Cosa manca a Renzi
per essere Berlusconi
Cosa manca a Renzi
per essere il cav

Vittorio Feltri - che nonostante tutto rimane pur sempre un genio - ha commentato così l’ormai celebre foto che ritrae Berlusconi sul terrazzo di una beauty farm assieme al suo nuovo delfino, Giovanni Toti, vestito con una abbacinante tuta bianca: “Evito di fare queste buffonate. Se uno mi dice taglia la barba o fai la cura dimagrante, la prima cosa che mi viene in mente è mandarlo af…”.

L’immagine, consegnata l’altro giorno alla trasmissione radiofonica “La Zanzara” di Radio24, è una di quelle che lo hanno reso giustamente celebre negli ultimi trent’anni, tanto è plastica nella sua volgarità ridanciana quanto assolutamente sintetica di uno dei più irrefrenabili moti dell’essere umano: il servilismo all’ennesima potenza. La foto è davvero strepitosa: l’accoppiata del cavaliere tutto di scuro vestito e dell’ormai ex giornalista, oggi “consigliere politico per il programma” del grande capo, in evidente sovrappeso nel suo candido completo ginnico è una roba da sganasciarsi dalle risate, tanto appaiono somiglianti a due tirapiedi di Tony Soprano dediti al relax dopo aver sistemato lo Sfregiato e Faccia d’Angelo.

Eppure, è la solita trappola nella quale ti fa cascare Berlusconi per poi dimostrare a te, osservatore un po’ moralista e tanto snob, di aver sempre ragione, almeno nel curarsi gli affari suoi e nella capacità diabolica di sedurre il ventre molle della nazione. Toti, per riprendere ancora lo spietato Feltri, “è uno che fa tenerezza: doveva essere il numero uno e ora è già il quattro o il cinque, ma pur di non mollare l’osso si fa vedere pure con la tuta bianca”. Berlusconi no, invece. Lui non fa tenerezza e non fa neppure ridere, perché il personaggio avrà tutti i difetti del mondo, e fra questi ce ne sono un paio davvero sgradevoli, ma pure un combinato disposto di fiuto e intelligenza fuori dal comune. Quando ti acchiappa, poi diventa impossibile divincolarti e se all’inizio ti fa credere di essere suo ospite, alla fine ti rendi conto che è già diventato il tuo padrone.

Diciamoci la verità. Nel centrodestra, Berlusconi vince a mani basse e, se non bastasse, pure a occhi bendati. Non c’è stato delfino, protetto, figlioccio, ciambellano, consigliori, eminenza grigia o alleato di gran Croce che non sia uscito stritolato dalla sua morsa. Catturati, sedotti, imbellettati, ripuliti, promossi, spremuti e, alla fine, gettati dentro al secchio. Manager rampanti, ragazzotte leopardate, grand commis, governatori di austere regioni del nord, traffichini, showman, calciatori, mister, riciclati, economisti da pasticceria: tutto funzionale alla costruzione di quell’onda perenne sulla quale il grande vecchio di Arcore surfeggia alla faccia di ogni risibile tentativo di parricidio di ancor più risibili Karamazov da quattro soldi. Basti pensare al povero Alfano, che due mesi fa se la tirava da nuovo De Gasperi e invece adesso lo vedi scodinzolare con gli occhioni sbarrati da bambino povero di un film neorealista. Il servilismo è un’arma a doppio taglio: ti fa bruciare le tappe della carriera, ma ti consegna mani e piedi al tuo pigmalione che così come ti ha creato, ti distrugge. Berlusconi non ammette alter ego, come diceva il marchese del Grillo: chiunque si sia infilato una tuta bianca per compiacerlo - e lì dentro lo hanno fatto tutti - alla fine ci si è pure impiccato.

Discorso che inizia a diventare speculare pure dall’altra parte, dove, diciamoci la verità, Renzi stravince per plateale assenza di avversari. Pur essendo il Pd un partito che mette tendenzialmente di buonumore – se uno ha qualche problema di autostima o di depressione, basta che pensi per un attimo a quella classe dirigente per sentirsi subito uno scienziato – non era mai stato esposto in maniera così eclatante lo zero al quoto prodotto dai vent’anni successivi alla caduta del Muro. Non c’è un dirigente che abbia non tanto gli argomenti, ma neppure il linguaggio consono per contrastare il sindaco di Firenze. Fassina e Cuperlo - tra l’altro, e senza nessuna ironia, due persone perbenissimo – sembrano saltati fuori da un congresso del Pci degli anni Settanta e nelle ultime settimane i cosiddetti grandi osservatori dei cosiddetti grandi giornali hanno utilizzato, per criticare Renzi, immagini legate al mondo dei fumetti degli anni Cinquanta (Qui, Quo e Qua oppure Giamburrasca) mentre quello cita Goldrake, che fa pure schifo ma che almeno è immediatamente riconoscibile da chi abbia meno di quarant’anni. Chi è secondo voi che ha azzeccato la comunicazione? Non c’è gara, veramente.

E se non c’è gara, se non quella residuale per la difesa dei vecchi bunker di appartenenza, allora parte il campionato italiano di zerbinismo. L’ultimo Porta a porta – e la mezza vagonata di altri imperdibili talk show politici – è stato da questo punto di vista magistrale. E Renzi che convoca i direttivi alle sette del mattino e Renzi che ridisegna la Terza repubblica in una notte e Renzi che risolleva l’economia come Roosevelt e Renzi che spezza le reni al sindacato meglio della Thatcher e Renzi che fa largo ai giovani e Renzi che sembra un po’ Fonzie un po’ Berlusconi e pure un po’ Craxi e Renzi che ripete superfragilistichespiralidoso trenta volte di seguito senza sbagliare e Renzi che atterra e suscita e Renzi che impone le mani e Renzi che bonifica le paludi pontine e Renzi che invade la Polonia… E nuovi dirigenti trentenni che svolazzano e nuove carinissime politiche in carriera che trillano e cinguettano, mica come quelle bifolche tacco dodici del centrodestra, e nuovi imprenditori illuminati che finanziano. È la nuova Italia di sinistra – concetto del tutto ignoto al segretario del Pd, così come quello di destra, visto che l’unica cosa che gli interessi è se stesso e la propria carriera – che sorge e che indica la via. Manca una sola cosa per rendere perfetto il quadro. Lui sul terrazzo col giubbotto di pelle e Maria Elena Boschi al suo fianco in tuta bianca. Fatto quello, Berlusconi può anche andarsene in pensione.

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