero lo ha fatto e certamente lo farà oggi, giornata da bollino non rosso ma paonazzo sulle strade di Como con il lungolago, la Bixio a mezzo servizio e altre vie precluse alle auto.

Ci sarà chi, con meno pudore, arriverà magari a rimpiangere il famigerato muro, simbolo di una grande opera nata male e cresciuta anche peggio, soprattutto per quanto attiene alle palanche (che non sono le palanocole). Pensare che se tutto fosse andato secondo programma, proprio queste giornate avrebbero visto il debutto in azione delle paratie. Che, com’è noto, sarebbero dovute sorgere nel 2011, tre anni circa dopo l’avvio del cantiere datato 2008. Poco più di mille giorni e 11 milioni di euro. Invece la clessidra per il conto del tempo di realizzazione delle difese di Como dalle acque ha finito da tempo i granelli di sabbia. I milioni sono diventati 34 (e non è finita) e la città ha ancora i piedi a mollo.

Eh sì, se tutto fosse andato come doveva andare e non in direzione opposta, nei giorni scorsi avremmo finalmente visto le paratie ergersi a “usbergo” (come diceva lo strepitoso Albero Sordi candidato monarchico e vigile nell’omonimo film) contro i flutti montanti verso la piazza Cavour.

Invece no. Dopo la beffa amarognola del cantiere infinito è arrivato anche il danno. Con annesso il retrogusto della passeggiata Amici di Como che è rimasta intonsa dalle acque solo perché più alta rispetto alla sede stradale (qualcuno se n’è accorto?). Insomma, bastava solo tirare un po’ su il livello del lungolago per tamponare l’impennata di quello del Lario. E sai che risparmi. Certo, magari i fondi della legge Valtellina non te li davano. Magari anche sì, però. Non lo sapremo mai. E tanto ormai è inutile anche apprenderlo.

Per ora sappiamo che forse l’impresa delle paratie non è valsa la spesa. Tutto questo ambaradan di cantiere-non cantiere per azionarle una volta ogni tre anni e poi lasciarle lì a far ruggine? Boh. E visto che tanto, oggi, ci toccherà passare un bel di tempo in coda, nel traffico e sotto la pioggia, tanto varrebbe pensarci su. E riflettere su come, con una politica diversa di gestione delle acque che guardasse sì al Po, che quando gli girano è molto più pernicioso e meno coreografico del placido Lario in piazza (al netto dei danni di coloro che vivono e lavorano da quelle parti e degli automobilisti immobilizzati da girone interrotto) ma anche un po’ al nostro lago che, per gran parte del tempo è considerato una vasca da bagno che si riempie e si svuota a seconda delle esigenze idriche e dell’agricoltura padana.

Dato, che stando al proverbio in voga dalle parti dell’impresa veneta Sacaim che sta lì con le ruspe al piede in attesa di vedere la luce verde per il cantiere-non cantiere, il tacon è peggio del buso, le paratie, alla luce del ragionamento di cui sopra sono un tacon (un rattoppo per chi non pratica l’idioma della Serenissima), è che prevenire è sempre meglio di curare, tanto per restare nel meraviglioso ed evergreen mondo della saggezza popolare. Ce lo ha insegnato anche l’emergenza maltempo di questi giorni nel Comasco e non solo. Tante frane, allagamenti e problemi vari potevano essere evitate. Lo sappiamo anche senza che ce lo venga a dire a Renzi. Per cui ben vengano le paratie (anche perché tornare indietro provocherebbe conseguenze catastrofiche per le casse del Comune), ma avremmo potuto vivere felici e meno bagnati anche senza..

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@angelini_f

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