Il parco adesso
va ridato ai comaschi

Chi siamo? Cosa vogliamo diventare? O, meglio, quale modello di sviluppo futuro intendiamo prendere come riferimento per la nostra città? L’attesa intorno alle decisioni della Fondazione Cariplo era giustificata perché è su di esse che in qualche modo si costruirà la Como dei prossimi cinquant’anni.

Siamo stati una città dell’industria, saremo forse una città del turismo e dell’accoglienza. Saremo, perché il cammino è ancora lungo e certo il passo che è stato compiuto nei giorni scorsi non elimina le tante incognite che ancora abbiamo fronte. Ci troviamo in una fase di transizione, sino all’altro ieri non era risolto il dibattito intorno alla possibilità che il turismo e i servizi potessero subentrare alla produzione industriale quale motore economico del territorio. Ora, anche in virtù del via libera al progetto su Villa Olmo, c’è qualche elemento di certezza in più. Si tratta di una grande occasione per Como, la grande occasione.

C’è la chance concreta e vicina di trasformare un gioiello in decadenza in uno dei beni monumentali più importanti e visitati della Lombardia. Sbaglia chi sostiene che in fondo non si tratta d’altro che della ristrutturazione edilizia del fabbricato. C’è in gioco molto di più, è una chance storica per la nostra città, Como può entrare in una nuova fase del proprio sviluppo.

Inoltre, l’aspetto è solo in apparenza secondario, abbiamo la necessità come comunità comasca di mettere in pratica un concreto atto di amore per il nostro lago, dopo la bruttissima pagina del progetto delle paratie, peraltro ancora non conclusa.

Certo, non si può sbagliare nulla, neanche una virgola. La giunta Lucini ha una grande responsabilità. Ritardi, sciatterie, superficialità, elementi che tanto in passato hanno condizionato le opere pubbliche cittadine, qui non potranno avere cittadinanza. Conforta la circostanza che Fondazione Cariplo impone ai beneficiari dei contributi, tempistiche certe, pena la perdita degli stessi. Ma è da illusi pensare che la trasformazione di Villa Olmo sarà un percorso esente da errori e polemiche.

La scelta della Fondazione Cariplo congela il progetto del campus nell’area di San Martino. Si tratta di un orientamento nell’aria da tempo che non chiude però il dibattito sull’università che a Como è stata l’unica vera grande novità degli ultimi venticinque anni. L’unica, vera, grande novità. Ma forse non abbastanza grande per pensare che la città potesse sostenere un progetto del genere.

Con lo stop al progetto del campus, inoltre, svanisce almeno per il momento la possibilità che i cittadini comaschi si riapproprino del parco della collina di San Martino. Un aspetto, questo, forse passato in secondo piano nel dibattito sulle sedi universitarie ma di assoluto interesse per la città che ha un grande bisogno di vero e proprio parco urbano a due passi dal centro. Bene che dopo la chiusura dell’ospedale psichiatrico l’intero comparto sia stato preservato dall’aggressione del cemento, inaccettabile però che a tanti anni di distanza ci sia un polmone naturale di proprietà pubblica che resta inaccessibile ai cittadini. Se si è chiusa la porta del campus, sarebbe il caso che la politica, a cominciare dal Comune, prenda in mano la questione e apra in tempi ragionevoli il San Martino ai comaschi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA