Ecco come si fanno
scappare i turisti

Di Como si può dire tutto ma sulla politica per il turismo bisogna lasciarla stare. Sì, perché altrimenti ci sarebbe da menare la mani.

Ci sono volute due giunte, una di centrodestra, l’altra di centrosinistra per realizzare quel capolavoro del cantiere sul lungolago. E a quanto pare, la lezione del passato, in cui le contrapposizioni politiche sono servite solo ad aggravare la situazione, è rimasta inascoltata come dimostra l’esito del vertice in Regione davanti al rappresentante del governo. Allora teniamoci il cantiere ancora per anni, facciamo la Ticosa bis davanti al lago. Tanto ormai i turisti che arrivano a Como si saranno ben abituati ai reticoli e alla palizzate. Fanno parte del panorama anche loro. Anzi. All’epoca del muro, altro capolavoro inarrivabile, c’era chi giungendo in città e avendo nelle orecchie l’eco di una figura di palta di livello mondiale, chiedeva “but, where is the wall?” “Dov’è questo famoso muro”. Magari nel giorno di domani o di dopodomani o di dopodopodomani, quando la politica avrà finito con i capricci e i calcoli di bottega e il cantiere toglierà il disturbo, potrebbe comparire qualche gitante a chiedere informazioni sui lavori in corso per le paratie.

La premessa è necessaria per fare pendant con un’altra geniale trovata che sta venendo avanti sempre nella saga “agevoliamo il turismo”. L’amministrazione provinciale, o quel che ne rimane dopo la riforma che l’ha svuotata soprattutto di risorse economiche, sta infatti valutando di chiudere lo Iat, l’Ufficio informazioni e accoglienza turistica che, guarda caso, non si trova a Trecallo bensì in piazza Cavour, il principale punto di riferimento di coloro che arrivano dalle nostre parti in cerca di svaghi, bellezze e cultura, tutte cose che per fortuna la scellerata politica degli ultimi anni non è riuscita a devastare. Uno potrebbe pensare che ormai questi sportelli siano stati superati dalla possibilità di ottenere ogni informazione ed itinerario smanettando sullo smartphone e quindi allo Iat si presenti quasi nessuno. Invece, a quanto pare, le persone che fanno capolino nell’ufficio sono ancora parecchie, anche 350 al giorno. Una struttura che funziona, insomma, e che è in grado di fornire informazioni riguardanti tutto il nostro lago bello e sventurato. Certo, l’amministrazione provinciale è ormai una sorta di ectoplasma istituzionale che soffre la fame: basta percorrere la passeggiata di villa Olmo e notare le condizioni non eccellenti dei giardini delle due sedi di Villa Gallia e Saporiti.

Ma siamo certi che la chiusura dello Iat sia l’unica soluzione? Un territorio che vive sempre più di turismo e che, nonostante le scelte masochistiche ha visto incrementare le presenze anche e soprattutto negli ultimi anni, dovrebbe potenziarle queste strutture, non abolirle. Perché alla lunga, se al cantiere che non se va dal lungolago, aggiungiamo l’addio allo Iat in piazza Cavour, la biglietteria della stazione di San Giovanni chiusa il fine settimana, la raccolta dei rifiuti in centro storico il venerdì sera e tante altre spassose trovate per mettere ostacoli al turismo e alla frequentazione di Como e del lago si finirà magari per raggiungere l’obiettivo di non far arrivare più nessuno e rimanere qui belli tranquilli. A morire di inedia.

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