Como, il Pd e il vuoto
di classe dirigente

Quando uno vince il primo premio alla Lotteria Italia, magari all’inizio resta un po’ stordito (chi scrive, ovviamente, non parla per esperienza diretta ma immagina possa andare così), poi, piano piano, rinviene e comincia a pensare come mettere a frutto l’incredibile fortuna che gli è capitata.

Si credeva che anche il Pd di Como, baciato dal 44% dei voti in città piovuto dal cielo renziano, si comportasse in questo modo. Invece, a due settimana dalla chiusura dei seggi e di fronte a un risultato che anche per effetto del voto amministrativo ha

rivoluzionato la geografia politica del territorio, tutto sembra tacere. Il classico silenzio assordante, un vuoto di iniziativa politica che se c’è non si vede: documenti sul voto e sulla situazione non proprio esaltante che sta vivendo l’amministrazione comunale del capoluogo, che, nell’epoca della comunicazione più trasparente e massiva di sempre, circolano poco o nulla. Insomma più che alla Dc dei consensi oceanici negli anni ’50 sembra di essere di fronte al Pci clandestino del Ventennio. Neppure due manifesti in giro per ringraziare i comaschi di tutta questa manna. Sembra davvero che non sia accaduto nulla. Da palazzo Cernezzi, forse il sindaco Lucini cerca di capire cosa si attenda da lui il principale partito della coalizione che lo sostiene, perché finora più che bussare a posti non si è visto molto altro. È uscita allo scoperto Chiara Braga che ha titolo per parlare se non altro perché, in quanto componente della segreteria nazionale del Pd, compare sempre nelle foto del cerchio magico che sta attorno Renzi. Ad oggi è l’ufficiale di grado più alto del partito comasco. Ha invitato Lucini a darsi una mossa e va bene e ha spronato il livello locale del Pd a fungere da propulsore nell’elaborazione politica dei grandi temi della città. Singolare che questo input debba giungere da un parlamentare. Ai tempi della Dc, a cui questo Pd comasco è paragonato per le dimensioni del consenso del 25 maggio, la cinghia di trasmissione funzionava in senso inverso. La segreteria del partito era il motore, e foglia sul territorio difficilmente poteva muoversi senza il placet di via Diaz, dove allora aveva casa il partitone bianco. Il segretario provinciale dello Scudocrociato era sui giornali tutti i giorni a dare, come si dice, la linea. Altri tempi, altri partiti certo. Ma da qui al vuoto attuale, in mezzo qualcosa ci deve pur essere.

Altrimenti il rischio è di trasformare la prima forza politica del territorio nella metafora di una classe dirigente a livello locale che sembra ectoplasmatica e incapace di essere l’ incubatore politico delle tante realtà positive e importanti, che, si stanno affacciando da queste parte. Il treno del 44% non passerà più. L’altra metà del cielo della politica comasca è uscita più che mai ammaccata dal test elettorale e non è ancora in grado di tornare sulla scena, men che meno con personaggi ormai datati e riverniciati di nuovo. Il pallino è giocoforza in mano al Pd, volente nolente lui , volenti o nolenti i comaschi. È ora di giocare le carte migliori. In fondo basta copiare Renzi che in quanto a comunicazione, capacità propositiva e dinamismo oggi non è secondo a nessuno. Renziani di tutto il territorio unitevi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA