Como, ecco i seggi
“Tengo famiglia”

Sarà mica che non si fidano troppo di Renzi? Nel dubbio gli ottanta euro dei desideri che un giorno sì e uno pure il premier fa tintinnare davanti agli occhi della classe media declassata dalla crisi, è meglio metterli in saccoccia in qualche modo. E il bello è che è sempre una faccenda elettorale.

Questo incredibile affollamento di congiunti di esponenti politici, con il Pd in maggioranza più che relativa, nella scelta degli scrutatori per le elezioni europee di domenica 25, potrebbe far gridare allo scandalo e provocare lacerazioni di vesti. Ma significherebbe prendere la faccenda davvero troppo sul

serio. E non stiamo neppure a scomodare la Casta. Siamo su un altro livello. Meglio riderci su, magari con un riso un po’ amarognolo. Perché qui più che una questione di malcostume è una faccenda di costume. È l’italica usanza del tengo famiglia, il motto che qualcuno voleva stampare sul tricolore. Se poi la famiglia è pure numerosa bisogna pur ingegnarsi perché, signora mia, c’è la crisi e ai giovani qualche prospettiva e speranza bisogna pure darla.

Inevitabile associare questo (retro)pensiero a Stefano Legnani, capogruppo a palazzo Cernezzi del Pd e assessore in pectore della giunta di Mario Lucini. I suoi quattro figli non andranno in gita domenica 25 perché saranno tutti impegnati ai seggi per le elezioni europee. Ma è solo la punta di un iceberg che dal sottobosco della politica è sprofondato nel sottosottobosco. Se il capogruppo avanza, è inevitabile che altri lo seguano. Anche, in parte, nel centrodestra. Perché su queste cose si sa che il vecchio e vituperato consociativismo non passa mai di moda.

Dice: ma si è sempre fatto così. Anche nella Prima Repubblica per poter maneggiare urne, schede e matite copiative dovevi passare dalla politica. E spesso non erano neanche scelte legate ai gusti ideologici. Anzi, il partito liberale era molto ambito dagli aspiranti operatori di seggio per il sontuoso rancio che forniva rispetto ai tristi contenuti delle “schiscette” delle altre forze politiche. Nella Seconda Repubblica, sulle soglie della Terza, il menù non sembra essere cambiato. Se non in peggio, anche nel senso che con la crisi, il panino te lo devi portare da casa. Il companatico però mantiene lo stesso sapore, quello del privilegio, quel retrogusto che ti rimane e genera la transumanza dalla politica all’antipolitica. Perché qui sì il discorso diventa serio. Di questi tempi, con l’aria che tira, sarebbe meglio non scoprire il fianco con questi esempi non da Casta ma comunque da castina. Perché nessuno dubita sulle qualità degli scrutatori formato famiglia. Ma è altrettanto indubbio che ci sono tanti disoccupati per cui sarebbe statp ossigeno anche questo “argent de poche” che lo Stato concede a chi vigila sulla regolarità dell’utilizzo delle cabine elettorali.

Magari si tratta poi anche di persone escluse dalla pattuglia dei beneficiari degli ottanta euro del premier, poiché prive di un regolare stipendio. Se il Pd, anche quello locale avesse voluto fare una cosa di sinistra, avrebbe potuto suggerire una lista di persone senza lavoro per le operazione di scrutinio. Invece ha fatto cadere la bandiera subito afferrata d ai Cinque Stelle. Così si rischia di dover assistere all’ennesimo ed evanescente esame di coscienza a spoglio avvenuto e al levare e al cielo dei soliti stucchevoli lai sull’antipolitica che marcia a plotoni affiancati e sull’astensione piaga purulenta della democrazia. Basterebbe volare più basso, dare qualche piccolo esempio edificante sotto elezioni e non solo. E magari le cose piano piano andrebbero a posto. Perché scrutare, che in fondo è un sinonimo di scrutinare significa anche guardare oltre, Una qualità che i nostri politici, a Como e non solo, hanno perduto da tempo.

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