Como,il concetto
distorto di normalità

È normale che una quarantina di persone disagiate vadano ogni sera a dormire nel portico dell’ex chiesa di San Francesco a Como, dieci metri più in là della città murata, turistica e opulenta? A quanto pare sì. È normale che si trovino in una situazione che li costringe ad affrontare le minime necessità igieniche senza poter usufruire di un servizio? Certo, a quanto sembra. “La situazione è sotto controllo”, ha detto ieri a La Provincia il questore di Como, Giuseppe De Angelis, informando la popolazione che da quelle parti, ogni notte passa una pattuglia della polizia ma solo perché a ridosso di San Francesco c’è il palazzo di Giustizia, obiettivo sensibile. Siamo sempre lì e non per colpa del questore che fa il suo dovere. La sensibilità esiste nei confronti degli edifici ed è inevitabile, ci mancherebbe, visto i tempi in cui viviamo, ma non delle persone. E comunque non c’entra il capo della polizia comasca se il nostro concetto di normalità ha subìto qualche cambiamento negli ultimi tempi.

Perché, diciamo la verità, ormai anche i tanti, tantissimi bambini, uomini e donne che perdono la vita quasi quotidianamente nel Mediterraneo mentre tentano di arrivare in un’Europa sempre più difficile da raggiungere sono diventati normalità per noi. Effetto dell’assuefazione alle notizie e alle immagini che anestetizza anche le emozioni, C’è da sperare che accada anche per altri concetti che sentiamo reiterati ma che ancora non sono entrati in circolo.

Ma a proposito dei disperati di San Francesco viene da pensare cosa sarebbe accaduto su questa situazione si fosse verificata, a Como e a due passi dal centro, solo pochi anni fa. Quando anche la politica era un’altra cosa e, nonostante imperassero ancora le nefaste ideologie, si trovava comunque il tempo e il modo di analizzare i problemi e magari tentare di risolverli. C’è da credere che si sarebbero mosse le istituzioni, tutte, organizzati incontri e mobilitate le persone. Forse il problema non avrebbe neppure trovato una soluzione, che non è facile. Perché la questione presenta tanti aspetti complessi che vanno oltre la stessa elementare idea di poter mettere un tetto sulla testa di questa gente. Oggi però la politica è, nella migliore delle ipotesi, indifferente, di conseguenza lo sono le istituzioni e di riflesso le persone. Tutto qui. C’è stato e vi è tuttora maggiore impegno, attenzione e ricerca della soluzione per il caso dei tavolini di Viale Geno con il contenzioso aperto con un residente della zona. Anche attorno a San Francesco vi sono cittadini che sono toccati dalla questione. Nei loro confronti la risposta è la stessa: è un fatto normale, ordinario ormai, figlio di una società che sta cambiando e che si rinchiude in questa normalità distorta. Qualcuno ci prova a scuotere questa innaturale apatia, a far presente che la normalità è altro. Lo fa Papa Francesco che ieri, a proposito del caso migranti ha usato parole inusuali, una in particolare. Ha ha sottolineato i troppi “silenzi”. “Il silenzio del senso comune - ha detto - il silenzio del si è fatto sempre così, il silenzio del noi sempre contrapposto al voi”. In qualche modo ha parlato anche lui del concetto sballato della normalità. E poi ha chiarito che di fronte alle sfide migratorie, ma, si potrebbe allargare il discorso a tutte le situazioni di emarginazione che si presentano, l’unica risposta “sensata” è la solidarietà. “Sensata” è la parola che dice tutto e rivela che molte delle cose che stanno accadendo non lo sono. Come considerare “normalità” che 40 persone ogni notte siano costrette a dormire nel porticato di una chiesa sconsacrata a due passi dal centro di una città agiata.

@angelini_f

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