La scelta di Lucini
importante per como

A una settimana dal trionfale approdo di Matteo Renzi alla segreteria del Pd con il conseguente terremoto sulla politica e sul governo, Como sembra essere immune dagli effetti tellurici, nonostante i tanti renziani spuntati dentro il Pd negli ultimi mesi.

Vero è che il sindaco Lucini non si è iscritto al carro del suo collega fiorentino, il quale, però, gli ha copiato lo slogan del cambio di passo scagliato contro il governo Letta. Se per rafforzarlo e affossarlo lo scopriremo (presto) solo vivendo. Anche al Comune di Como è imminente una scelta che

potrebbe influire in maniera importante sul governo della città: quella del nuovo assessore alle Finanze che dovrà sedersi sulla scomodissima poltrona lasciata libera da Giulia Pusterla e soprattutto cimentarsi nel poco appagante sport di grattare il fondo degli esangui forzieri comunali.

Certo non sarà una passeggiata di salute resa ancora più erta della sovrapposizione mediatica che tocca in sorte a coloro che hanno il potere e spesso la necessità di applicare tasse a balzelli.

Si capisce perciò perché fuori dalla porta dell’ufficio del sindaco di Como non vi sia la coda di aspiranti. Anche il torrente del totonomi è piuttosto arido. Anzi, di nome, in verità, ne è circolato uno solo: quello di Stefano Legnani, attuale capogruppo del Pd. Una scelta politica che si alternerebbe a quella tecnica, rappresentata dalla professionista Pusterla, estranea ai partiti.

Lucini aveva annunciato la nomina del nuovo assessore con l’inizio dell’anno. Perciò si deve presumere che l’interim del sindaco sulla delega sia ormai agli sgoccioli. Forse, il primo cittadino, ha addirittura già preso la decisione. O magari ci sta ancora pensando. Però, prima che il verdetto sia ufficializzato, può valere la pena fare qualche riflessione sul significato di questa scelta anche per le prospettive future dell’amministrazione della città. Tanto per prenderla alla lontana, il bilancio del primo anno e mezzo di attività della giunta Lucini presenta alcuni aspetti positivi: l’avvio della soluzione per il disastro paratie (primo obiettivo di mandato), la volontà concreta di chiudere una volte per tutte la pratica Ticosa (tanti auguri), la scelta coraggiosa dell’allargamento della parte di città chiusa alle auto con l’inevitabile carico di polemiche. Importante anche l’adozione rapida di un Piano del territorio (il vecchio Piano regolatore) che ha segnato davvero un cambio di passo sulla politica urbanistica.

Meno bene, almeno stando al polso della città, il bilancio sulle piccole cose: dal verde pubblico, alla pulizia della città, alle buche sulle strade, alla sicurezza reale o percepita, ad alcune scelte sulla viabilità pasticciate e poco felici come le gestione del passaggio dei parcheggi da gratuiti a pagamento o l’operazione autosilo più bus, uscita a brandelli dalla prova dello shopping natalizio. Che c’entra tutto questo con la nomina dell’assessore al Bilancio? Può avere qualcosa a che fare se l’obiettivo del sindaco, della giunta e delle forze politiche che lo sostengono è quello di consolidare e mettere a frutto gli aspetti positivi di questa esperienza di governo. Di tentare, insomma, la “mission impossible” di portare il centrosinistra comasco a essere maggioranza in una città che negli ultimi vent’anni ha sempre guardato solo in direzione del centrodestra.

In piccolo, un po’ quello che dovrò tentare di fare Renzi con il Pd dopo i tanti fallimenti di coloro che lo hanno preceduto su una poltrona che sicuramente ha una temperatura più elevata di quella comunque calda dell’assessore comunale al Bilancio di palazzo Cernezzi. Si sa che la vittoria di Lucini (che comunque, non va dimenticato, non è stato indicato dalla maggioranza degli elettori della città di Como) si deve anche a una serie di voti in libera uscita che sono transitati da una parte all’altra dello schieramento, oltre che alla scelta di restare a casa di una parte dei sostenitori del centrodestra. Ma questi consensi sono destinati a rientrare se l’attuale amministrazione non riuscirà a liberarsi della prigione dell’eredità nefasta lasciata dai predecessori. Una cella per ora dorata, visto che sulle macerie si può solo costruire, ma che alla lunga rischia di trasformarsi in un limite di prospettiva.

Neppure la soluzione del problema del lungolago potrebbe servire a mantenere sulle proprie posizioni quella quota di elettori del centrodestra che hanno cambiato campo o si sono rifugiati nell’astensione. Anche perché, ormai, la cosa è data per acquisita. E potrebbe anche diventare una motivazione per abbandonare Lucini una volta raggiunto lo scopo. Ecco perché il sindaco farebbe bene a mantenere un dialogo aperto con quella parte di società comasca che lo ha privilegiato pur non riconoscendosi nel centrosinistra. Quell’elettorato che la prossima volta quando la competizione sarà più ostica, sarà decisivo nel determinare la vittoria.

Una buona occasione potrebbe essere proprio la scelta del nuovo assessore al Bilancio. Se il sindaco e i suoi consiglieri riuscissero a individuare una figura prestigiosa della società civile cittadina, non necessariamente legata all’area del centrosinistra ma disposta a spendersi per dare una mano alla città, Como potrebbe trarre grande giovamento.

Certo, occorre che il prescelto accetti di caricarsi questo peso sulle spalle. E il sindaco dovrebbe prepararsi ad affrontare tutti i contraccolpi del caso all’interno della maggioranza e soprattutto del Pd per la perdita della poltrona. Ma anche una scelta politica, all’interno del Consiglio e della coalizione non sarebbe comunque immune da problemi. Senza però avere il pregio di contribuire, o quantomeno di tentare di farlo, a rafforzare quella parte di capacità positiva dimostrata dall’amministrazione nell’azione di governo della città in questo anno e mezzo. Che altrimenti rischia di restare un esperimento isolato. Un’occasione mancata per Lucini & C. Ma anche per Como.

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