Como diventa
provincia “rossa”

L’istituto Cattaneo, dopo il voto di domenica, ha sentenziato che l’Emilia non è più rossa. La fine di un mito che potrebbe accompagnarsi all’inizio di un altro: la colorazione più accesa di un territorio storicamente bianco come quello della provincia di Como. Anche questa tendenza si evince, in parte, dalle elezioni comunali che vedono il Pd o le liste civiche ispirate dal partito di Matteo Renzi proseguire nella conquista dei Comuni lariani che ormai amministrano in larghissima parte. Il caso più eclatante e che potrebbe diventare pilota anche in vista della prossima tornata, quella del 2017 con in palio i sindaci dei tre principali centri comaschi: il capoluogo, Cantù ed Erba, non è però quello di un municipio espugnato e sottratto al centrodestra. Si tratta della conferma del centrosinistra alla guida di Olgiate Comasco. Un’eventualità che una parte del gruppo dirigente dava addirittura per remota.

Lì, infatti il centrodestra, sconfitto anche perché diviso nella precedente tornata, si presentava quasi del tutto unito e soprattutto con il miglior candidato possibile per catalizzare il consenso moderato: il noto imprenditore Roberto Briccola. Invece, a prevalere è stato Simone Moretti, dinamico assessore della giunta uscente guidata da Maria Rita Livio. Pensare che per il sostegno a Briccola si erano mossi i big della Lega Nord, Maroni e Salvini. Ma non è bastato. Così come la presenza del segretario federale del Carroccio accompagnato dal presidente della Regione, non ha evitato il ribaltone a Tavernerio, con il sindaco uscente Rossella Radice che ha lasciato la poltrona all’esponente di centrosinistra Mirko Paulon. Restano, sul territorio ma sempre di più a macchia di leopardo, alcune roccaforti di centrodestra, tra cui San Fermo, dove però la florida situazione economica dovuta ai proventi del parcheggio del Sant’Anna, avrebbe favorito qualunque governo in carica.

A cosa si deve questa costante inversione di tendenza rispetto al passato di una provincia che veniva definita il “Mugello del centrodestra?”. In parte dalla natura del Pd in cui è confluita quasi tutta l’ex sinistra democristiana da sempre molto radicata nei comuni comaschi. E pesa certo il carisma di Renzi che, sia pure un po’ scemato rispetto alle percentuali vicine al 40% raccolte dal partito nelle ultime europee, continua a restare vivo. Giocano anche la debolezza del centrodestra a livello nazionale e locale, il mancato “effetto Salvini” pronosticato per queste elezioni e lo scarso radicamento del Movimento Cinque Stelle. Ma determinante per il risultato, è stata certo la capacità del Pd, pur lacerato sulla vicenda del cantiere del lungolago di Como che certo non aiuta, di saper proporre volti nuovi. L’elettorato, almeno quello che ha ancora voglia di recarsi alle urne, è assetato di novità nella speranza di un cambiamento della politica. La persona, nelle elezioni per il sindaco di un piccolo e medio comune, può riuscire a spostare parecchi consensi, in un’epoca dove le contrapposizioni ideologiche sono state di fatto archiviate. Va detto anche, che in queste elezioni comunali sono stati messi da parte anche tutti i simboli di partito, un fenomeno mai registrato con questa rilevanza.

Ecco perché l’esito del voto di domenica rappresenta un importante elemento di riflessione in vista delle grandi sfide del prossimo anno. Nel centrosinistra per cercare la conferma, ma anche dall’altra parte per studiare un’efficace strategia di contrasto.

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